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Da "Umanità Nova" n.04 del 4 febbraio 2001

Argentina
"Piquetes" contro la dittatura del mercato

Il 2000 è stato un anno drammatico per l'Argentina: dopo 10 anni di politica corrotta e ultraliberista del governo Menem, in pochi mesi il neo presidente De la Rua ha spinto ulteriormente il paese sull'orlo del baratro. I ricatti del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale hanno portato allo sfacelo l'economia: disoccupazione oltre il 15%, povertà che colpisce il 30% della popolazione, 53 miliardi di dollari di deficit di bilancio e 145 miliardi di dollari di debito estero sono le cifre spaventose di un paese in ginocchio e senza prospettive di ripresa. La tensione sociale già alle stelle è esplosa nei mesi di novembre e dicembre: sciopero generale e manifestazioni di piazza si sono svolti su tutto il territorio (ed in particolare nelle province più povere del nord) e la rabbia della gente ha toccato livelli altissimi. Come sempre esercito e polizia hanno messo in atto un duro piano di controlli e repressione violenta.

Riceviamo dalla rivista argentina "En la Calle" - organo di diffusione dell'anarchismo organizzato (o, per meglio dire di una sua parte, perché in Argentina esiste anche la Federazione Libertaria Argentina - FLA aderente, come la FAI, all'Internazionale di Federazioni Anarchiche e il cui giornale è El Libertario, NdR) - il seguente resoconto.

Il Governo "è un cieco al volante"

L'aumento dei tassi d'interesse dei prestiti fatti all'Argentina, le voci che affermano che questo non è un paese economicamente affidabile per gli investitori esteri se non si prendono ulteriori misure economiche (anche se questo vuol dire aumentare la fame del popolo), le pressioni del mondo finanziario, le minacce della Fiat di non fabbricare più a Cordoba due dei suoi modelli di automobili e di portare questa produzione in Brasile o di TBA che fa impegnare il governo a pagare 80 milioni di pesos per i debiti degli imprenditori dei trasporti della Cometrans e ad assorbire le spese di un aumento del 60% delle tariffe del trasporto pubblico; tutte queste cose non sono considerate dal governo atti vandalici o estorsioni.

Le pressioni finanziarie non bloccano le strade però distruggono il presente e il futuro di tutti noi lavoratori (con posto di lavoro o disoccupati) in questa parte del mondo e in tanti altri posti, ma per il governo questa è una legge naturale dell'economia. Questo governo che rappresenta soltanto una classe sociale fa di tutto per essere credibile davanti agli occhi dei gruppi di controllo e pianificazione mondiale dell'economia.

Un'altra volta la soluzione dei problemi passa per il sacrificio del popolo. De la Rua, molto preoccupato, ha annunciato nel suo messaggio al paese che adotterà un nuovo "pacco salvatore" (di misure economiche) e ha riconosciuto che "l'Argentina ha dei problemi" ma non ha detto nulla sulla difficile situazione di furia popolare che in quei momenti si viveva a Salta.

Soltanto leggendo il giornale il giorno dopo si poteva capire che cosa volevano dire, ad esempio, espressioni come "livellare l'età di pensionamento tra uomini e donne" (significa che le donne dovranno lavorare cinque anni in più per arrivare alla pensione) e "realizzare un sistema più solidale" (deve essere inteso come la consegna totale del sistema pensionistico alle AFJP - fondi pensionistici privati -).

Le conseguenze non si sono fatte attendere: il FMI, le grandi banche e ovviamente le AFJP hanno annunciato (senza nascondere la loro soddisfazione) che a braccia aperte erano disposte a fare ulteriori prestiti all'Argentina. Il Sig. Mercato era felice per le nuove misure economiche, chiedeva soltanto prontezza nella loro applicazione. Ora il governo deve soltanto decidere se farlo con un "menemìstico" decreto nazionale di necessità e urgenza o condividere con il Congresso le responsabilità del saccheggio e della barbarie.

Matrimonio di sangue

Era il 10 novembre e le notizie che arrivavano da Salta dicevano soltanto che la polizia provinciale aveva ucciso un "piquetero" (manifestante). Ad Anibal Veron la ditta di trasporti pubblici Atahualpa non aveva pagato 8 stipendi e l'aveva licenziato senza pagare la dovuta liquidazione. Ci racconta la moglie che Anibal partecipava a queste manifestazioni già nel 1997 perché pensava che alla fine sarebbe toccato anche ad lui restare senza lavoro.

Il governatore Juan Carlos Romero, (...) in un lussuoso depliant presentato come uno degli uomini politici più giovani e prestigiosi di Argentina, riuscì a trasformare le vittime in aggressori, e facendo riferimento alla repressione della polizia sui "piqueteros" affermò: "Non sono dei manifestanti pacifici(...) È un'organizzazione politica che usa la violenza come modo di espressione".

(...) Senza attendere il risultato della perizia balistica dichiarò che Veròn era morto in conseguenza ad una lite fra manifestanti e il proiettile che lo colpì allo zigomo sinistro era di calibro 22 perciò diverso da quello in dotazione alla polizia.

Il governo pretende che il crimine di Veron resti senza colpevoli, che sia soltanto un esempio concreto dei rischi della partecipazione ai blocchi stradali. Si sa già che non ci sarà giustizia, l'impunità delle forze dell'ordine dello Stato è fondamentale per chi opera come esercito di occupazione nella propria terra, ed è una condizione essenziale per avere un gruppo disciplinato disposto alle più assurde e crudeli missioni repressive.

E, nell'arte di attaccare e di ledere il prestigio delle lotte popolari il giornale "Clarìn" pubblicò un intervista dove una manifestante accusava di corruzione alcuni compagni (poiché essi approfitterebbero di questa situazione per sistemare loro familiari, ecc.).

Il "piquete" chiude la strada...

La reazione della gente che prese in ostaggio 6 poliziotti e appiccò il fuoco agli uffici pubblici fu utilizzata dal governo di Salta per negare qualsiasi trattativa affermando che queste proteste erano state organizzate da vandali e delinquenti. (...). Le autorità nazionali decisero di trattare solo dopo che la gendarmeria assicurò che erano state recuperate le armi da fuoco prelevate dai manifestanti in una sede della polizia.

Fu così che 3 giorni dopo la morte di Veròn, in un ambiente teso e carico di notizie allarmanti su possibili interventi della polizia, un cellulare prelevò 16 "piqueteros" per trasportarli alla caserma dell'esercito dove si sarebbero svolte le trattative. In questo posto, c'è una scritta su muro che ricorda la partecipazione all'Operazione Indipendenza del 1975 (una delle prime operazioni dei militari golpisti).

Tutti i 21 punti dell'accordo non sono stati tanto diversi da quelli di sei mesi prima, quando anche a General Mosconi i "piqueteros" bloccarono la strada per 14 giorni, giacché il documento parla ancora della necessità di creare posti di lavoro e di aumentare il numero delle persone che partecipano ai "Planes trabajar" (lavori socialmente utili). E come l'altra volta, le concessioni del governo nazionale furono poche. I "piqueteros" dichiararono di non essere soddisfatti dall'accordo ma un po' più tranquilli; la pressione della gendarmeria fu sufficiente per far accettare alcuni "Planes trabajar", altre pensioni per le vittime della repressione e sciogliere così il blocco senza ulteriori interventi.

...ma apre il cammino

Il rifiuto delle scelte governative si avverte ovunque e i "piquetes" si moltiplicano nelle province e nella capitale. Il governo, preoccupato, ha chiesto alle gendarmerie una mappa dettagliata delle zone a rischio di elevato conflitto sociale; risulta che i protagonisti dei "fatti violenti di diversa intensità" sono i dipendenti statali e i disoccupati e che le province più "calde" sono quelle di Salta, Jujuy, Tucuman e Neuquen.

Dall'opposizione i peronisti, abili e temuti, partecipano al gioco con le carte truccate: da un lato sostengono il governo e dall'altro non esitano a criticarlo partecipando alle manifestazioni di piazza (...). Questa non è una novità, queste tattiche hanno ormai fatto scuola all'interno del partito.

Per screditare la protesta il governo usa il fantasma della violenza. In occasione degli scioperi generali ha affermato che la gente si era astenuta dal lavoro per paura e non perché era d'accordo con i motivi dello sciopero. I "piquetes" e gli oltre 40 blocchi stradali verificatisi in tutto il paese sono stati considerati nient'altro che atti di vandalismo anziché forme legittime di protesta.

I tentativi di coordinare le lotte e gli accordi fra diverse organizzazioni sono una chiara manifestazione della necessità in questo momento di superare l'isolamento. Molti compagni e compagne chiedono di unire le forze e organizzare momenti di confronto, i sindacati partecipano e convocano. Aumenta il livello di organizzazione e di conseguenza il pericolo di burocratizzazione e di formazione di gruppi dirigenti riformisti che tradiscono la base. Sicuramente alcuni saranno d'accordo ad intraprendere un cammino graduale per arrivare alle riforme accettando le proposte che verranno fatte dai politici. Ma il problema fondamentale è costruire un'alternativa vera, formando un'identità e una politica propria delle classi oppresse.

Il Venezuela sta attraversando un processo di limitazione dei capricci americani, dopo l'insurrezione del 21 gennaio l'Ecuador ha difeso il suo nome, il popolo boliviano sta combattendo per difendere i suoi interessi, in Paraguay è nata la "Federazione dei Campesinos", il Perù è un campo minato, in Messico e Brasile continua la lotta degli Zapatisti e dei Sem Terra. Ora l'Argentina si aggiunge al "club" dei popoli in rivolta che tolgono il sonno ai signori del Pentagono. Più dure saranno le condizioni imposte da chi ci domina, più forte sarà la resistenza, maggiore l'organizzazione e minori le possibilità di trattare. I capitalisti sanno che la crisi non si risolve con leggi e decreti ma con una cruenta guerra contro il popolo, e a questo si stanno preparando.

Il collettivo editoriale responsabile della rivista En la calle è formato da AUCA Socialismo Libertario di La Plata, OAR Organizacion Anarquista di Rosario e OSL-CAIN Organizacion Socialista Libertaria di Buenos Aires. Per contatti e informazioni: libertaria@infovia.com.ar

En la calle

a cura di Lele Odiardo



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