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Da "Umanità Nova" n.07 del 25 febbraio 2001

La Comunità europea ed i rifiuti
Riduzione, riciclaggio e riuso

Le ripetute emergenze, come quella recentissima in Campania, e le lotte che scoppiano un po' ovunque le amministrazioni locali cercano di imporre la costruzione di nuovi inceneritori, pongono la questione rifiuti come uno dei grandi problemi che le società contemporanee sono chiamate ad affrontare.

Per anni in Italia si è puntato tutto, o quasi, sulle discariche nelle quali si è buttato ogni sorta di porcheria tanto da ottenere il risultato di aver punteggiato il territorio di luoghi fortemente contaminati, vere e proprie "bombe ecologiche". Da qualche anno anche in Italia si è cercato di cambiare rotta seguendo l'esperienza di altri paesi europei e americani che da tempo hanno puntato sulla raccolta differenziata, conferendo nelle discariche solo una quota residuale dei rifiuti prodotti. La svolta italiana - sancita dal famoso decreto Ronchi del 1997 - è stata una conseguenza anche della strategia comunitaria approvata nel 1989 quando la Commissione europea identificò cinque settori prioritari d'azione:

* la prevenzione,

* la massimizzazione del recupero,

* la minimizzazione dello smaltimento finale,

* il controllo delle spedizione dei rifiuti,

* la decontaminazione dei siti inquinati.

Fra il 1989 e il 1996 la Comunità si è dotata di un vasto armamentario di direttive, cioè di norme che i paesi aderenti sono chiamati a trasferire in specifiche leggi nazionali, centrate soprattutto su recupero, smaltimento e trasporto. Niente invece è stato fatto riguardo la prevenzione, cioè alle politiche tese alla diminuzione dei rifiuti, e le bonifiche.

Ma mentre l'Italia adottava, almeno in parte, la strategia europea, la Commissione europea... la cambiava. Gli aspetti della nuova strategia si fondano su due punti fondamentali:

* riconoscimento della preferenza che bisognerebbe dare alla prevenzione e al riciclaggio rispetto a recupero energetico (incenerimento) e smaltimento (discarica),

* riconoscimento della necessità di coinvolgere nella gestione dei rifiuti i produttori dei beni che poi diventeranno "rifiuto".

Il risultato di questa revisione strategica è l'aver varato una scala di priorità nella gestione dei rifiuti (gerarchia). Vediamola:

1. Prevenzione. Tale concetto ricorre in quasi tutte le norme comunitarie come l'obiettivo primario da raggiungere, sia nel senso "quantitativo", cioè generazione di minori quantità di rifiuti, che "qualitativo, cioè produzione di rifiuti meno dannosi per la salute e l'ambiente.

2. Recupero. All'interno di questa opzione la comunità stabilisce che in termini generali bisogna dare la preferenza al riutilizzo e al recupero dei materiali rispetto al recupero energetico.

3. Smaltimento in discarica.

Con tutti i suoi limiti - abbiamo visto l'assenza di una politica concreta in tema di prevenzione - la legislazione comunitaria definisce l'incenerimento e la discarica come metodi di gestione "marginali", cioè destinati a trattare i rifiuti residuali "sfuggiti" al riciclaggio e al riuso. (1) Naturalmente si tratta di una posizione ancora molto ambigua perché lascia aperte le porte ai sostenitori dell'incenerimento, ma non è una posizione filoinceneritorista. Non è molto ma è meglio che niente.

E' interessante notare che le priorità sancite dalla Comunità appaiono anche nel decreto Ronchi anche se in modo così sfumato da dare adito ad ogni sorta di interpretazione come la stupidaggine tanto cara a politici ed industriali, secondo la quale l'incenerimento sarebbe il necessario completamento di un fantomatico "ciclo dei rifiuti" disegnato dalla normativa. In realtà se Stato e amministrazioni locali rispettassero le priorità dettate dalla Comunità, cioè se varassero serie politiche tese a ridurre la quantità dei rifiuti prodotti, a limitarne la pericolosità per l'ambiente e per la salute, a riciclarli e, quando possibile, a riusarli, la massa del materiale "residuale" sarebbe minima e di così scarsa pericolosità da poter essere tranquillamente conferita in un numero limitato di discariche.

Ci siamo dilungati su questo aspetto del problema per dimostrare che le lotte degli ambientalisti possono trovare nella legislazione comunitaria "pezze di appoggio" che forse pochi conoscono (2). Questo non servirà certo a convincere gli amministratori, che spesso hanno ragioni concrete per promuovere la costruzione di nuovi inceneritori, ragioni legate alle loro carriere e ai loro... conti in banca, ma aprirà nuove contraddizioni e favorirà l'opera di comitati e associazioni popolari, perché, come è sempre utile ricordare, sarà solo l'azione diretta delle popolazioni che potrà salvaguardare la salute e l'ambiente.

Maurizio Zicanu

(1) Pochi sanno che in Europa l'incenerimento tratta solo il 17% dei rifiuti prodotti (fra il 7 e il 10% in Italia).

(2) Sulla normativa comunitaria si vedano gli interventi di Ludwig Kramer e Marco Onida in "I rifiuti nel XXI secolo", Edizioni Ambiente, 1999.



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