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Da "Umanità Nova" n.08 del 4 marzo 2001

Inceneritori. Una fabbrica di veleni
Alcune buone ragioni per non costruirli

Gli inceneritori non sono altro che degli altiforni nei quali vengono concentrati per essere bruciati grandi quantità di rifiuti provenienti anche da molto distante. Si tratta di impianti concettualmente molto semplici poiché si limitano a trasformare i rifiuti in gas, destinato ad essere immesso nell'atmosfera, e in scorie e ceneri, destinate ad essere conferite per sempre in una discarica. Il problema è che questa "trasformazione" è inaccettabile per almeno due motivi:

- è un crimine immettere in atmosfera e nel territorio gas e scorie che presentano una nocività molto maggiore di quella dei rifiuti dai quali provengono;

- è una stupidaggine distruggere materiali che possono essere recuperati e riutilizzati

L'inceneritore dunque produce e concentra veleni.

L'INQUINAMENTO

Un inceneritore produce effluente gassosi, scorie solide di combustione, ceneri e fanghi provenienti dagli apparati di depurazione dei fumi, acque di spegnimento scorie e acque di lavaggio e trattamento dei fumi. I principali gas di scarico che vengono immessi in atmosfera attraverso il camino sono l'anidride carbonica e il vapore acqueo che si formano nella combustione ma nei gas di scarico sono presenti, in forma più contenuta, anche altre sostanze, come anidride solforosa, acido cloridrico, ossido di azoto, composti organoclorurati (diossine e furani) e quelle frazioni di polveri contenenti metalli pesanti quali piombo, cadmio, cromo, nichel, zinco, ecc., che gli impianti di filtraggio non riescono a intercettare. Diossine, furani e metalli pesanti, solitamente definiti come "microinquinanti", hanno la proprietà di associarsi alla parte organica sospesa nell'aerosol, nelle acque interne e nel mare, e si insediano per migliaia di chilometri quadrati di terreno e mare, perdurando per centinaia di anni. Immessi nell'ambiente i microinquinanti "risalgono" le catene alimentari continuando a concentrarsi negli estremi di queste, ovvero in un consumatore finale, solitamente un predatore. Per questo l'uomo è un accumulatore di microinquinanti che provocano numerose, gravi e persistenti malattie e disfunzioni. Le diossine e gli altri inquinanti tipici degli inceneritori interferiscono infatti con i sistemi ormonali, tiroidei, sessuali, funzionando da sgregolatori endocrini e provocando una notevole varietà di tumori. Secondo l'EPA (Ente governativo statunitense per la "protezione" ambientale) le diossine sono i più micidiali "sregolatori endocrini" che si conoscano.

Per rendersi conto del carico inquinante di un inceneritore riportiamo una stima degli inquinanti prodotti in un anno da un inceneritore capace di bruciare ogni giorno 600 tonnellate di rifiuti. [1]

* 1 milione di metri cubi di gas da purificare;

* 1 tonnellata di rame;

* 0,5 tonnellate di mercurio;

* 3.000 tonnellate di sali concentrati;

* 1,5 tonnellate di cadmio;

* 60 tonnellate di zinco

* 60.000 tonnellate di scorie dalla composizione chimica variabile o sconosciuta.

In un suo studio, l'ecologista Barry Commoner riporta i dati di un modernissimo inceneritore del New Jersey che incenerendo 712 tonnellate al giorno di rifiuti emette in atmosfera, secondo i dati di progetto, "più piombo di quanto si sia riuscito a ridurre eliminandolo dalle benzine per le automobili e tanto mercurio da vanificare gli sforzi fatti dall'insieme delle cartiere americane per ridurre le loro emissioni inquinanti". [2]

Per quanto riguarda diossina e furani l'ENEA ha stimato che in Italia nel 1995 il 70% della loro produzione fosse dovuta all'incenerimento dei rifiuti. [3]

Ci si rende perfettamente conto come sia impensabile poter intercettare e rendere innocua una simile massa di inquinanti. È evidente che anche i sistemi più sofisticati di trattamento dei fumi non possono fermare tanta robaccia. È bene ricordare che i dati delle emissioni degli inceneritori fornite dai costruttori o dagli enti di controllo (ARPA) non sono rappresentativi del loro effettivo inquinamento giornaliero in quanto rilevati in condizioni ideali. Non esiste, infatti, alcuna possibilità di monitoraggio continuo di diossine, furani e metalli pesanti.

I COSTI

Ma quanto costa costruire questi mostri? Molto, anzi moltissimo. Gli inceneritori con recupero di energia, resi obbligatori dal decreto Ronchi del 1997, sono fra l'altro, tra i più costosi sul mercato perché sommano i costi per la produzione e la distribuzione alla rete dell'energia prodotta agli elevatissimi costi necessari per i sofisticati sistemi di trattamento e depurazione. Un inceneritore da 600 t/giorno richiede un investimento iniziale di 450 miliardi di lire ai quali bisogna aggiungere almeno 150 miliardi per oneri finanziari, supponendo che almeno il 50% dell'investimento sia acquisito mediante mutuo bancario. Questo vuol dire che il costo per ogni kg trattato è di 323 lire se si punta ad ammortizzare l'investimento in dieci anni. Ma a questa cifra bisogna aggiungere altri costi (gestione e manutenzione, smaltimento in discarica delle scorie, ecc.) pari a circa 308 lire al kg. Insomma un totale di 631 lire al kg trattato [4]. Si tratta di costi elevatissimi, assolutamente fuori mercato se si paragonano ai costi delle raccolte differenziate [5].

* legno: 50 lire al kg

* alluminio - lattine: 430 lire al kg

* vetro: 120 lire al kg;

* carta: 140 lire al kg;

* plastica : 600 lire al Kg.

Cos'è dunque che giustifica le forsennata campagna in favore dell'incenerimento? Solo e soltanto il sostegno statale. Da una parte i finanziamenti statali diretti (fino al 30% dell'investimento necessario) e comunitari, dall'altra la sopravvalutazione del prezzo dell'energia prodotta e venduta all'ENEL (pari a circa 3 volte il prezzo di mercato). Grazie a questo sostegno, gli inceneritori riescono a praticare tariffe molto basse che per i RSU (Rifiuti Solidi Urbani, NdR) si aggirano attorno alle 150/180 lire al Kg.

Bisogna poi considerare che l'inceneritore ha altri costi: quelli ambientali per l'uso di risorse quali acqua e gas che verranno pagate dalle generazioni future ma anche per le bonifiche dei siti contaminati, e quelli sociali per scelte che ad esempio penalizzano l'occupazione. A questo proposito è bene ricordare il famoso studio del MIT secondo il quale incenerire 1 milione di tonnellate di rifiuti porta 80 posti di lavoro, mentre per raccogliere in modo differenziato e riciclare la stessa massa di rifiuti occorrevano 1600 persone. [6]

IL DIRITTO AL "RISCHIO ZERO"

Abbiamo velocemente esaminato solo due delle tante ragioni per dire un NO secco agli inceneritori. Per noi è comunque importante ribadire che la critica all'incenerimento è parte di una complessiva critica ad un sistema produttivo basato sullo spreco di risorse. È evidente che la chiusura del ciclo mediante l'incenerimento rappresenta, da un lato, il tentativo di non mettere in discussione il sistema produttivo e, dall'altro, di realizzare un profitto anche nell'ulteriore inquinamento causato dall'incenerimento. Occorre ribadire con forza che ogni forma di incenerimento di rifiuti di qualunque tipologia essa sia è inaccettabile per la salute e per l'ambiente e che le popolazioni interessate dagli impianti di incenerimento hanno il diritto all'esposizione nulla e al rischio zero.

Maurizio Zicanu

Note

1 Stima del WWF citata da A. Iacomelli "Energia dai rifiuti" in "I rifiuti nel XXI secolo", Edizioni Ambiente, 1999.

2 Citato in "Da rifiuti a risorse. Manuale per la riduzione e il recupero dei rifiuti", a cura di A. Tornavacca e M. Boato, Forum rifiuti, senza data.

3 Secondo la stima effettuata dal ricercatore dell'ENEA Riccardo De Laurentis nel 1995 in Italia erano stati prodotti 558,8 grammi di diossina e furani, 390,5 dei quali provocati dalle emissioni degli inceneritori. Per rendersi conto di cosa significhino queste cifre basta ricordare che secondo l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) un solo grammo di diossina rappresenterebbe la dose annua massima per un totale di 4,5 milioni di persone!

4 A. Iacomelli, citato.

5 A. De Coppi, "L'industria del riciclo in Italia" in "Menorifiuti", n. 18, autunno 1999.

6 Sull'argomento si veda anche: D. Bianchi e G. Giannerini, "Effetti economici ed occupazionali della gestione dei rifiuti", Ambiente Italia, 1997.



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