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Da "Umanità Nova" n.09 dell'11 marzo 2001

La gerarchia elettronica
Riflessioni sul terzo Global Forum a Napoli

Il capitalismo
è un apparato ideologico,
è un regime mitologico,
è una macchina propagandistica,
è una ragnatela di leggende,
è un intrattenimento affabulatorio.
Qualche volta produce merci.

Comidad, febbraio 2001

Il Governo Italiano ospiterà, dal 15 al 17 marzo 2001 a Napoli, il Terzo Global Forum dedicato al tema del "governo elettronico". Il Forum di Napoli non è un evento isolato nell'economia delle riunioni internazionali con le quali, negli ultimi tempi, gli Stati e le Imprese Multinazionali stanno approntando gli strumenti per il dominio mondiale di un pianeta politicamente unipolare, o che si spera tale. Il tema del "governo elettronico" sarà difatti di particolare interesse anche per il G8: l'e-governement assume, infatti, uno spazio d'interesse molteplice per le strategie del dominio.

Innanzi tutto c'è sicuramente il discorso del coordinamento e della gestione dei servizi alle imprese nell'era INTERNET. Le caratteristiche d'immediatezza e d'interattività della rete delle reti offrono, da un lato, notevoli possibilità al commercio elettronico di beni e servizi d'ogni tipo - finanziari in primo luogo, "immateriali" per definizione - ma, dall'altro, creano notevoli problemi di gestione dovuti, in larga misura, alla babele contraddittoria di legislazioni vigenti nei singoli Stati. Una problematica che, per essere risolta, richiede dei processi avanzati di coordinamento legislativo a livello internazionale - il che può essere una strada per far rientrare, in maniera più sottile, la barbarie mondiale momentaneamente messa in sordina a Seattle di fronte all'inaspettata reazione popolare.

V'è, infatti, da dire che l'e-commerce, la "democrazia elettronica" e tutto l'immaginario che vi gira intorno è usato da un po' di tempo come macchina ideologica per presentare un "capitalismo da terzo millennio", dove la materialità brutale dei rapporti di produzione e di dominio si stemperano in una sorta di asettico cyberspazio. Uno spazio virtuale, questo, dove impera la versione telematica della leggenda metropolitana del self-made-man incrociata con la mentalità da giocatore delle lotterie di Stato: a "giocare in borsa" attraverso il Web si diventa rapidamente e facilmente ricchi - si tratta solo di saperci fare: tutti conoscono l'amico che giura che suo cugino conosce di persona uno che conosce un tizio che è oramai divenuto miliardario con poche centinaia di migliaia di lire d'investimento iniziale...

Per ciò che concerne poi la "democrazia elettronica", qui la macchina ideologica del dominio sta compiendo un lavoro veramente sottile. Le potenzialità libertarie della rete delle reti sono state immediatamente colte ed utilizzate dai movimenti che si oppongono allo stato presente delle cose; ma "ogni forma di resistenza delle classi subalterne, ogni lotta, ogni comportamento disfunzionale alla produzione non viene semplicemente represso ma, accanto alla repressione, vi è una capacità di adattamento e modificazione dell'organizzazione del lavoro, delle tecnologie, della gerarchia".[1] Niente di strano, dunque, che la "democrazia elettronica" sia oggi sbandierata da chi una volta era il bersaglio polemico principale di una tale teorizzazioni: gli ipertrofici Stati nazionali e addirittura le loro ancor più ipertrofiche configurazioni sovranazionali.

Un'avvisaglia di un tale riutilizzo ideologico della "democrazia elettronica" si è vista in Italia con l'"elezione elettronica" di parte della Direzione del Partito Radicale via INTERNET - un riutilizzo che, non a caso, è passato proprio attraverso il movimento politico che, più di tutti, si caratterizza oggi in Italia per il fatto di riuscire a coniugare il liberismo più sfrenato - ai limiti del razzismo antropologico nei confronti delle classi lavoratrici - con la "valorizzazione dei comportamenti individuali 'eccessivi' e funzionali ad un'espansione dei consumi ed alla dissoluzione delle tradizionali strutture della riproduzione sociale".[2] Una banalissima riedizione dell'illibertaria delega politica tradizionale è stata, insomma, riammantata "elettronicamente" e proposta esplicitamente come esempio sperimentale, d'avanguardia, per le consultazioni politiche del futuro.

Per tirare le somme, la sceneggiata napoletana del dominio avrà, se quest'analisi è corretta, soprattutto un ruolo di travestimento telematico/ideologico delle molto materiali prassi di controllo sociale, politico ed economico legate alle configurazioni sopranazionali che gli Stati si stanno attualmente dando. La "democrazia elettronica" - per quel che vale in termini di liberazione umana - servirà a nascondere l'"occhio elettronico" che sorveglierà i nostri passi e ci renderà trasparenti al Dio/Stato; la vetrina rutilante di merci del Web - ben superiore a quella di un qualunque ipermercato - nasconderà le file telematiche della stragrande maggioranza di chi potrà vedere ma non comprare; il gioco elettronico in borsa andrà ad affiancare il sogno legato alle tante lotterie di Stato, nascondendo con la speranza di un'improbabilissima vittoria la disperazione quotidiana di una vita legata ad un infimo salario.

L'utilizzo ideologico dell'immaginario telematico, dunque, all'interno della strategia di dominio tipica del dopo-muro, sembra essere lo scenario approntato nell'agenda dei lavori napoletana dell'OCSE: la garanzia della privacy, la partecipazione elettronica alle decisioni politiche, lo sviluppo delle migliori opportunità educative per affrontare la società dell'informazione, gli sforzi per superare il divario tra le società telematicamente avanzate e quelle arretrate...

Uno scenario che va affrontato con intelligenza. Innanzi tutto, evidenziandone lo strumentale carattere ideologico rispetto ad operazioni di più vasta portata; inoltre, evitando di cadere nella trappola democratica del richiedere "maggiore partecipazione" delle masse escluse ai mirabolanti progressi dell'informatica o nella corrispondente trappola neo-luddistica. Il capitalismo, dicevamo, ogni tanto produce merci e non è detto necessariamente che queste siano inquinate dalla loro origine al punto da non offrire nulla di buono agli esseri umani. Basta non cadere nell'affabulazione degli apparati ideologici, prendersele se servono davvero, espropriarle quanto più si può al controllo della gerarchia e riaffidarle ai circuiti, per loro natura autogestionari, della comunicazione diretta e della solidarietà.

Shevek dell'O.AC.N./F.A.I.


Note

[1] SCARINZI, Cosimo, L'enigma della transizione, Milano, Zero in condotta, 2000, p. 49.

[2] SCARINZI, Cosimo, op. cit., p. 15.



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