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Da "Umanità Nova" n.09 dell'11 marzo 2001

Un 8 marzo di lotta

Quest'anno l'8 marzo è stato preceduto sui maggiori quotidiani nazionali da alcuni articoli che ne annunciavano la morte, considerandolo superato ed inutile.

Questa data, ricordiamolo, era stata scelta per ricordare un incendio accaduto ad inizio secolo in una fabbrica tessile statunitense. Le condizioni di lavoro pessime e la mancanza di sistemi di sicurezza avevano portato alla morte decine di donne, soffocate prima di raggiungere l'uscita che era stata sbarrata dal padrone per impedire loro di uscire durante l'orario di lavoro.

Da allora l'8 marzo (che come il primo maggio era nato come giorno di lotta e non come festa) si è caricato di molteplici significati ed ha assunto un'importanza mondiale. Non tutte le donne riconoscono a questo giorno un significato particolare, asserendo che la condizione femminile non è problema da valutare solo un giorno all'anno.

Ma è una vittoria abolire l'8marzo?

Da tempo sono convinta che il femminismo non è una minoranza oppressa, ma metà del genere umano che è convinta che ogni problema la riguarda e su tutto vuole esprimere il proprio punto di vista.

In questi anni l'esperienza femminile ha elaborato un suo pensiero, ma sulla consapevolezza maturata dalle donne è sceso un silenzio preoccupante. Il femminismo rimane un "mito" legato ad una particolare generazione e di cui non sembra più esserci bisogno. La coscienza di genere sembra ormai acquisita e quindi non ha più la necessità di essere rivendicata: le consapevolezze maturate dalle donne sulla propria diversità hanno portato ciascuna a scelte di vita e di lavoro sempre più libere...

Ma è proprio così per tutte? O forse è di nuovo necessario parlare di un mondo nuovo, quello che sogniamo e che è incompatibile con il potere e la politica degli uomini?

In questi ultimi anni le condizioni di vita delle donne non sono migliorate. Sono davanti agli occhi di tutti le condizioni delle donne afgane (in difesa delle quali si sono alzate molte meno parole di quante ne siano state spese per le statue dei Buddha), o delle donne iraniane che, secondo i mullah che governano il loro paese, hanno solo metà cervello e quindi tutto ciò che le riguarda vale la metà, o le donne sfigurate o lapidate per supposti "tradimenti".

Ma anche nella civile Italia le cose non vanno poi tanto bene: dando alle statistiche il loro peso relativo, rileviamo però che il 37% degli uomini tra i 18 ed i 25 anni ritiene normale dare uno schiaffo alla fidanzata, l'87% delle violenze sessuali avviene tra le mura domestiche ed è nella maggior parte non denunciato, le donne sole con figli svolgono in media due ore in meno di lavoro domestico di quelle sposate con figli. Nel mondo del lavoro poi la donna che vive in Italia ha una partecipazione al mercato ufficiale solo del 36% (contro la media europea UE del 50%), in media i salari femminili sono più bassi di quelli maschili (a parità di mansione), e questa differenza cresce con l'aumento delle qualifiche: tra le categorie operaie i salari femminili sono circa il 75% dei corrispondenti maschili, ma diventano il 56% tra i dirigenti. Accanto a 18 milioni di lavori "regolari" si stimano esserci circa 2,5 milioni di occupazioni irregolari e 440 000 lavoratrici che svolgono lavoro totalmente sommerso (rapporto annuale CNEL).

Se poi vogliamo ancora di più deprimerci ricordiamo le ultime sentenze, gli anatemi papali, i tentativi di affossare le conquiste ottenute, il ruolo sempre più centrale dato alla famiglia (ricordiamo come esempio che anche la nuova legge sulle adozioni appena varata consente solo alla coppie sposate l'adozione di un minore), una medicina sempre più invasiva dove lo sguardo autonomo che le donne avevano costruito sul proprio corpo sembra svanito.

Io non credo che le conquiste femminili non abbiano oggi più la necessità di essere riaffermate e difese.

I modelli femminili sono stati stravolti: il Grande Fratello non è forse una orrenda degenerazione della strada aperta dal femminismo sulla necessità di parlare della propria vita privata?

Oggi il tentativo è di rendere compatibile tutto quanto con il modello di società esistente, dare in questa un posto "di rilievo" alla donna, ma un posto che la renda complice e la faccia sostenitrice dell'esistente (l'assemblea delle donne di Forza Italia, totalmente asservita all'immagine del suo leader maschile ne è un buon esempio).

Ma noi vogliamo tornare a riaffermare un pensiero differente che ci permetta di ricercare non solo la sopravvivenza, ma anche la felicità. L'8 marzo e in tutti i giorni dell'anno.

Rosaria Polita



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