unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.10 del 18 marzo 2001

La lunga strada degli zapatisti

Scrivo mentre la marcia zapatista, iniziata lo scorso24 febbraio a S. Crisotobal de las Casas, entra a Mexico, nello Zocalo, tradizionale centro della democrazia messicana, teatro di un attendamento maestoso dei lavoratori della scuola nei giorni di maggio quando mi trovavo da quelle parti. Immagino saranno un milione i cittadini di questa metropoli escrescente (23 milioni?) che accoglieranno trionfalmente i 24 comandanti dell'Ezln, insieme ai semplici militanti ed ai supporter venuti da ogni dove del pianeta, per avviare un dialogo politico con le nuove istituzioni messicane, nate all'indomani del collasso del Partito rivoluzionario istituzionale, al governo per ben 71 anni (roba da far impallidire la nostra Dc!).

La mossa spettacolare di Marcos e compagni riavvia un ciclo politico all'indomani della ulteriore sterzata a destra delle politiche economiche propugnate dal nuovo presidente Fox (già boss della Coca Cola in Messico), che compensa il sostegno alle politiche di globalizzazione neoliberiste - peraltro già in atto ma con le tipiche incrostazioni di un regime clientelare che non riesce più a garantire i padroni oltre-confine (un po' come l'effetto Tangentopoli per abbattere il sistema duopolistico di potere Dc-Psi qui da noi) - con una spruzzata di democraticismo politico teso a chiudere una pagina ereditata dal vecchio regime.

In effetti, il Chiapas e la questione indigena (dieci milioni su una popolazione complessiva che sfiorerà tra non molto i cento milioni di abitanti) attraversa la storia del Messico, non avendo gli indios subito quel genocidio politico-culturale che altrove li ha fatti semplicemente scomparire o ridotti a minuscole entità (anche se in Ecuador si fanno sentire, eccome). La marcia ha attraversato tante regioni in cui gli indios sono presenti, sino a partecipare al congresso nazionale indigeno prima di arrivare alla capitale. La resistenza culturale, il senso di comunità, la costellazione di valori della tradizione, sono tutti elementi che oggi gli zapatisti giocano per dare una risposta allo spaesamento causato dall'impatto della globalizzazione sui popoli e sulle nazioni.

Tuttavia, l'impasse in cui l'Ezln e la società civile si trovavano viene solamente a dislocarsi di piano, ammesso che il dialogo politico ora ricucito vada a buon porto, ossia il parlamento faccia propri gli accordi di San Andres che garantivano diritti civili e culturali agli indios, mentre il governo federale smantella le basi militari nel Chiapas, il che è tutto da vedere. Ma se la politica interna troverà uno sbocco in tal senso, premendo affinché l'Ezln si sciolga delle sue vesti simil-militanti per diventare soggetto politico insieme agli altri, occupando uno spazio nell'arena politica accanto (al posto?) del vecchio Prd di Cardenas (la cui parabola sembra declinante, specie dopo che il suo sindaco di Città del Messico ha maltrattato gli occupanti dell'Unam la scorsa primavera, quegli stessi studenti che oggi ospitano la delegazione zapatista), sarà sul piano dell'integrazione economica nel contesto neoliberista che si giocherà la vera battaglia sulla esistenza decorosa degli indios.

Già sono alla luce importanti progetti di integrazione del territorio messicano, dal nord al sud, ai dettami di liberalizzazione e privatizzazione delle risorse materiali e umane da sussumere agli imperativi dei capitali esteri, dei ricchi investitori e speculatori.

Zone libere da norme garantiste in ogni senso, autostrade e direttrici funzionali alla penetrazione degli affari, prospezioni di territori per depredare risorse del sottosuolo (che sia petrolio o minerali come l'ambra), processi di privatizzazione incalzante di beni primari come l'acqua (a S. Cristobal l'acqua potabile è già proprietà della Coca Cola), trasformazione del modello lavorista: tutti questi processi saranno accelerati dal governo in carica, penalizzando ulteriormente chi non ha risorse acquisite per accedere al mercato, quindi in primo luogo le fasce deboli della popolazione perché già emarginata, analfabetizzata, reclusa alla sopravvivenza con i soliti due dollari al giorno.

Dunque gli indios per primi, e poi la massa dei poveri (circa un quarto della popolazione messicana), e infine quel residuo di ceto medio, per lo più meticci, che vive di bassi salari (artigiani, impiegati, insegnanti di ogni ordine e grado, ecc.). Da questo punto di vista, la linea è stata pronunziata dal presidente Fox, quando ha detto che dopo la pace ogni indigeno si trasformerà in imprenditore di se stesso, integrandosi nello stile di vita e di consumo tipico di chi ha il cellulare, la landrover e la parabolica al posto del pane quotidiano: ecco l'orizzonte del genocidio!

Su questo piano, il successo politico che Marcos potrà eventualmente vantare se incasserà il premio per la lunga resistenza dal 1994 ad oggi, grazie alle indubbie doti di comunicatore mondiale che gli hanno permesso di tenere sempre accese le luci sul Chiapas, andrà traslocato immediatamente su un piano ancor più difficile dell'alternativa politica al genocidio culturale degli indios, e cioè su un modello di alternativa al genocidio tramite appunto lo strangolamento economico. Se la dignità di un popolo può essere soddisfatta con la sua piena integrazione costituzionale, quindi su un piano di rivendicazioni politico-culturali nel tessuto di una civiltà giuridica che fa dei diritti eguali per tutti una finzione comunque necessaria e non senza benefici effetti, questa stessa finzione si rivela tale e quale nella sua nudità di fronte ad una prospettiva di integrazione selettiva e ultraminoritaria per chi riesce ad accedere al mercato globale, attraverso una strettoia micidiale in senso letterale: "mors tua vita mea", come ben sanno coloro che finiscono stritolati negli ingranaggi del mercato economico regolato dalla legge del più forte, che presuppone una scala di valori e di pratiche attitudinali completamente estranea alla mentalità comunitaria degli indios.

Come si attrezzerà la resistenza indigena? che ruolo saprà ritagliarsi il suo difensore per eccellenza, ossia l'Ezln? quale contributo di creatività in modelli di integrazione alternativa saprà fornire la società civile messicana? come potranno intervenire i militanti dei diritti umani, i cooperanti internazionali, i militanti della solidarietà planetaria in questo campo non più di belle parole e di testimonianza etico-politica, ma di progetti di sviluppo, di partecipazione economica, di scambio tra nord e sud su basi paritarie?

Credo che siano questi i punti essenziali di una sfida che si gioca in Messico, ma che riguarda tutti, sia al nord che al sud della terra, sempre ammesso che Marcos e il nuovo regime riescano a trovare un accordo rispettato che non conduca tristemente gli zapatisti dalle montagne del sud-est agli scranni parlamentari, dove sarebbero completamente inessenziali per i conflitti che seguiranno.

Massimo Tessitore



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org