![]() Da "Umanità Nova" n.10 del 18 marzo 2001 Messina. Quel ponte sullo strettoCome mai questo ritorno di interesse per il Ponte sullo Stretto di Messina? A nessuno viene il dubbio che dopo tangentopoli si stia tentando di rilanciare alla grande la politica delle opere pubbliche, basata su progetti mastodontici che possano far recuperare il tempo perduto ai grandi appaltatori dello Stato? Se al Sud non si può portare l'Alta Velocità, si può quantomeno provare a realizzare la madre di tutte le opere pubbliche: il Ponte sullo Stretto, 9.160 miliardi di investimenti (esclusa la lievitazione, che potrebbe anche portare al raddoppio della cifra), per costruire "l'ottava meraviglia del mondo", come scrivono i fautori dell'opera. Gli argomenti su cui si basa la propaganda sono molteplici: si va dalla assicurazione della continuità territoriale tra continente e isola, all'avvicinamento dell'Europa ai paesi del Nord Africa, dallo sviluppo economico e sociale della Sicilia, all'occasione d'oro per l'occupazione. Si tratta, com'è evidente, di pura propaganda destinata a sgretolarsi davanti ad un'attenta riflessione, ma che, furbescamente veicolata e diffusa, può riuscire a trovare consensi. Non si capisce perché un'isola debba avere l'esigenza della continuità territoriale con il continente; un'isola è tale al di là della volontà dei propri abitanti, e l'insularità ne permea la storia, la cultura, la vita senza che ciò sia vissuto come un handicap. Non credo che i siciliani si lamentino di vivere su un'isola, anzi, possiamo affermare che semmai ne vanno orgogliosi. A meno che non si intenda costruire un altro ponte da capo Passero a Capo Bon, l'avvicinamento con l'Africa rimarrebbe quello che è oggi: continueranno ad essere i porti e gli aeroporti esistenti ad assicurare i collegamenti, continueranno ad essere i barconi e le navi dei clandestini ad assicurare lo sbarco "illegale" degli immigrati sul suolo siculo-europeo. Lo sviluppo economico e sociale della Sicilia è la madre di tutte le balle: se dev'essere un ponte ad assicurarlo, la Calabria, che è già unita al continente in modo naturale, dovrebbe essere il paese di Bengodi, invece soffre degli stessi mali endemici della Sicilia, problemi legati allo sviluppo capitalistico italiano, alla costruzione ed al funzionamento dello Stato, alla particolare propensione della propria classe politica verso tutto ciò che è potere, senza scrupoli per i mezzi adoperati. Infine l'occupazione, l'argomento più appetibile: un'occupazione limitata , in gran parte di semplice manovalanza (i tecnici verranno dal Nord) destinata, a lavori ultimati, a lasciare spazio ad una nuova disoccupazione, ampliata da quella che la struttura provocherà in tutte e due le aree, sommerse dalle mastodontiche strutture di ancoraggio del Ponte e di raccordo stradale e ferroviario: si parla di oltre un milione di mq! Tutto questo per risparmiare un'ora, forse meno, molto meno, nell'attraversamento dello stretto! Si stravolgerà un ecosistema unico, per costruire un sistema a collo di bottiglia che provocherà intasamenti e ulteriore congestione del traffico. Si prevedono, inoltre 50 anni per l'ammortizzazione dei costi, con concessione a privati della struttura, con pedaggi uguali o sicuramente molto più alti di quelli attuali. La comunità delle due sponde pagherà un prezzo altissimo per la costruzione del Ponte: villaggi e quartieri verranno cancellati, sommersi dai detriti; cave enormi squarceranno il territorio dell'Etna; Messina e Villa saranno i terminali di un traffico che ne peggiorerà le già precarie condizioni di vivibilità. In compenso alcune grandi società si ingrasseranno di denaro pubblico; la mafia, com'è stato già denunciato, parteciperà al banchetto al banchetto con una quota di circa il 30%; l'enorme drenaggio di denaro pubblico verrà pagato dal restante territorio siculo-calabrese che rimarrà più prosciugato di prima. Senza considerare che un sisma di quelli che l'area ha conosciuto nel corso della sua storia, potrebbe far piazza pulita di tutto, e non si tratta di ipotesi fondate sul nulla. Insomma, con una minima parte di questi investimenti si potrebbe portare la rete dei trasporti stradali e ferroviari della Sicilia ad un livello invidiabile; si potrebbe fornire l'Isola (e anche la Calabria) di quelle infrastrutture oggi inesistenti o insufficienti; i porti e gli aeroporti potrebbero davvero avvicinare gli abitanti e le merci al resto dell'Europa e del Mondo. Il risparmio in termini di tempi di percorrenza sarebbe di ore (oggi, in treno, da Ragusa o Trapani, per Messina, non bastano sei ore; in auto da Trapani ci vuole più o meno lo stesso tempo), senz'altro superiore a quello che il Ponte permetterà. È verso questo tipo di sviluppo, decentrato, pianificato e utile che vanno orientate le battaglie delle forze sociali e politiche che si oppongono alla costruzione del Ponte sullo Stretto; e va in questo senso l'iniziativa che la CUB siciliana, con la FLTU-CUB nazionale e alcune forze politiche e sociali locali sta organizzando per il 7 aprile, dalle ore 16, a Ganzirri, l'estrema lingua di terra siciliana che la prevista costruzione del pilone del Ponte seppellirà sotto la montagna rappresentata da diversi milioni di metri cubi di inerti e centinaia di migliaia di metri cubi di acciaio. Pippo Gurrieri
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