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Da "Umanità Nova" n.10 del 18 marzo 2001
1871 - 2001: quel lontano marzo a Parigi
La Comune sconosciuta
Cosa fu la Comune di Parigi?
All'inizio fu un'immensa e grandiosa festa,
una festa che il popolo parigino,
essenza e simbolo del popolo francese e del popolo
in generale, volle offrire a se stesso e al mondo.
H. Lefebvre
Le vicende della Comune rivoluzionaria di Parigi del 1871 sono ormai nei libri
di storia; ci sono però fatti, circostanze, aspetti misconosciuti ma
interessanti perché contribuiscono a mettere in luce la
straordinarietà di una rivolta, ritenuta ancora oggi tra le più
radicali e moderne esperienze di sovversione dell'ordine non solo politico e
sociale, ma anche culturale, al punto da divenire un simbolo che non
casualmente altre e diverse situazioni avrebbero evocato, dalla Comune di Fiume
nel 1919-20 a quella di Kronstadt nel '21, da quella di Barcellona nel '36 a
quella di Budapest nel '56, da quella di Parigi nel '68 a quella di Bologna nel
'77, e ovunque "si voleva avere tutto in una sola volta: l'arte, le scienze, la
letteratura, le scoperte. La vita aveva un nuovo impulso. Tutti si affrettavano
a fuggire dal vecchio mondo" (Louise Michel).
I SIMBOLI
I rivoluzionari della Comune spararono in primo luogo sugli orologi,
mandandoli in pezzi, per infrangere non solo formalmente il tempo regolato
dall'oppressione, e quindi bruciarono la ghigliottina, a sottolineare la loro
distanza dalla logica della rivoluzione politica e dal Terrore giacobino.
Poco prima della caduta della Comune, venne demolita la colonna napoleonica di
Place Vendôme; la gigantesca costruzione, rivestita con il bronzo dei
cannoni catturati al nemico dopo la battaglia di Austerlitz, era alta 44 metri
e, sormontata dalla statua di Napoleone nelle vesti di Cesare, rappresentava la
celebrazione dell'impero napoleonico. Grande fu l'indignazione causata da tale
atto, definito vandalico, sia in Francia che in quella stessa Europa che aveva
combattuto, sconfitto e imprigionato Napoleone.
L'abbattimento della Colonna Vendôme offrì quindi il pretesto alla
borghesia per accusare la Comune di inciviltà; in realtà si
trattò di un episodio del tutto simbolico e legato alla realtà
convulsa e disperata degli ultimi giorni prima della vittoria della reazione;
tale incidentalità è peraltro dimostrata dal programma della
Federazione degli Artisti di Parigi: "I monumenti dal punto di vista artistico,
i musei e gli edifici di Parigi che ospitano gallerie, collezioni e biblioteche
di opere d'arte, non appartenenti a privati, sono affidati alla cura e alla
sorveglianza del Comitato. Il quale redige, conserva, rettifica e completa
progetti, inventari, repertori e cataloghi. Li mette a disposizione del
pubblico per favorire gli studi e per soddisfare la curiosità dei
visitatori...".
I COMUNARDI
La Comune è stata anche definita come la prima grande
insurrezione operaia e i dati esistenti sugli insorti confermano
sostanzialmente tale valutazione, anche se coinvolse gran parte della
società urbana parigina, assumendo carattere di rivoluzione realmente
sociale.
Dei 36.309 comunardi -uomini e donne- prigionieri e processati 19.426
risultarono operai, 4.074 agricoltori, 2.938 impiegati, 2.426 domestici, 1.725
membri di "professioni liberali" e il resto di altre categorie intermedie.
Tra questi prigionieri circa 25.000 risultarono analfabeti o semi-analfabeti.
Su 20.000 comunardi processati dai tribunali ordinari figuravano 2.901
manovali, 2.664 meccanici e fabbri, 2.293 muratori, 1.659 falegnami, 1.598
commessi, 1.491 calzolai, 1.065 impiegati, 863 imbianchini, 819 tipografi, 766
scalpellini, 681 sarti, 636 mobilieri, 528 orefici, 382 carpentieri, 347
pellai, 283 marmisti, 227 stagnini, 106 insegnanti, ecc.
LE COMUNARDE
Scrisse Louise Michel: "Fra i più ardenti combattenti, che si
opposero all'invasione e difesero la repubblica come l'aurora della
libertà, le donne sono in buon numero. Si è voluto fare delle
donne una casta, e sotto la forza che le schiaccia attraverso gli avvenimenti,
la divisione si è compiuta; non ci hanno consultato, per questo, e noi
non dobbiamo consultare nessuno... certo è che le donne amano la
rivolta. Noi non valiamo più degli uomini, ma il potere non ci ha ancora
corrotte".
E le donne della Comune non consultarono nessuno, prendendo iniziative
autonome. Già durante l'assedio di Parigi, l'anno precedente, i giornali
avevano parlato delle "Amazzoni della Senna", ma è durante la Comune che
fiorirono innumerevoli comitati, club, società di donne che sostenevano
la causa della rivoluzione.
La più importante fu probabilmente l'Union des femmes pour la
défence de Paris et les soins aux blessés, costituitasi l'11
aprile 1871, con ramificazioni in ogni quartiere e con innumerevoli campi
d'azione (organizzazione del lavoro femminile, costituzione di associazioni
operaie dipendenti dai Comitati di arrondissement, insegnamento, soccorso dei
feriti, protezione civile). Altre esperienze furono il Comité des femmes
della rue d'Arras, che fondò a Parigi numerosi comitati di quartiere
occupandosi degli ateliers cooperativi "per insegnare alle donne a organizzare
da sé il proprio lavoro", e il Comité de vigilance di Montmartre
che avrebbero combattuto anche sulle barricate.
Senza alcuna esagerazione -sono i dati dei tribunali a parlare- si può
affermare che durante la Comune la più rilevante rivoluzione culturale e
il maggiore impulso all'autorganizzazione sociale vennero proprio dalle donne:
operaie, maestre, casalinghe e prostitute si scoprirono così soggetti
attivi di una rivolta dentro una rivolta.
LA GUERRA SOCIALE
Non potendo rinunciare alla Guardia Nazionale, la Comune per la sua
difesa armata si affidò a 32 corpi franchi assommanti a circa 10.000
uomini (i nomi di questi reparti erano particolarmente evocativi come i
Vendicatori, gli Zuavi, i Figli di Parigi, i Figli perduti, i Cavalieri, i
Garibaldini...), a reggimenti di volontari, a poche artiglierie e alle
barricate del popolo che divennero il simbolo stesso della Comune.
"Alle armi! Alle armi, dunque!
Parigi si copra di barricate e da questi bastioni improvvisati getti ancora ai
suoi nemici il suo grido di guerra, il suo grido d'orgoglio, di sfida, ma anche
di vittoria; perché Parigi con le sue barricate, è
inespugnabile.
Le strade siano disselciate: in primo luogo perché i proiettili nemici
che cadono sulla nuda terra sono meno pericolosi; inoltre perché le
pietre, nuovi mezzi di difesa, dovranno essere accumulate, a intervalli
regolari, sui balconi dei piani superiori delle case".
Fallì invece il tentativo di estendere l'insurrezione al resto della
Francia. Si sollevarono gli internazionalisti di Lione -sotto l'impulso di
Bakunin-, Tolosa, Le Creusot, Saint Etienne, Brest, Rouen e Narbonne ma furono
incendi limitati che vennero repressi uno dopo l'altro, nel sangue.
I GIORNALI
Durante la Comune fecero la loro comparsa innumerevoli pubblicazioni.
Tra i giornali più diffusi vanno ricordati: Le Cri du Peuple (con
una tiratura di 100 mila copie), Le Mot d'ordre, La Montagne, Le
Pére Duchesne, Le Vengeur et la Commune, Le Combat,
L'Action, L'Ami du Peuple, Le Tribun de Peuple, La
Commune, L'Estafatte, Paris Libre, La Caricature
Politique, Le salut public, La Sociale, ecc.
In tale periodo assunse grande importanza la caricatura politica come forma di
comunicazione e propaganda.
"La caricatura non uccide -come scritto da Vallés-, ma è uno
strumento che agisce a due livelli, il livello iconografico e quello verbale,
unisce l'evidenza e la comunicazione diretta del disegno, della figura,
immediatamente leggibile - e leggibile a tutti! - al testo scritto, alla
didascalia, che attraverso il tono epigrammatico, colpisce diritto il
bersaglio."
Per la stampa dell'opposizione borghese furono invece applicate forme di
censura, ma ci furono anche misure repressive contro pubblicazioni "oscene" e
"amorali".
I MANIFESTI
I manifesti rimasero comunque la forma più immediata
dell'informazione rivoluzionaria. Questo è il testo del fatidico
proclama del 22 marzo, affisso su tutti i muri di Parigi:
AL POPOLO DI PARIGI
ALLA GUARDIA NAZIONALE
Cittadini,
Basta col militarismo! Basta con gli stati maggiori e i loro galloni e tutte le
loro cuciture dorate!
Si faccia posto al popolo, ai combattenti, alle braccia nude! L'ora della
guerra rivoluzionaria è suonata.
Il popolo non conosce le manovre sapienti, ma quando ha un fucile in mano e il
selciato sotto i piedi non teme nessuno degli strateghi della scuola
monarchica.
Alle armi! cittadini, alle armi! Si tratta, lo sapete bene, di vincere o di
cadere nelle mani spietate dei reazionari e dei clericali di Versailles, di
quei miserabili che, per partito preso, hanno consegnato la Francia ai
Prussiani e ci fanno pagare il prezzo del loro tradimento.
Se volete che il sangue generoso che è stato versato come l'acqua da sei
settimane non sia infecondo; se volete vivere liberi in una Francia libera ed
egualitaria; se volete risparmiare ai vostri figli i vostri dolori e le vostre
miserie, vi leverete come un sol uomo e, davanti alla vostra formidabile
resistenza, il nemico, che si lusinga di rimettervi al giogo, pagherà
l'onta degli inutili crimini di cui si sta macchiando da due mesi.
Cittadini, coloro che avete eletto combatteranno e moriranno con voi se
occorre; ma in nome di questa Francia gloriosa, madre di tutte le rivoluzioni
popolari, focolare permanente delle idee di giustizia e di solidarietà
che devono essere e saranno le leggi del mondo, marciate contro il nemico, e la
vostra energia rivoluzionaria gli dimostri che si può vendere Parigi, ma
non si può né consegnarla né vincerla.
La Comune conta su di voi, contate sulla Comune!
CONTRO LA RELIGIONE
È noto che sotto la Comune, Jean Allemane, presidente del
Comitato della legione del V Arrondissement, fece sostituire sulla cupola del
Pantheon la croce con la bandiera rossa, così come è abbastanza
celebre la frase "Noi cancelliamo Dio!" scritta da Gustave Maroteau su La
Montagne, ma l'anticlericalismo dei comunardi aveva origini molteplici
(filosofiche, politiche e sociali) e due secoli di lotta tra il magistero
cattolico e il libero pensiero avevano preparato la rivolta contro l'alleanza
del Trono e dell'Altare, tra Chiesa e controrivoluzione, tra autorità
divina e sfruttamento di classe.
Noi siamo atei perché l'uomo non sarà mai libero, finch'egli non
avrà scacciato Dio dalla sua intelligenza e dalla sua ragione.
Prodotta dalla visione dell'ignoto, creata dall'ignoranza, aiutata
dall'intrigo, e subita per stupidità questa nozione mostruosa di un
essere, di un principio all'infuori del mondo e dell'uomo, tesse la trama di
tutte le miserie, nelle quali è caduta l'umanità, e forma
l'ostacolo principale alla sua liberazione. Fin tanto che la visione mistica
della divinità oscurerà il mondo, l'uomo non potrà
né conoscerlo né possederlo; invece della scienza e della
felicità, non ci troverà che la schiavitù della miseria e
dell'ignoranza.
Ed è in grazia di questa idea d'un essere che è superiore al
mondo e che lo regge, che si sono prodotte tutte le forme di schiavitù
morale e sociale: religioni, dispotismo, proprietà, caste, sotto le
quali geme e sanguina l'umanità.
Scacciar Dio dal dominio della conoscenza, espellerlo dalla società,
è legge necessaria per l'uomo, se vuole arrivare alla scienza, se vuole
realizzare la vittoria della rivoluzione.
Bisogna negare quest'errore, genesi di tutti gli altri, ché per esso da
tanti secoli l'uomo è represso, incatenato, spogliato, martirizzato.
Che la Comune sbarazzi l'umanità di questo spettro delle miserie
passate, di questa causa delle miserie presenti.
Nella Comune non c'é posto per il prete: ogni manifestazione, ogni
organizzazione religiosa deve essere bandita.
(Dal Manifesto dei proscritti de "La Comune rivoluzionaria"; Londra, giugno
1874)
I DIRIGENTI
La Comune ebbe numerosi -molti critici hanno detto troppi- dirigenti,
leader e responsabili per i vari settori della vita politica, sociale,
culturale ed anche militare della Comune stessa. Se sulle forme di gestione ed
organizzazione sociale il dibattito rimane storicamente aperto, può
essere interessante sapere che, prendendo in esame le 40 figure più
importanti della Parigi rivoluzionaria, la maggior parte risultavano aderenti
all'Internazionale (circa il 50%), tra cui numerosi proudhoniani e anarchici
(oltre a Louise Michel, va ricordato Elia Reclus -fratello di Elisée-,
direttore della Blbliothéque nationale); poi vi erano una decina di
blanquisti, mentre tra i restanti figuravano i neo-giacobini, un radicale,
alcuni "senza partito", diversi intellettuali ed artisti, e persino un
generale.
LA POLIZIA
Gustave Courbet scrisse il 30 aprile: "Parigi è un vero paradiso;
niente polizia, niente sciocchezze, nessuna esazione di sorta, niente litigi.
Parigi va avanti da sola... bisognerebbe poter rimanere sempre così"; ma
con l'aggravarsi della situazione e le continue rappresaglie della reazione,
operò una sorta di polizia, sotto la guida del blanquista Raoul Rigault,
che tra l'altro doveva occuparsi dei controrivoluzionari e dei varsagliesi
prigionieri. A seguito delle feroci rappresaglie il 5 aprile venne quindi
proclamata la legge del taglione: "Ogni persona accusata di complicità
con il governo di Versailles verrà immediatamente incriminata e messa in
prigione (...) Tutti gli accusati (...) saranno da considerarsi ostaggi del
popolo parigino. Ogni esecuzione di un prigioniero di guerra o di un partigiano
del governo regolare della Comune di Parigi sarà seguita sul campo
dall'esecuzione di un numero triplo di ostaggi".
Tale truce decreto, che la Comune non applicò mai ufficialmente nei
fatti, portò all'arresto di un certo numero di personalità tra
cui l'arcivescovo Darboy e molti altri prelati, ma si dovrà aspettare la
"settimana di sangue" prima che, per ritorsione, Rigault mandasse alla
fucilazione alcune tra le sue vittime di diligente inquisitore. A lui
succedette un altro blanquista, Théophile Ferré, che verso la
fine della Comune, quando era venuto meno il ruolo guida del Comitato
rivoluzionario, fece fucilare, per rappresaglia, numerosi ostaggi tra cui
l'arcivescovo Darboy.
Entrambi, sia Rigault che Ferré, sarebbero finiti a loro volta fucilati
dalla soldataglia reazionaria.
LA VENDETTA
Di gran lunga inferiore fu invece l'indignazione civile per la strage di
Comunardi o sospetti tali, seguita alla caduta di Parigi; eppure le cifre, a
riguardo sono spaventose anche se contraddittorie.
E' stato calcolato che le perdite umane tra i Comunardi raggiunsero, tra morti
e prigionieri, il numero di 100.000.
Secondo lo storico inglese G. D. H. Cole, 2.500 furono i morti sulle barricate
e 14.000 i fucilati dopo la resa. Secondo un'altra stima 30.000 furono i caduti
e 45.000 i prigionieri, in gran parte poi uccisi o morti in carcere. Altre
fonti fanno salire la cifra delle esecuzioni sommarie ad almeno 25.000 e quella
degli arrestati a 43.521 fino al 1875.
Sicuramente la strage ebbe le dimensioni di un genocidio di classe; il giornale
borghese Le Figaro ebbe a scrivere: "I nostri soldati hanno semplificato
il compito delle corti marziali, fucilando la gente sul posto". E così
deve essere stato se persino un giornale conservatore come il Peuple
Souverain, poco tempo dopo, lamentandosi delle conseguenze economiche del
massacro operaio, chiedeva: "dobbiamo pagare cinque miliardi... chi sono i
pazzi che hanno potuto immaginare e compiere queste grandi fucilazioni!".
Infatti il settore calzaturiero aveva perso metà dei suoi operai (12.000
su 24.000); l'ebanisteria più di un terzo; la sartoria un terzo (10.000
su 30.000); sparirono quasi tutti i conciatetti, i decoratori, i piombatori,
gli zincatori. Annientate le fabbriche di guanti, cappelli, merceria, corsetti,
a predominante manodopera femminile. L'industria dell'arredamento, che aveva
avuto 60.000 addetti, dovette rifiutare le commesse a causa della "mancanza di
mano d'opera".
I PROCESSI
Cessate le fucilazioni e le esecuzioni sommarie, contro i Comunardi si
scatenò la violenza legale delle Stato attraverso la repressione
giudiziaria. Su 36.309 prigionieri passati davanti ai tribunali della reazione,
10.137 risultarono condannati: 93 alla pena di morte (23 esecuzioni), 251 ai
lavori forzati, 1.169 alla deportazione in fortezze, 3.417 alla deportazione
semplice, 1.247 alla reclusione, 1.305 alla prigione per più di un anno,
2.054 alla prigione per meno di un anno, 55 ragazzi assegnati alla casa di
correzione...
La promessa di Thiers era stata mantenuta: "Dopo la vittoria si dovrà
punire implacabilmente, ma legalmente".
LA RESISTENZA
Dopo la sconfitta militare della Comune e nonostante le fucilazioni di
massa, l'ordine non fu ristabilito a Parigi. Durante la notte vengono affissi
manifesti e proclami clandestini. A Belleville, a Montmarte, la soldataglia
ebbe la vita difficile, fatta bersaglio di colpi d'arma da fuoco provenienti
dalle case. Nel XIII arrondissement, alcuni agenti di polizia vennero feriti in
seguito a sparatorie. Al caffè di Helder, ritrovo di ufficiali, parecchi
di essi furono apertamente insultati. In rue de Rennes e in rue de la Paix,
così come in place de la Madeleine, soldati e ufficiali caddero colpiti
da mani invisibili; presso la caserma della Pépiniére, venne
sparato ad un generale.
In mancanza di armi da fuoco, fu fatto ricorso alle frecce.
LA SOLIDARIETÀ
"Se un uomo è fuori della legge, entri in casa mia. Sfido
chiunque a strapparmelo.
Parlo solo degli uomini politici.
Se si verrà in casa mia a prendere il fuggiasco della Comune, si
prenderà me. Se lo si consegnerà, io lo seguirò.
Sarò con lui al banco degli accusati. E per la difesa del diritto si
vedrà a fianco dell'uomo della Comune, che è il vinto
dell'Assemblea di Versailles, l'uomo della Repubblica, che è stato il
proscritto di Bonaparte.
Farò il mio dovere. Prima di tutto i principii."
(Victor Hugo)
LA POESIA
Numerosi furono i poeti che cantarono la Camune. Due nomi per tutti:
Verlaine che compose un piccolo poema dedicato a Louise Michel e Rimbaud che
celebrò la Comune in tre sue poesie.
Tra le varie poesie, ballate, canzoni (talvolta stampate su manifesti come
proclami rivoluzionari), va inoltre menzionata L'Internazionale di
Eugéne Pottier, poi universalmente nota.
A cura di M.R.
BREVE BIBLIOGRAFIA
- M. WINOCK, La febbre francese. Dalla Comune al Maggio
'68; Laterza Ed.
- CIRCOLO LA COMUNE, La Comune di Parigi 1871; Sapere Ed.
- H.P.O. LISSAGARAY, La Comune di Parigi; Feltrinelli Ed.
- E. DE GONCOURT, L'assedio di Parigi; Siva Ed.
- G. BORGIU, La Commune; Presse Universitaires de France.
- AA.VV., La Comune e la guerra del 1870-71; Mondadori Ed.
- G. PISTOSO, La Comune di Parigi; Mondadori Ed.
- G.D.H. COLE, Storia del pensiero socialista (Volume II); Laterza Ed.
- J. ROUGERIE, Proces des Communards; Julliard Ed.
- DEL BO, La Comune di Parigi; Feltrinelli Ed.
- A. GUERIN, La folle guerre de 1870; Hachette Ed.
- M. DOMMANGET, Blanqui, la guerre du '70-71 et la Commune; Colin Ed.
- P. BROUE' e H. DESVAGES, La rivoluzione; Mondadori Ed.
- R. CORTIANA (a cura di), I poeti della Comune; Marsilio Ed.
- L. MICHEL, La Comune; Editori Riuniti.
- K. MARX, Scritti sulla Comune di Parigi; Samonà e Savelli.
- C. PISACANE, La rivoluzione; Sampietro Ed.
- B. MALON, La Comune di Parigi; Samonà e Savelli.
- M. A. BAKUNIN, Stato e anarchia; Feltrinelli Ed.
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