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Da "Umanità Nova" n.10 del 18 marzo 2001

Previdenza
Gli inganni dei governi

Il taglio delle pensioni, l'obiettivo al centro delle attenzioni della Commissione Europea e dei governi nazionali, non è molto gradito alla maggioranza dei cittadini. Le autorità ne sono ben coscienti, per questo la riforma procede lentamente, evitando il più possibile di innescare aperti scontri sociali.

Uno dei cardini di questa strategia sta nel trovare giustificazioni che convincano la maggioranza riluttante della suprema necessità della riforma della previdenza. L'ingegnosità dei propagandisti si è dimostrata anche in questa occasione, anche se i temi proposti sanno di aria fritta.

Possiamo condensare i temi della propaganda governativa nelle seguenti proposizioni:

  • la previdenza pesa sui bilanci statali;
  • la riforma della previdenza aumenterà i posti di lavoro per i giovani;
  • la riforma sarà a costo zero per i beneficiari.

La previdenza pesa sui bilanci statali

Questa affermazione viene semplicemente affermata, senza essere spiegata. La sua continua ripetizione, da parte dei governi, della stampa, di capitalisti e sindacati di Stato ne fa una verità assoluta. Nell'immaginario dei media, il bilancio pubblico rappresenta l'interesse generale; ogni minaccia su di esso rappresenta un corporativismo che si oppone all'interesse generale.

Come stiano veramente le cose in Europa ci porterebbe molto lontano, per cui ci limitiamo a chiarire come stanno le cose in Italia.

L'affermazione che la previdenza pesa sul bilancio pubblico si basa sui continui squilibri di cassa degli Istituti di previdenza, a cui viene posto rimedio con anticipazioni di cassa da parte del Tesoro, anticipazioni che vengono autorizzate sulla base dei crediti vantati dall'Istituto.

D'altra parte per i capitalisti, come pagano le tasse ad organi periferici dello Stato, così il salario differito viene versato ad organi differenti, ma sempre statali. Inoltre, da un po' di anni tasse e contributi sono pagati periodicamente in un'unica soluzione e con un unico modello.

In realtà la normativa stabilisce una precisa differenziazione, sia sulla base del diritto, sia sulla base della contabilità nazionale, sia sulla base della contabilità aziendale: i contributi agli istituti di previdenza sono pagamenti effettuati pro-rata per i periodi in cui la forza-lavoro non è utilizzabile all'interno del processo lavorativo. Come sulla base del diritto esiste una differenza tra imposta, tributo e contributo (e questi sono contributi, corrispettivi a fronte di un servizio reso), così nella contabilità aziendale i contributi previdenziali ed assicurativi rientrano fra le spese per il personale.

Se le pensioni sono inadeguate a garantire un tenore di vita dignitoso ai "beneficiari", se il sistema pensionistico è squilibrato, la soluzione è una sola: devono essere aumentati i contributi a carico delle aziende.

Purtroppo l'evoluzione della normativa ha contribuito a creare confusione:

la legge 67/88 ha posto una parte del Fondo Adeguamento Pensioni (FAP) a carico delle buste paga, si tratta oggi di una cifra di circa il 9% del salario: con questa operazione viene annacquato il concetto che tutti i contributi, anche quelli versati direttamente dalle aziende, sono salario differito;

la legge sulla cartolarizzazione dei crediti ha permesso all'Inps di smobilizzare parte dei suoi crediti nei confronti degli imprenditori, ma le banche hanno imposto la garanzia dello Stato sul recupero dei crediti.

Esiste quindi una doppia garanzia dello Stato sulla previdenza:

  • da una parte, il pagamento delle rendite è comunque assicurato ai beneficiari;
  • dall'altra, il pagamento dei crediti da parte degli imprenditori è altrettanto assicurato.

Lo Stato è quindi stato tirato in ballo dal fatto che gli imprenditori non pagano per intero il prezzo della forza lavoro che consumano, sia perché i contributi non sono sufficienti a garantire una vecchiaia dignitosa agli ex-lavoratori, sia perché evadono in continuazione quegli stessi importi che dovrebbero versare. Possiamo quindi concludere che il peso della previdenza sul bilancio pubblico è un altro modo in cui il Governo aiuta i capitalisti a mantenere quel saggio di profitto che il sistema è incapace di garantire spontaneamente.

Ancora una volta il costo non sono i lavoratori o gli ex-lavoratori, ma sono i capitalisti!

La riforma della previdenza aumenterà i posti di lavoro per i giovani.

Il mercato della forza-lavoro si distingue dal mercato delle altre merci perché il venditore (il lavoratore salariato) si trova dal lato della domanda, mentre il compratore (il capitalista) si trova da quello dell'offerta, contrariamente a ciò che accade in tutti gli altri mercati, dalle bancarelle alla Borsa. È una curiosa inversione ideologica, per cui in virtù del denaro tutte le forze produttive sono sussunte sotto il capitalista, che è tanto generoso da consentire al lavoratore salariato di esplicare le sue capacità lavorative, che altrimenti rimarrebbero inoperose (che cosa faremmo, se non ci fossero i padroni che ci fanno lavorare!) e, oltretutto, elargisce al lavoratore anche un modesto compenso.

In queste note il lavoratore salariato sarà dalla parte dell'offerta e il capitalista da quella domanda, non solo per pedanteria erudita, ma soprattutto per non prestarsi ad una manipolazione ideologica e far risaltare, con i termini insoliti, i rapporti fra lavoratori salariati e capitalisti.

La contrapposizione fra occupati da una parte e disoccupati, sottoccupati, precari ecc. dall'altra, è uno dei cavalli di battaglia della propaganda borghese: la contrapposizione tra giovani e anziani corrisponde alla contrapposizione tra "riformatori" e "conservatori". Stando ai sondaggi realizzati a cura dei centri di ricerca borghesi, questa contrapposizione è meno evidente di quanto i taglieggiatori delle pensioni vorrebbero: anche i settori precarizzati aspirano a tutelare la propria pensione e ben pochi credono ai benefici delle riforme.

La riforma della previdenza provocherebbe una diminuzione del prezzo della forza lavoro. Nel programma dei governi, questa diminuzione è attuata attraverso una modifica del rapporto tra lavoratori attivi e pensionati, da raggiungersi attraverso un prolungamento dell'età lavorativa oppure un prolungamento del periodo di contribuzione necessario per maturare le condizioni per il massimo di pensione.

Quali ripercussioni avranno queste misure sul mercato della forza-lavoro?

Se noi consideriamo l'insieme dei lavoratori che offrono la propria forza-lavoro e l'insieme della domanda da parte dei capitalisti, possiamo vedere che oggi esiste uno squilibrio, che si traduce in un alto tasso di disoccupazione, fra offerta e domanda di lavoro da parte delle imprese. Una riforma che prevedesse, in varie forme, il prolungamento del periodo di lavoro, avrebbe come risultato l'aumento dell'offerta di forza- lavoro, e non avrebbe alcuna incidenza sulla domanda; il risultato quindi sarebbe opposto a quello propagandato!

L'unica base materiale che giustifica l'affermazione della propaganda governativa è la circostanza che molte aziende preferiscono investire là dove il prezzo della forza-lavoro è più basso; una consistente riduzione del prezzo della forza-lavoro in Italia potrebbe attrarre nuovamente i capitali investiti all'estero, allora si creerebbe una domanda aggiuntiva di forza-lavoro.

Se noi prescindiamo dalle modificazioni nella divisione internazionale del lavoro, che prescindono dall'argomento di questa analisi, la giustificazione precedente dice molto di più di quello che sembra: se i capitalisti investono all'estero con l'obiettivo di ridurre il prezzo della forza-lavoro in Italia, la definizione giusta per questo tipo di comportamento è "serrata". In altre parole, nello scontro di classe oggi in Italia - ma credo che questa affermazione possa valere per tutta l'Unione Europea -, con l'appoggio del Governo, i capitalisti usano l'arma del blocco degli investimenti per costringere la classe operaia ad accettare una riduzione del salario.

Accettare oggi il ricatto di Governo e capitalisti non significa risolvere, sia pure parzialmente, il problema della disoccupazione, quanto dare ai ricattatori la giustificazione per alzare ancora di più il prezzo: come dice un famoso slogan, cedere un poco è capitolare molto, sia per i garantiti che i non-garantiti.

La riforma sarà a costo zero per i beneficiari

Gli apologeti delle riforme affermano addirittura che la previdenza integrativa consentirebbe ai nuovi pensionati rendite maggiori di quelle garantite dall'Inps; chi vivrà vedrà. Quando abbiamo detto finora mostra tutto il contrario.

Lo scenario attuale, così come ci viene presentato dai media, ci mostra l'insufficienza delle somme accantonate per garantire un tenore di vita decente ai pensionati attuali. I propagandisti della Confindustria chiedono una riduzione del contributo al Fondo Adeguamento pensioni dal 32% del salario al 25%, per i nuovi occupati si parla di una riduzione delle prestazioni del 55% a fronte di una riduzione dei contributi del 50%.

Come si può onestamente affermare che una tale riduzione delle somme accantonate avverrà a costo zero per i beneficiari, garantendo i diritti acquisiti?

L'inganno si accompagna alla truffa a danno dei lavoratori.

Con le ultime finanziarie, il Governo ha provveduto a progressive riduzioni del salario differito, abolendo alcune forme di contribuzione e riducendone altre. Tale salario non è rientrato nella busta paga dei lavoratori, come sarebbe stato logico, ma è stato incamerato dai capitalisti. La costituzione dei fondi pensione e le grandi manovre sul TFR sono un altro esempio di inganno che si accompagna alla truffa: le somme accantonate per TFR servirebbero da base alle operazioni finanziarie dei fondi pensione, senza alcun controllo da parte dei lavoratori e senza alcuna garanzia di ritorno a fine periodo lavorativo. I sindacati di Stato sono direttamente interessati in questa operazione e, come è già avvenuto con i CAAF, con i contratti d'affitto in deroga e in molte altre occasioni, sono pronti a permettere ai capitalisti di mettere le mani sui soldi dei lavoratori, in cambio di vantaggi finanziari per l'apparato.

Conclusioni

La propaganda delle istituzioni internazionali, dei governi, dei mille organi controllati dai capitalisti sta continuamente crescendo, e un primo obiettivo l'ha sicuramente raggiunto. Se questa propaganda non è riuscita a convincere i proletari, i disoccupati, gli occupati, i pensionati, della giustezza della riforma della previdenza, è comunque riuscita a convincerli della sua inevitabilità.

I proletari quindi giungono all'appuntamento della verifica sulla previdenza con la convinzione di non poter difendere né tanto meno migliorare questo sistema. Si tratta di uno stato d'animo inadatto ad affrontare una prova di questo tipo, per questo è necessario contrastare i presunti "dati oggettivi", convincere i lavoratori che è possibile, con l'unione e l'autorganizzazione, vincere questa battaglia.

Molti credono che sia utile alla causa rivoluzionaria diffondere la convinzione che i lavoratori, nell'ambito del sistema capitalistico, non siano in grado di migliorare le proprie condizioni di vita. Io credo, al contrario, che i lavoratori possano, con la lotta, ottenere condizioni migliori rispetto a quelle a cui sarebbero condannati dalla rassegnazione. Se i proletari si muovono e sperimentano che con la propria azione diretta possono fare molto di più che delegando a questo o quel partito, si sarà fatto molto di più per la pratica rivoluzionaria che con cento prediche sul capitalismo.

Tiziano Antonelli



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