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Da "Umanità Nova" n.11 del 25 marzo 2001
Palermo
Gli zingari non volano più
Hanno sparato al campo Rom della Favorita, colpi di pistola e fucilate.
L'alibi: qualche macchina aperta e cianfrusaglie che mancano dai cruscotti.
Forse i ragazzini rom non hanno saputo resistere a quelle auto posteggiate
davanti alle baracche, forse i ragazzini dei borghi che pattugliavano la zona a
bordo di motorette senza targa, forse...
Ma il Palermo ha vinto in casa, uno a zero, un evento. Siamo forti pensano i
tifosi palermitani riversandosi verso il campo rom? Invincibili? Gagliardi?
Ricostruiamo i fatti. Domenica 11 marzo, pomeriggio, è appena finita la
partita Palermo-Savoia. Un solo goal ha sfondato la rete avversaria, i
palermitani sfogano con le urla la loro gioia, escono dallo stadio a fine
partita ancora esaltati. Trovano qualche auto forzata e non ci pensano due
volte, passano sguardi d'intesa, un accordo facile perché gli zingari li
odiano tutti, allora con in testa il gonfalone rosa-nero si riversano dentro il
campo rom, cinquanta o sessanta, urlando. Non dimentichiamoci che hanno vinto e
si sentono forti.
Davanti a loro si parano le donne con i piccoli, è la solita strategia
dei rom, dietro ci stanno i ragazzini e dietro ancora, invisibili, gli
uomini.
Le donne cercano di calmare la folla vociante, patteggiano, promettono di
rifondere i danni. Gli ultras non ne vogliono sapere, volano parolacce,
minacce, vi bruceremo come i topi, dicono.
Poi passano ai fatti, (non dimentichiamoci che hanno vinto), raccolgono qualche
sasso e lo tirano, allora le donne lentamente si fanno da parte e avanzano i
ragazzini rom, abili come piccoli Davide, che rispondono con una sassaiola
più fitta e precisa. Comincia l'intifada.
Come poteva finire? Forse per stanchezza o per tardivo attacco di buon senso,
non lo sapremo mai perché gli eventi precipitano e si sfiora la strage.
Infatti dalle case Rocca, di fronte al campo rom, un maresciallo dei
carabinieri, Luigi Sapienza, vede tutto e decide di scendere in campo a dare
man forte ai palermitani. Il maresciallo non sorride, sereno e forte, come il
foto-modello del calendario dell'arma, ma impugna una pistola.
Se nella confusione ha detto: - Fermi tutti carabinieri!- nessuno lo ha
sentito, quello che i rom vedono è un uomo armato in mezzo agli altri.
Gridano: - Attenti quel porco ha la pistola! - (per i musulmani il porco
è animale immondo). Il Sapienza non indossa la divisa, niente strisce
rosse, niente cappello, per i rom è un energumeno armato in mezzo a
tanti altri.
Il maresciallo spara quattro colpi in aria, come riportano i giornali
cittadini, e uno zingaro viene ferito ai glutei, supponiamo che stesse volando
da quelle parti. Intanto una sassata, ben mirata alla testa, ferma in canna il
quinto colpo del maresciallo. Ora lo zingaro non vola più, giace a terra
in una pozza di sangue, anche il tutore dell'ordine è caduto, niente di
grave in fondo, ma quando va per rialzarsi un piede zingaro lo blocca, non ti
muovere, si sente dire, abbiamo chiamato i carabinieri. Intorno ai caduti si fa
ressa e dai balconi delle case Rocca un uomo spara due fucilate che, per
fortuna, non colpiscono nessuno.
Non ci sono più i ragazzini, ora sono arrivati gli uomini, tengono sotto
controllo il tipo che ha sparato e ancora non sanno che è un tutore
della legge, che avrebbe dovuto sedare la ressa senza fare scelte di campo.
Intanto gli ultras si sono defilati, i carabinieri chiamati dai rom sono
arrivati in forze, il maresciallo viene portato via in tutta fretta, gli
sguardi imbarazzati dei suoi colleghi lo seguono, lo zingaro volante è
già in ospedale accompagnato dai suoi amici. Ma poi, diciamocelo chiaro,
se l'è cercata, chi glielo faceva fare di mettersi a volare mentre il
maresciallo sparava in aria?
Adesso è scesa la calma al campo rom, i bambini dormono, gli adulti
nelle loro baracche fumano una sigaretta prima di andare a dormire anche loro,
forse qualcuno commenta i fatti successi, quando il rombo di motori di
innumerevoli camionette, rompe il silenzio.
Quattrocento carabinieri, armi in pugno, si riversano nel campo. Le baracche
vengono messe a soqquadro, le povere suppellettili sparpagliate, i bambini
svegliati di colpo urlano di spavento. Cosa cercano? Non il fucile che ha
sparato dalle case Rocca, non la pistola fuori ordinanza del maresciallo, forse
cercano i sassi? Sono lì a disposizione di tutti, se ne sono serviti i
palermitani e i rom.
Un "rastrellamento" comunque è sempre utile e nel caso in questione ha
avuto l'effetto programmato: al campo serpeggia la paura.
Alla luce dei fatti incresciosi gli zingari si sono riuniti e hanno deciso: da
oggi in poi non voleranno più, soprattutto se ci sono in giro sbirri.
Adesso, fuori da ogni satira, le associazioni cittadine che da anni forniscono
tutela legale e sociale alla comunità rom di Palermo, pur non
conservando alcuna illusione sulle tendenze del Giornale di Sicilia, si
chiedono come sia possibile che un giornalista nello stesso articolo affermi
che il maresciallo ha sparato quattro colpi di pistola in aria e che uno
zingaro è stato colpito ai glutei. Allora, o gli zingari volano o il
maresciallo, in un delirio da giustiziere solitario, ha sparato ad altezza
d'uomo, di un uomo che fuggiva.
Lo stesso giornale da ampio rilievo alle dichiarazioni di esponenti politici di
A.N. che, per il loro contenuto, spianano la strada a chiunque abbia
velleità di pulizia etnica, e permettono agli stessi una facile
propaganda elettorale puntando su un argomento che, purtroppo, trova ampio
consenso tra i benpensanti: la tolleranza zero.
Sempre sull'onda della propaganda elettorale, l'assessore Ferro, in un attacco
tardivo di buonismo, dichiara che i rom "debbono essere accolti".
Lui che per dieci anni ha avuto la delega speciale per tutelare la
comunità, come ha messo in pratica il principio dell'accoglienza? Non ci
risulta che Ferro o madame De Condat, suo braccio destro e consulente del
sindaco Orlando, abbiano fatto qualche cosa per migliorare le condizioni di
vita dei rom, i quali marciscono nello stesso fetido campo, in baracche
traballanti, senza servizi igienici e con silos dell'acqua troppo spesso vuoti
o invasi dai vermi.
Lo stesso ex sindaco Orlando, paladino dei diritti umani, europeista, convinto
sostenitore della multiculturalità, ha preferito e preferisce fare gesti
d'effetto e pronunciare parole suggestive, piuttosto che assumersi la
responsabilità di operare concretamente per migliorare le condizioni di
vita dei rom. Ma neanche con le sue parole più scelte Orlando riesce a
mascherare l'ignobile cinismo del politico, al quale non conviene sprecarsi per
chi, come i rom, non ha diritto di voto.
Gipsy
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