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Da "Umanità Nova" n.11 del 25 marzo 2001

Marcos e Irma

"Poco lontano dallo Zocalo, che a fine giornata arriverà a contenere più di un milione di persone, Irma Faucino si stringe al suo banchetto di gomme da masticare. Ha 23 anni, è un'india Otomi, sei anni fa è scappata dalla fame e dalla disperazione di Queretaro, una delle province più miserabili del Messico. Vive in un'unica baracca con i suoi e altre 26 famiglie indie. E fino a stamattina non ha mai sentito neanche nominare quel professore di filosofia che, anche per lei, si infilò una maschera accendendo il fuoco della rivolta nel Chiapas il 1 gennaio '94".

Così scrive l'inviato del Corriere della Sera il 12 marzo scorso, all'indomani della grande manifestazione dell'EZLN a Città del Messico, dandoci modi di riflettere su cosa è realmente l'informazione oggi nella cosiddetta era di Internet.

Irma, e chissà quante altre persone che vivono come lei ai margini della più grande metropoli del pianeta, fino a ieri non sapeva niente di Marcos e dell'insurrezione in Chiapas: tale realtà può sembrare incredibile a noi che, abitando in uno dei paesi più industrializzati e ricchi del mondo, abbiamo a disposizione innumerevoli mezzi di comunicazione; ma basta pensarci un momento per comprendere che noi siamo l'eccezione, mentre la condizione di Irma è quella di centinaia di milioni di "dannati della terra" tagliati fuori, sia per motivi economici che culturali, dall'informazione mediata.

Di fronte a questo aspetto della nostra modernità, anche gran parte degli entusiasmi per Internet quale strumento di comunicazione sociale andrebbero ridimensionati perché già di per se il possesso di un allacciamento elettrico, di un telefono, di un computer e di conoscenze informatiche adeguate tagliano fuori dalla Rete la maggioranza dell'umanità, ed anche i risultati della prima "guerriglia dell'era informatica" portata avanti con indubbia intelligenza in questi anni da Marcos e dall'EZLN andrebbero analizzati più criticamente di quanto fa Yvon Le Bot (vedi l'articolo "Camminare interrogandosi" su UN dello scorso 11 marzo), perché se hanno reso il Chiapas insurgente un simbolo nell'Occidente industrializzato, specialmente tra le sinistre ormai deprivate di ogni loro mito rivoluzionario, non hanno e non potevano risolvere il problema della comunicazione sociale in Messico e comunque il successo del neozapatismo ha finito per sottrarre "visibilità" ad altrettanto significativi movimenti di liberazione e resistenza in America Latina, nonché a importanti lotte sindacali con scioperi che spesso hanno assunto caratteri insurrezionali.

Da questo punto di vista, anche noi dovremmo trarre qualche insegnamento - basti vedere le "invisibili" lotte operaie alla Fiat - affinché l'illusione di poter comunicare col mondo via-modem non ci faccia dimenticare di attaccare un manifesto alla fermata dell'autobus, come ben sa Berlusconi che pur disponendo di televisioni, giornali e siti ha investito fior di miliardi per riempire le nostre strade di enormi manifesti con la sua faccia tosta.

Superbarrio



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