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Da "Umanità Nova" n.13 dell'8 aprile 2001
Guerra in Macedonia
Giochi sporchi
La dissoluzione della ex-Jugoslavia, come si poteva
facilmente presupporre, ha portato, nel giro di un decennio, all'apertura di
nuovi fronti del conflitto armato, ognuno dei quali ha rappresentato una
miscela di interessi politici ed economici differenziati che sono stati, in
alcuni casi, in aperto contrasto gli uni con gli altri. Pur combattendo tutti
sotto i vessilli delle libertà (?), della religione,
dell'autodeterminazione dei popoli, dell'etno-nazionalismo da una parte e sotto
le bandiere "umanitarie" dall'altra, non sempre, mi è parso di capire,
si è trattato di interessi convergenti. Il grande lenzuolo politico
è stato ed è quello unico ed inequivocabile degli interessi
dell'economia capitalistica, senza dimenticare, però, che essendo la sua
natura di tipo concorrenziale, porta inevitabilmente i giocatori della stessa
squadra a competere tra loro nello stesso momento in cui si gioca per tutti.
Quale migliore immagine sugli orientamenti imperialistici della NATO nella zona
balcanica di quella che ci fornisce Salvatore Minolfi: "semplificare il
panorama strategico rimodellando le regioni nevralgiche che orlano Eurasia,
tenere sotto controllo il rimland, promuovere il pluralismo geopolitico
(cioè balcanizzarle), impedire che diano luogo ad egemonie locali...Ben
lontani dall'orizzonte della pura amministrazione di un mondo liberato dalla
guerra fredda, questi obiettivi corrono, come verso un baratro alla ricerca del
primato. Ma come avvertono due prudenti studiosi: la supremazia è
oltretutto un invito virtuale a combattere."[1]
Ecco allora che vediamo il proliferare di interessi imperialistici locali e
macro, in cui, ogni nuovo intervento concordato, magari solamente tra due
parti, mette immediatamente in gioco tutti gli altri attori dello spettacolo.
Le strategie cambiano in virtù delle opportunità che
sopraggiungono, degli alleati da soddisfare, delle commesse da portare a
termine: non è la prima volta che si colpisce coloro che si aveva
precedentemente armato. L'Alleanza non può concedere alcuna autonomia
all'impresa individuale, soprattutto se essa infastidisce qualcuno dei suoi.
L'Alleanza può, in altri casi, favorirla, se al contrario, uno dei suoi
membri ha la necessità di "avvertire" gli altri sui propri scopi, o nel
caso in cui non gradisca il comportamento politico di uno stato membro: ragioni
storiche hanno legato, ad esempio, alcuni paesi mediterranei alla Serbia
(Grecia e Francia in particolare), altri alla Croazia (Germania e Vaticano).
Ma torniamo al presente: chi è il maggior azionista economico della
Macedonia? Senza alcun dubbio la Grecia, con un ammontare complessivo di 230
milioni di dollari ed oltre 50 progetti di investimento: l'azienda produttrice
di cemento "USJE", la fabbrica di birra "Picara Skopje", la "Hellenic
Bottling", che detiene il franchising per i prodotti della "Coca-Cola", la
ditta produttrice di tabacco "Strumnica Tabak", l'unica raffineria di petrolio
macedone la "Okta" (acquistata per 190 milioni di dollari) che
trasporterà il petrolio raffinato tramite un oleodotto in fase di
terminazione che congiunge Salonicco a Skopje, l'azienda termoelettrica
Negozino, facente parte dell'azienda Elettrica Macedone...
La Grecia detiene, inoltre, una posizione dominante nel sistema bancario
macedone: la Banca Nazionale della Grecia possiede il 65% della maggiore banca
Macedone, la Stopanska Banka, mentre la maggiore banca privata greca, la "Alfa
Credit Bank" detiene il 65% della "Kreditina banka" macedone.[2]
Quale può essere allora il limite dell'azione armata dei guerriglieri
Uck? Per destabilizzare l'area e consentire così un ingresso permanente
nel territorio macedone delle truppe NATO (in particolare americane e
britanniche oltre che italiane) si sono già adoperati; per rompere le
uova nel paniere degli investimenti greci stanno invece andando oltre il loro
mandato ed è auspicabile, pertanto, che rientrino nei ranghi, pena la
loro successiva decapitazione con possibili ricadute negative anche sul fronte
jugoslavo. Tanto più che la guerriglia kosovara è isolata anche
dalla madre patria albanese dal momento che la Grecia, subito dopo l'Italia,
è il secondo investitore di quella nazione ed un suo possibile ritiro
non gioverebbe ad alcuno.
Pietro Stara
Note
1 Salvatore Minolfi, Dopo la "guerra fredda": geopolitica e strategia della NATO, in "Giano", dossier NATO n. 2, Sviluppo sostenibile?, numero 35, pag.38
2 L'espansione economica della Grecia nei Balcani, tratto da "Kapital", novembre-dicembre 2000, che si trova in www.ecn.org/est/balcani/grecia/grecia05.htm
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