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Da "Umanità Nova" n.14 del 15 aprile 2001

Il 25 aprile dei ribelli

La lotta, l'odio per i fascisti non erano più come prima, per il maggiore una cosa imparata sui libri, ritrovata come per caso nella vita, per il minore una bravata, un girare per le mulattiere carico di bombe a spaventare le ragazze, erano ormai la stessa cosa del sangue.
(Italo Calvino)

La data del 25 aprile 1945, ben presto celebrata dai discorsi dei politici e tra lo sventolare dei tricolori come la fine del fascismo e la nascita della democrazia, è diventata nei libri della storia ufficiale una data simbolo, una sorta di spartiacque ideale tra il bene e il male.

In realtà quel giorno, che altro non fu che l'inizio dell'insurrezione nel Nord Italia contro i nazi-fascisti, non fu percepito con questo significato di svolta definitiva neppure dagli stessi protagonisti che nelle settimane e nei mesi successivi si guardarono bene dal riconsegnare le armi agli Alleati e che continuarono ad usarle contro i boia fascisti e i delatori, ma anche contro i padroni che nel '19 avevano cominciato a finanziare quella "controrivoluzione preventiva" che avrebbe portato gli squadristi di Mussolini a conquistare il potere.

I numerosi aspetti di continuità tra il regime fascista ed il nuovo assetto democratico sono ormai un dato di fatto che appartiene alla storia, infatti soltanto due anni dal quel 25 aprile ben 28 formazioni partigiane decisero di tornare, con le armi, sui monti per affermare la loro opposizione contro un governo che aveva rimesso in circolazione anche i peggiori torturatori della Repubblica di Salò grazie anche all'amnistia firmata da Togliatti, che negava persino dei provvedimenti legislativi a favore degli ex-deportati nei lager e che aveva iniziato la criminalizzazione di chi aveva partecipato alla Resistenza, come testimonia il fatto che negli schedari del Mistero dell'Interno su 13.716 sorvegliati per ragioni politiche ben 12.491 risultavano essere di sinistra.

Non è altresì un mistero che, grazie alla compiacenza dei partiti "democratici e antifascisti" nei confronti delle direttive provenienti dagli Stati Uniti, nell'apparato statale vennero velocemente reintegrati questori, prefetti, magistrati, funzionari, agenti dell'OVRA che avevano servito con zelo anticomunista il "passato" regime fascista ed anche il governo repubblichino di Salò, così come sul piano economico si andarono a ripristinare i rapporti capitalistici di produzione e sfruttamento che quella che era stata anche una guerra di liberazione sociale avrebbe voluto abolire e sostituire con modelli di tipo autogestionario e collettivista.

Tale opera di normalizzazione e di disarmo di tutte quelle componenti politiche e sociali che avevano combattuto su posizioni di radicale opposizione al capitalismo e allo Stato sarebbe durata alcuni decenni e per conseguire tale obiettivo sarebbe stato usato ogni mezzo: dalla repressione poliziesca delle lotte operaie alle stragi di Stato, dalla convergenza d'interessi con la mafia alla distruzione del sindacalismo di classe, dalla manovalanza neofascista a strutture "parallele", dal controllo dei mezzi d'informazione al revisionismo storico nostrano.

Per questo quanti oggi, in clima elettorale, chiamano al fronte "antifascista" contro Berlusconi, Fini e Bossi fanno finta di non sapere che in Italia non c'è mai stata una reale de-fascistizzazione e che la vittoria della Destra, sul piano economico e su quello culturale, è avvenuta da tempo grazie proprio ad una sinistra riformista che, per paura di perdere le proprie posizioni di potere, si è resa garante della pacificazione nazionale e del controllo sul movimento operaio.

Questi anni di governo di centro-sinistra peraltro l'hanno confermato in modo inequivocabile con la guerra "umanitaria" e i bombardamenti contro la popolazione civile della Jugoslavia, una ripresa economica che marcia al ritmo di quattro morti sul lavoro al giorno, una gestione dell'ordine pubblico all'insegna del manganello, una politica dell'immigrazione che vanta l'espulsione di 170.000 "clandestini" (66.000 solo nel 2000) e la creazione di campi di concentramento che dovrebbero ripugnare ad ogni persona civile ed che invece sono rivendicati come parte fondamentale della legge Turco-Napolitano.

Detto questo però va smascherato e combattuto, così come è stato fatto in molte piazze in questo ultimo anno, anche il rinnovato attivismo di diversi settori fascisti che da un lato tornano aggressivamente allo scoperto sotto l'insegna della svastica e dall'altro, facendo proprie le parole d'ordine anti-globalizzazione, cercano di accreditarsi sulle scene sociali come antagonisti al "sistema".

Per questo rimandiamo al mittente le accuse di voler fare il "gioco delle destre"; nel nostro astensionismo sovversivo vi è la convinzione che a chiunque passerà in mano il gioco, soltanto una determinata resistenza sociale e una ritrovata autonomia di classe potranno ancora rovesciare il tavolo del potere con le sue carte truccate.

ANTI



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