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Da "Umanità Nova" n.14 del 15 aprile 2001

Nero, leggero, a tenuta stagna

"Nero, di dimensioni e peso contenuti, munito di un cinturino a prova di manomissione. Ecco il braccialetto elettronico anti-evasione dagli arresti domiciliari che il ministero dell'Interno mette a disposizione delle procure di cinque città. Il braccialetto elettronico viene fissato alla caviglia."
La Stampa, venerdì 6 aprile 2001

Per il quotidiano La Stampa il braccialetto elettronico anti-evasione è come un profumo, un gioiello, una bandana o un piercing: un oggetto di moda, da presentare come una delle tante trovate dello stilista di turno o espressione identitaria di un gruppo od associazione. Mostrato con tanto di foto a colori appare un articolo tra i tanti, non diverso da un orologio particolarmente sofisticato. Un oggetto normale. Da portare in casa mentre, prigionieri, si finge che la vita sia quella di tutti. Un oggetto civile che niente ha a che fare con le catene, con le divise carcerarie, con le sbarre alle finestre, con le guardie armate. Ed in effetti è proprio così: il braccialetto elettronico è l'emblema della normalità quotidiana del controllo, un controllo capillare che investe la giornata di ciascuno di noi. Di noi. Le persone "libere" di uscire ogni giorno di casa, di andare al lavoro o a zonzo, di salire su un autobus, di entrare in un negozio o in una biblioteca. Ogni nostro movimento è seguito, schedato, verificato. Se usiamo un telefono, la nostra telefonata resterà impressa nella carta elettronica, se acquistiamo un chilo di pane o un libro la banda magnetica sulla confezione ne manterrà la memoria, se passeggiamo in un parco una telecamera seguirà i nostri spostamenti.

Siamo, tutti, in libertà condizionata.

Maria Matteo



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