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Da "Umanità Nova" n.14 del 15 aprile 2001

Internet
Chiusa per legge?

Abbiamo già segnalato su queste pagine (Cfr. UN n.5 del 2001) la proposta di modifica alla legge sulla stampa che prevedeva l'equiparazione dei siti Internet che producono "informazione" ai periodici su carta ed oggi registriamo che tale possibilità è diventata, dal 4 aprile scorso, una realtà.

Il provvedimento in questione (L. 7 marzo 2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416") ridefinisce, nel suo primo articolo, cosa si debba intendere per "prodotto editoriale" aggiungendo, alle pubblicazioni stampate su carta quelle elettroniche: "Per "prodotto editoriale", ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici."

La legge poi stabilisce che: "Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall'articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948."

In altri termini da oggi per pubblicare notizie e informazioni sui siti web sarà necessario adempiere agli obblighi delle famigerate leggi fasciste sulla stampa.

Questo provvedimento è stato approvato in Commissione, vale a dire che non è stato discusso nelle Aule parlamentari, in quanto evidentemente ha ricevuto l'appoggio dei rappresentanti di tutti i partiti che hanno dimostrato, una volta in più, quanto siano pronti a chiudere la bocca ad ogni possibile fonte di dissidenza ed a mantenere intangibili i privilegi dei grossi potentati economici che producono disinformazione.

Ma la natura dell'informazione elettronica rende l'applicazione pratica di un provvedimento del genere non facile e sicuramente sorgeranno una serie di problemi, alcuni dei quali di non immediata soluzione.

Vediamone, brevemente, alcuni.

A chi si applica questa legge? È ovvio che le norme riguardano sicuramente tutte le versioni elettroniche dei periodici già esistenti su carta e quindi i siti web di quotidiani, settimanali e simili che normalmente si trovano in vendita nelle edicole. Ma la cosa si fa meno evidente se si pensa che su molti siti web vengono pubblicati piccoli spazi dedicati alle notizie senza che questo sia lo scopo principale del sito e che sono numerose le pagine web autogestite da singoli o gruppi che intendono fare informazione per non dover più subire le menzogne dei media di Stato.

Chi è lo "stampatore"? La legge sulla stampa individua la figura dello "stampatore" e gli attribuisce degli obblighi precisi mentre in Rete tale figura non esiste in quanto non ci sono rotative o tipografi ma solo computer e tecnici. Anche se si volesse considerare "stampatore" il gestore dei computer sui quali sono archiviate le pagine sorgerebbe il problema per quei siti che sono ospitati su computer situati in Papuasia e che non potrebbero essere costretti a rispettare la legislazione italiana.

La legge prevede l'obbligo di mettere sugli stampati "luogo e data della pubblicazione". Se per la data non ci sono problemi sorge invece il dubbio su quale sia il luogo dove viene "pubblicata" una pagina web. È la città dove fisicamente risiede il computer che la ospita o quella dove risiede chi l'ha preparata?

Le norme vigenti inoltre impongono l'invio di 4 copie di ogni pubblicazione alle Prefetture ed una alla Procura della Repubblica. Ma se tali uffici sono sprovvisti di un recapito di posta elettronica come sarà possibile far pervenire agli stessi i file delle pagine web? E, comunque, reggerebbero i loro sistemi informatici all'"assalto" elettronico di 4+1 copie per ogni pagina pubblicata?

In pratica, l'unico requisito facile da richiedere e da verificare è quello del Direttore Responsabile iscritto all'Albo, in questo caso appare ancora più chiaramente l'intento repressivo di tale provvedimento, volto esclusivamente a mettere in difficoltà tutto il settore delle autoproduzioni che non hanno dietro grossi interessi economici. La Legge non fa altro che allargare i meccanismi che rendono difficile alle piccole realtà la pubblicazione di periodici a stampa a tutti coloro che, con l'avvento della comunicazione elettronica, avevano trovato su Internet spazio e libertà di espressione.

Alcuni siti web hanno lanciato immediatamente una campagna di protesta per chiedere l'abrogazione del provvedimento o l'eccezione di incostituzionalità e si sta sviluppando un grosso dibattito in Rete, tra coloro che vogliono mantenere la comunicazione elettronica libera da queste leggi liberticide, su come opporsi a questo bavaglio. Al momento la situazione è ancora confusa, sicuramente anche a causa del periodo preelettorale, ma probabilmente - in tempi non troppo lunghi - molti nodi arriveranno al pettine.

Tra le prime reazioni del palazzo alla protesta montante si è distinto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dichiarando ad un quotidiano che la norma trova applicazione solo per le "imprese editoriali" e per coloro che diffondono informazioni con una "periodicità", il che, tradotto dal politichese, significa che il potere saprà bene come distinguere tra i siti web da colpire e quelli da lasciare in pace.

Il segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) ha invece dichiarato: "Finisce così, almeno in Italia, l'assurda anarchia che consente a chiunque di fare informazione online senza regole e senza controlli".

Più chiari di così...

Pepsy



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