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Da "Umanità Nova" n.15 del 29 aprile 2001

Misteri d'Italia
Boati nella notte

La sera dell'11 aprile, attorno alle 21 e 30, i vetri delle case tremano per 2-3 forti boati avvertiti in tutta la laguna veneta; i centralini telefonici di polizia, vigili del fuoco e redazioni sono tempestati dalle chiamate di centinaia di persone che pensano subito ad un terremoto, a qualche bomba di aereo esplosa in mare o all'ennesimo incidente al Petrolchimico di Marghera.

Comincia poi a girare la voce che si sia trattato del "bang" prodotto da qualche aereo militare che ha "rotto il muro del suono"; ma all'Aeroporto di Tessera si smentisce che i radar abbiano registrato qualcosa a riguardo.

"In tarda serata invece si è appreso che probabilmente due F16 avrebbero sorvolato a bassa quota il litorale, dirigendosi alla base friulana di Aviano e il boato potrebbe essere stato amplificato dal vento proveniente dal mare. I radar non li avrebbero segnalati in quanto volavano a bassa quota e ad alta velocità" (Il Gazzettino, 12. 4. '01).

Tale incredibile versione viene subito smentita.

A farlo è un ufficiale pilota del 51mo Stormo di Istrana che, seppure anonimamente, afferma cose ben precise: "Oltrepassare il muro del suono non si può fare dovunque. Ci si deve mantenere a quote prestabilite attorno ai 3000 metri e oltre. Sul mare talvolta ci si può anche abbassare, ma è possibile solo in alcune aeree aperte del Mediterraneo o nel Tirreno a moltissimi chilometri dalle coste (...). In questo periodo non è prevista alcuna supersonica in queste zone. Sia noi che i colleghi della base di Udine abbiamo in linea aerei subsonici quindi non in grado di misurare il muro del suono. Gli unici ad averlo potuto fare sono i Tornato di base a Cervia o gli aerei USA di Aviano. Inoltre, per un volo supersonico bisogna chiedere le autorizzazioni ed è un'operazione eseguibile solo se si è in ritardo su tabelle di marcia o per autodifesa. Non essendo in guerra, non sarebbe giustificabile." (La Nuova Venezia, 13. 4. '01).

Appare quindi fondato il sospetto che sia avvenuto qualcosa di eccezionale, quale un allarme motivato per esigenze di "autodifesa" estremamente serie; basti pensare che neanche durante il periodo dei continui voli di guerra contro Kosovo e Serbia si era registrato, a memoria d'uomo, un fatto simile.

Tali dubbi sono rafforzati dalla circostanza che i radar non avrebbero "visto" niente, evidentemente colpiti dalla sindrome di Ustica, ma si sono fatti inquietanti nell'apprendere la notizia diffusa da fonti militari riguardanti la caduta in volo di un AMX "Ghibli" dell'Aeronautica Italiana, precipitato la mattina del 12 aprile, al largo di Rimini.

Secondo quanto riportato dai giornali il velivolo del 32mo Stormo, con base ad Amendola (FG), sarebbe stato in volo di addestramento assieme ad un altro apparecchio e l'incidente sarebbe avvenuto durante un'operazione di rifornimento in volo ma "a quanto si è appreso, tuttavia, l'incidente che avrebbe portato la caduta del velivolo non sarebbe collegato alla esercitazione in corso" (Il Gazzettino, 13. 4. '01).

Secondo le stesse fonti, basate sulle dichiarazioni del colonnello Alberto Dordoni, comandante dell'aeroporto di Amendola, "era una missione come tante"; ma qualcosa non torna.

Strana l'operazione di rifornimento in volo; strano che a recuperare - morto - il pilota, già veterano delle azioni di guerra in Bosnia e Kosovo, sia stato un elicottero del Soccorso Aereo dell'Aeronautica già presente in zona anch'esso impegnato - guarda caso - in un'esercitazione; strana soprattutto la coincidenza che l'aereo militare sarebbe caduto a poche ore dagli strani "bang" nella laguna veneziana, ufficialmente attorno alle 11.

Cosa è realmente avvenuto durante la notte tra l'11 e il 12 aprile sui cieli dell'Adriatico? È una domanda inevitabile di fronte alle reticenze e alle incongruenze degli apparti militari che, per bocca del colonnello Dordoni, preparano una medaglia alla memoria del capitano-pilota Carrone, "sempre disponibile a eseguire qualsiasi attività fosse necessaria per il bene del Paese".

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