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Da "Umanità Nova" n.15 del 29 aprile 2001
inform@zione
Messina convegno contro il ponte
Si è svolto sabato 7 aprile presso la sala giunta del Comune di
Messina, il convegno regionale contro il ponte, organizzato dalla Federazione
Lavoratori Trasporti Uniti della CUB siciliana e da alcune forze politiche
(Rifondazione, Verdi), associazioni (comitato "Scilla e Cariddi", Legambiente)
con l'adesione di varie altre sigle, tra cui la Federazione Anarchica
Siciliana.
La data del convegno è venuta a cadere nella fase iniziale della
campagna elettorale, per cui si è rischiato che i partiti politici
presenti volgessero a fini votaioli un'iniziativa che invece di ben altro
respiro aveva bisogno. C'è voluta la determinazione dei compagni
dell'FLTU e della CUB per evitare che si avverasse la prevaricazione.
Di fronte ad un folto pubblico (oltre 150 persone), il compagno Mauro Milani,
coordinatore nazionale della FLTU-CUB, ha svolto la relazione introduttiva,
nella quale ha associato il progetto del Ponte a quelli dell'Alta
velocità, inserendoli nella stessa linea neoliberista che i ferrovieri
dei sindacati di base e molte altre forze sociali combattono. Costruire il
Ponte vuol dire non risolvere i problemi della mobilità nel Sud del
paese, ma accentuarli, trascurando il potenziamento delle reti
infrastrutturali, abbandonate a se stesse da decenni, favorendo la mafia ed i
grandi appaltatori, operando uno scempio ambientale senza precedenti nell'area
dello stretto. Tutti i temi ripresi dagli interventi successivi, come quelli
dei senatori Pettinato (Verdi) e Russo Spena (PRC), da Crupi (PRC Messina), e
dalla decina di intervenuti al dibattito; una discussione spesso surriscaldata
per i toni, ma che ha permesso di sviscerare i vari aspetti del problema, a
cominciare dal ruolo dell'informazione (Calarco, padrone della Gazzetta del
Sud, il maggiore quotidiano di Messina e della Calabria, è anche
presidente della società Stretto di Messina), la consistenza della
lobbby pontista, che ha visto in Rutelli un ultimo alleato, la funzione della
stessa chiesa siciliana, che fa passare a vari livelli l'idea della
necessità del ponte. Il miraggio occupazionale, il falso mito del
"progresso" e dell'avvicinamento della Sicilia all'Europa, cavalli di battaglia
dei fautori del ponte, sono posizioni contro cui bisogna reagire rispondendo
no ai ricatti istituzionali, che hanno fatto passare nel meridione le
peggiori scelte industrialiste e colonialiste, e smascherando il contenuto
della loro idea di "progresso", come messo bene in rilievo dall'intervento di
Pippo Gurrieri, nella sua qualità di coordinatore regionale della CUB,
che si è spinto fino a denunciare l'ideologia della velocità,
utilizzata per sventrare l'Italia con i progetti TAV e Ponte.
Ha concluso il convegno l'intervento di Alberto Ziparo, urbanista, che ha
rivendicato il "no ideologico" (tirato fuori da Rutelli per accusare gli
oppositori del ponte), e ha smontato le motivazioni tecniche poste a
giustificazione dell'assurda opera. Nello stesso Piano generale dei trasporti,
le previsioni per l'immediato futuro vedono puntare sul mare per le merci e
sull'aereo per i passeggeri, e il progetto del ponte viene scartato. L'ipotesi
di Ziparo è che la lobby pontista miri comunque ad accaparrarsi il
consistente bottino di qualche migliaio di miliardi per il progetto
esecutivo.
Presenti anche alcune realtà calabresi, si è deciso di allargare
la sfera delle iniziative fuori dall'area dello Stretto, per fare di questa
battaglia una battaglia per un'altra idea di sviluppo, egualitaria ed
antiliberista, che miri a rivalutare il ruolo del Sud nel Mediterraneo.
P. G.
Parma: la lotta per la casa continua
Lunedì 9 aprile presso l'unione industriali si è svolta
una "tavola rotonda" sul tema delle problematiche abitative.
Gli illustri relatori erano, i rappresentanti della triade sindacale, le
cooperative rosa, la confedilizia, e la signorina Guarneri assessore alle
politiche sociali del Comune di Parma la quale, dopo aver sbattuto in strada
donne incinte e bambini, ha avuto la faccia tosta di piagnucolare dicendo che
troppe donne non avevano ancora un tetto! bah sarà schizofrenia!
Lor signori avevano preparato il loro spettacolino prevedendo un finto
dibattito che mostrasse una finta opposizione sociale di alcuni alle logiche di
mercato e un pubblico plaudente e "proponente" fatto di loro scagnozzi.
Hanno previsto male: si sono trovati in sala una cinquantina di compagni e
compagne del comitato cittadino antirazzista che hanno di fatto monopolizzato
la sala e gli interventi. Ovviamente gli illustri relatori non sono stati in
grado di rispondere a nemmeno una delle osservazioni fattagli dai
"disturbatori" e hanno concluso la loro farsetta andandosene con la scorta
dell'immancabile digos e con la coda fra le gambe.
Concludo dando la mia solidarietà umana ai poveri industrialetti ai
quali sarà dato un colpo nel vedere la loro sala littoria piena di
striscioni e volantini portati dai "malfattori sovversivi" e il loro
spettacolaccio interrotto dalla irruzione dei problemi reali quali sono la
mancanza di soluzioni abitative decenti e il non diritto di molti migranti ad
esistere in quanto "clandestini".
Il comitato cittadino antirazzista di Parma
Condannato Belal Hossein
Ieri il tribunale di Trieste ha condannato Belal Hossain (Belal è
un immigrato di Venezia, rappresentante RSU alla Fincantieri, accusato di
"traffico di clandestini a scopo di lucro", NdR) a due anni di reclusione senza
i benefici condizionali che sconterà agli arresti domiciliari con la
possibilità di recarsi al lavoro. Si è giunti a questa condanna
nonostante che la completa estraneità di Belal ai trafficanti di uomini
sia stata riconosciuta anche durante l'udienza processuale.
L'unica colpa di Belal è di essere un immigrato impegnato nel posto di
lavoro e nel sociale, nel sindacato e nell'associazionismo solidale; un
immigrato che non ha mai dimenticato chi, tra i suoi connazionali, subisce le
perverse conseguenze di una legislazione sull'immigrazione che impone la
clandestinità coatta e la marginalità.
Della sua condotta fanno fede le migliaia di attestati di solidarietà
che gli sono pervenuti da quando è iniziata questa contorta vicenda, tra
i quali spiccano quelli dei suoi colleghi di lavoro degli appalti
Fincantieri.
A Belal il nostro abbraccio solidale, siamo con lui oggi dopo la condanna,
saremo con lui a sostenerlo nel prossimo appello e dopo finché non
tornerà un uomo libero come merita.
Rete antirazzista/Venezia
Chiuso il Vulpitta, sotto processo l'ex prefetto
Lunedì 9 Aprile è stato nuovamente chiuso il lager per
immigrati "S. Vulpitta" di Trapani nel quale morirono nella notte tra il 28 e
il 29 Dicembre 1999 sei ragazzi in seguito a un incendio divampato in una delle
camerate. La chiusura è stata ufficialmente disposta per avviare dei
lavori di ristrutturazione per la creazione di un centro di ascolto, un luogo
per la preghiera, una sala medicazioni (!) e una per la lettura.
Gli immigrati che erano lì rinchiusi fino a quel momento (circa
cinquanta) sono stati in parte trasferiti negli altri CPT dell'isola
(Caltanissetta e Agrigento), il resto prontamente espulsi. In contemporanea al
provvedimento di chiusura, è importante segnalare la notizia del rinvio
a giudizio dell'ex prefetto di Trapani (attualmente in servizio a Vercelli,
NdR) Leonardo Cerenzìa, che dovrà rispondere il prossimo 6 Luglio
dei reati di omicidio colposo plurimo, lesioni personali colpose, omissione
d'atti d'ufficio e omissioni colpose di cautela.
Al rinvio a giudizio, che può essere considerato al momento il
più eclatante dei risultati ottenuti dalla campagna di "verità e
giustizia" promossa dai coordinamenti antirazzisti siciliani dopo la prima
chiusura del CPT nel Luglio scorso e dopo l'inserimento del nome dell'allora
prefetto nel registro degli indagati, fanno da contraltare le dichiarazioni
dell'avvocato difensore di Cerenzìa, Francesco Crescimanno: "L'indagine
dibattimentale non potrà che dimostrare la totale estraneità del
prefetto ai fatti che gli vengono contestati. E' accertato che vi fu una
vigilanza a vista ad opera della polizia e che quindi l'inizio dell'incendio
non potè che essere immediatamente notato dalle forze dell'ordine che
avrebbero dovuto intervenire con la massima celerità, consentendo agli
extracomunitari di abbandonare i locali nei quali era stato appiccato
l'incendio. E questo li avrebbe salvati".
È chiaro che il Crescimanno fa' il suo lavoro, ma francamente, questo
scaricabarile delle responsabilità giocato sulla pelle di chi al
"Vulpitta" c'è morto, ci disgusta davvero.
Forse l'avvocato non ricorda (o fa' finta di non ricordare) che nel CPT non
furono mai approntate le misure di protezione, non furono mai chiesti al
comando dei Vigili del fuoco quali interventi andavano effettuati prima
dell'apertura del Centro, né furono predisposte le misure antincendio.
Le responsabilità istituzionali di una così cattiva gestione
vanno rilevate così come devono essere denunciate tutte le negligenze
che, a ogni livello, hanno fatto in modo che quel tentativo di fuga si
trasformasse in un massacro.
Non servirà certo una nuova biblioteca o un nuovo campetto di calcio o
qualsiasi altro ipocrita tentativo di "umanizzare" i Centri di Permanenza
Temporanea per cancellare ciò che il "Vulpitta" con il suo carico di
dolore e morti rappresenta nella realtà.
Nel frattempo noi continueremo la lotta contro ogni tentativo di limitare la
libertà di circolazione degli individui, per ottenere una chiusura
definitiva del "Vulpitta" così come di tutti i CPT in Sicilia.
T.A.Z. laboratorio di comunicazione libertaria
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