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Da "Umanità Nova" n.16 del 6 maggio 2001
Licenza di caccia
L'Area di Libero Scambio delle Americhe
Il Free Trade Area of Americas (FTAA), ossia l'Area di
Libero Scambio (o Commercio) delle Americhe, consiste nell'estensione delle
politiche previste dall'accordo del Nafta del 1 gennaio 1994 - lo stesso giorno
dell'insurrezione zapatista - a tutto il continente americano, in modo da
costituire un immenso mercato intercontinentale in cui asservire 800 milioni e
passa di individui, riportando l'America, quanto a popolazioni economicamente e
politicamente assoggettate, al primo posto per ora insidiato dal prossimo
allargamento dell'Unione Europea che minaccia di costruire un mercato unico per
oltre mezzo miliardo di persone.
Scusate la brutalità con cui riduco gli esseri umani a mere cifre
numeriche, ma questa è la globalizzazione competitiva.
Il processo di perseguimento del Ftaa, iniziato nello stesso 1994 (dicembre) e
proseguito nell'aprile 1998 in Cile, dovrebbe arrivare a compimento nel 2005,
nella più assoluta opacità quanto al testo dell'Accordo che gli
oltre trenta governi del continente americano (nord, centro e sud) dovrebbero
firmare. Come è costume della democrazia degli affari, la trasparenza
delle procedure funziona solo sporadicamente se qualcuno fa la spia, come
è successo a Parigi nel 1998 quando dall'Ocse trapelò la bozza
dell'AMI, dissoltosi appena pubblicizzato.
L'AMI verrebbe ripescato forse a novembre, quando il Wto terrà il suo
vertice post-Seattle nel Qatar, e probabilmente alcune sue disposizioni sono
contenute nella bozza del Ftaa, prolungando quelle esistenti nel Nafta che
già consentono a imprese di citare per danni d'impresa (nelle
aspettative di profitto, cioè) governi ed enti locali: ad esempio la
società canadese di imprese funerarie Loewen ha costretto il governo
americano a sborsare 750 milioni di dollari per un danno accertato nello stato
del Mississippi, mentre la società americana Ethyl ha ottenuto
legalmente 13 milioni di dollari dal Canada per la proibizione di additivi
chimici dannosi per la salute e per l'ambiente (nel caso in questione l'MMT)
che il governo aveva vietato ma che gli accordi del Nafta - in sintonia con il
Trattato del WTO - considerano illeciti perché costituenti
discriminazione commerciale.
La riduzione del mondo in merce, in scambi monetizzabili, in procedure
oggettivate in cose resesi autonome dalle persone (Hegel le chiamava
reificazioni) è la cifra saliente del Ftaa, i cui punti operativi
allargherebbero la competizione al ribasso, già incalzante tra Canada,
Usa e Messico relativamente al Nafta, all'intero centro - e sudamerica. Se
già oggi, al confine tra Usa e Messico, dal 1994 otto milioni di
messicani sono retrocessi dal ceto medio a quello gravato dalla cruda miseria,
se un milione di lavoratori nelle maquiladoras anelano un salario al minimo
standard di 6-7mila lire giornaliere perché gliene danno di meno, se
sempre in quel maledetto confine 44 tonnellate di rifiuti pericolosamente
inquinanti hanno fatto accrescere del 36% le nascite di neonati con
malformazioni cerebrali, immaginiamo cosa possiamo registrare se la concorrenza
al ribasso tra aree depresse si estenderà alle favelas brasiliane, alle
megalopoli centroamericane, ai piani di ristrutturazione dei vari paesi
dollarizzati (Ecuador, Argentina) foraggiati dai miliardi di cooptazione
veicolati dal Fmi e dalla Banca mondiale.
Inoltre, in linea con gli accordi in via di discussione in sede Wto, anche il
Ftaa prevede liberalizzazioni nel settore dei servizi sociali e un tempo
pubblici (ossia statali), compresi la sfera dell'istruzione, sanitaria,
ambientale (l'accesso all'acqua innanzitutto) e via continuando. La dimensione
scalare renderebbe impraticabile dal punto di vista del raggiungimento di alti
profitti al fornitura di alcuni di questi servizi essenziali alla vita in vaste
aree di grandi paesi, già depressi quanto a sviluppo e benessere estorto
dalle transnational corporations. Comunque, non è colpa loro se i poveri
non hanno soldi per frequentare Harvard e curarsi con l'AZT: mal che vada,
cioè se sopravvivono, camperanno male e analfabeti, senza grilli per la
testa, e con qualche sfogo passionale come la colla da inalare e qualche
demagogo populista da acclamare o rovesciare (quando inutile e spremuto) di
tanto in tanto.
Contro tutto questo condensato di terrore e di violenza, agitato e sbattuto in
faccia agli indios, notoriamente di razza inferiore all'uomo bianco o meticcio,
in faccia ai poveri meninos de rua, del resto massacrati per molto meno del
disturbo potenziale al manovratore di turno quando e, soprattutto, se saranno
sufficientemente grandi da potersi rivoltare contro un cinico governo che
sottrae l'infanzia, contro tutto questo, difeso dai mattoni che un tempo sono
serviti a erigere il muro di Berlino, ricostruito a Quebec come in ogni luogo
in cui i potenti si trincerano dietro la cittadella assediata, qualche vetrina
rotta fa vomitare i media internazionali e nazionali al ritorno della violenza
di massa e del terrorismo lottarmatista!
È evidente che le lotte antiglobalizzazione non potranno esaurirsi
nell'inseguimento dei vertici dei potenti, che andrebbero perseguitati
quotidianamente sin dentro i loro cessi, nei loro "unici" momenti di
fragilità, così come non sarà la quantità di
vetrine rotte o di amministratori delegati malmenati a far retrocedere un
pianeta immesso su un percorso fuori controllo. Solo un ampio movimento di
pratiche di resistenza e di alternative quotidiane ai commerci pazzi,
all'alimentazione nociva, alla concentrazione di poteri, all'opacità dei
processi decisionali, all'industria di morte in tempo di guerra e di pace (come
chiamano lo sterminio per povertà o per malattie curabili) potrà
arrestare un corso non certo ineluttabile né irreversibile aprendo lo
spiraglio per una civiltà libertaria in cui l'uomo non sia... pecora per
il proprio carnefice di turno.
Salvo Vaccaro
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