Da "Umanità Nova" n.17 del 13 maggio 2001
Elezioni del 13 maggio
Voto a perdere
Alla fine forse la novità più consistente della prossima tornata
di votazioni sarà stata l'introduzione della "tessera elettorale", una
sorta di raccogli-bollini che ricorda molto quelli delle raccolte a punti di
benzinai e supermercati. Il livello di confusione e di ignoranza caratteristico
della macchina statale è riuscito questa volta a superare se stesso in
quanto, appena qualche settimana dopo la distribuzione di detta tessera, il
Garante della privacy ha dichiarato che la stessa viola apertamente la legge.
Negli ultimi anni tutte le componenti politiche hanno caricato sempre
più le elezioni di significati epocali presentandole ogni volta come dei
"punti di svolta", più o meno definitivi, per lo sviluppo sociale ed
economico del paese.
La ragione di questa tendenza a "drammatizzare" è duplice: da una parte
si pensa di tamponare anche con un richiamo di tipo "emotivo" la continua
emorragia dell'astensionismo e dall'altra la polarizzazione degli schieramenti
necessita di continui ricompattamenti propagandistici che mettano in secondo
piano le differenze esistenti fra i vari partiti.
Soprattutto a "sinistra", sono sempre più coloro che si affannano
(inutilmente) a rincorrere degli elettori sempre più orientati verso una
scelta astensionista. Avendo ormai perduto qualsiasi residua possibilità
di fornire delle motivazioni concrete per recarsi alle urne, possono solo
ricorrere, per l'ennesima volta, agli spauracchi ormai consumati del pericolo
costituito dalla vittoria della "destra". In questa loro corsa arrivano persino
a riscoprire, strumentalmente, la ricorrenza del 25 aprile, da anni diventata
una data svuotata di qualsiasi significato che non fosse meramente celebrativo,
proprio da coloro che dicevano di richiamarsi all'antifascismo.
Tramontata l'epoca del voto di scambio e quella del voto ideologico ci si
avvia, a lunghi passi, verso il voto del "meno peggio", ennesima variazione sul
tema del classico "turarsi il naso" di montanelliana memoria. In questo
contesto non meraviglia che sia Berlusconi che Bobbio abbiano dichiarato, negli
ultimi tempi, che votare per il proprio schieramento è un "dovere
morale".
Ma solo questa pantomima non basterebbe certo a diminuire la schiera dei delusi
dal voto, che compongono la maggioranza dei potenziali nuovi astensionisti, ed
allora - come da manuale - si tenta anche la carta della "brillante" operazione
antiterrorismo buona per essere strumentalizzata da entrambi gli
schieramenti.
Intanto, nel paese "reale", le cose procedono lungo le linee tracciate dai
potentati economici: nei luoghi di lavoro, un lavoro sempre più precario
e flessibile, continuano ad aumentare gli infortuni e lo sfruttamento, i
già pochi servizi sociali peggiorano quotidianamente e la repressione
più brutale, come chiaramente mostrato a Napoli, si accanisce contro
chiunque provi a contestare l'ordine vigente.
Fatti del genere difficilmente entrano nelle tribune elettorali e raramente
sono oggetto di dibattito o di scontro politico. In campagna elettorale
l'interesse viene dirottato preferibilmente sulla storia appassionante delle
"liste civetta", sulle ricadute dell'accordo della "Fiamma" di Rauti con la
"Casa delle Libertà", sulla data per lo svolgimento del "referendum per
la devolution" e sulle percentuali fornite degli ultimissimi e immancabili
sondaggi pre-elettorali.
Il voto, nonostante la propaganda fatta da tutti, è sempre meno
presentabile come strumento per il mutamento sociale e si mostra sempre
più come un mero rituale che è possibile trattare alla stregua di
una raccolta punti. Ci manca solo il premio per chi completa la scheda.
Quello del 13 maggio è un voto a perdere, e questa campagna elettorale
l'ennesima dimostrazione che i cambiamenti reali possono avvenire solo in
luoghi diversi e sicuramente meno comodi dei seggi elettorali e dei parlamenti,
una ulteriore motivazione per la riconferma dell'astensionismo e per lo
sviluppo della lotta sociale.
Pepsy
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