unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.17 del 13 maggio 2001

Una storia italiana
L'Uomo della Provvidenza in 125 spot

Megalomane, vanitoso, vanesio, esagerato, stucchevole, ridondante, esaltato, patacca, pataccaro, patacchetto, cambialaro, magliaro, taroccato, sciroccato, cadavere imbalsamato, paterno, materno, fraterno, filiale, sororale, mister, trainer, starring-partner, lascivo, marito, amato, amante, sognante, delirante, rassicurante, ammiccante, statista, podista, fiorista... e geniale impunito. Eccolo qua, finalmente, il futuro capo del governo, eccolo il grande statista che per i prossimi cinque anni (temiamo) disporrà dei nostri e degli italici destini e che farà dell'Italia un'azienda con due attributi così! Eccolo il nostro futuro padrone delle ferriere pronto a governarci, appunto, come in un'azienda: licenziandoci, assumendoci, concedendoci le ferie, elargendoci la mensa e... dandoci il benservito.

Sono tra i dodici milioni di italiani che hanno avuto la fortuna di ricevere Il Libro e subito, senza seguire i consigli de "Il Manifesto", ho deciso di tenermelo e sfogliarlo pagina per pagina. E, credetemi, non è stato tempo perso, perché quei centoventicinque fogli patinati ridondanti del berlusconi-pensiero sono un insostituibile e fantasmagorico strumento in grado di farci presagire il futuro che ci aspetta. E cominciare a rassegnarci.

Solo pochi giorni orsono, sul "Corriere della Sera", un prestigioso editorialista manifestava tutto il suo sdegno per i frequenti parallelismi, ipotizzati da più parti, tra le vicende di Berlusconi e quelle del magnate tailandese recentemente diventato capo del governo in virtù della sua chiacchierata fortuna economica. Nonostante le numerose ed evidenti coincidenze, l'editorialista si chiedeva come fosse possibile azzardarsi ad accostare la situazione di un paese "arretrato" come la Tailandia a quella dell'Italia, patria del diritto, fucina della cultura occidentale e maestra di democrazia avanzata. Ma andiamo, che diamine, mica saremo un paese sottosviluppato o una repubblica delle banane come quel lontano paese asiatico? E in effetti il giornalista del "Corriere" ha perfettamente ragione, perché la Tailandia non è l'Italia (si è mai visto un italiano con gli occhi a mandorla?) e Berlusconi non è come il magnate tailandese. È peggio! E nel timore che ciò non fosse ancora abbastanza evidente, ecco che Una storia italiana ce lo dimostra chiaramente, e con grande dovizia di particolari. E soprattutto di immagini.

Maestro e inventore delle televendite taroccate, con le quali ha imperversato per decenni sui teleschermi italiani in compagnia di quel mirabile burattino che è Mike Bongiorno (non a caso immortalato insieme a lui a pag. 56) l'uomo di Segrate ci propone l'acquisto, in questa ora fatale, del suo prodotto migliore, del gioiello della sua scuderia, di ciò che più ama e più stima, vale a dire di se stesso. Il "libro", straordinariamente irreale nella sua evidentissima artificiosità, e proprio per questo efficace, consiste in una sequela ininterrotta di immagini (più di centocinquanta) doppiopettate e corredate dell'insopportabile sorrisetto che ci accompagna ovunque, a fianco delle quali si inseriscono brevi pezzi editoriali che ricostruiscono i tratti salienti della vita privata e della esaltante "carriera" pubblica del soggetto. Il bravo figliolo, il bravo padre e marito (ma non della prima moglie), l'amico fedele (ma non di Previti) e riconoscente (ma non verso Craxi) è anche il preveggente affarista, l'ottimo imprenditore, il sagace politico inviato dalla divina provvidenza, come il suo famoso predecessore, a salvare l'Italia dal pericolo comunista. E a far vincere qualche altro scudetto al Milan.

Non manca proprio nulla in questa Storia italiana! O meglio, qualcosa sì che manca: la pubblicità. È davvero significativo che i dipendenti di Forza Italia, vale a dire del partito di Carosello, che hanno curato l'edizione del libro, abbiano deciso di non inserire in questo mega spot neppure una riga di pubblicità commerciale, evitando così di agevolare qualsiasi involontario paragone. Non c'è riga, infatti, non c'è pagina, non c'è foto in questo libercolo che non trasudi falsità e doppiezza, artifizio e mistificazione. Non si poteva davvero fare nulla di più per rendere così minuziosamente i particolari di un'esperienza caratterizzata, fin dai suoi inizi, dall'uso spregiudicato e indiscriminato della menzogna e dell'egoismo (ve lo ricordate il Berlusconi contadino all'età di sei anni?). La menzogna per nascondere l'inconfessabile, l'egoismo per ottenere l'impossibile. La prima mascherata dalla sindrome del complotto, il secondo nascosto dietro una esagerata bonomia e affabilità. La prima utilizzata per convincere, il secondo usato come un ariete fatto di soldi e prepotenza.

Sono perfettamente consapevole che la vittoria dell'Ulivo sul Polo o quella del Polo sull'Ulivo non comporteranno cambiamenti sostanziali nelle linee direttrici imposte da quei poteri forti, nazionali e internazionali, che effettivamente governano il nostro paese. Di tutte le sfighe che ci attendono, però, forse la meno sopportabile sarà proprio quella di avere sempre più davanti agli occhi l'immagine di quest'uomo. Eternamente e bonariamente sorridente. Potremmo anche sopportare le leggi e il governo, gli intrallazzi più o meno legali, le truffe, le cambialate, le invenzioni per evadere le tasse architettate da quel governo di cui sarà il premier (Berlusconi è talmente geniale che potrebbe truffare anche se stesso), ma il suo sorriso, per carità, no, il suo eterno, melenso e sordido sorriso proprio no! Del resto, chi la fa l'aspetti: auguriamoci che non sia "una risata che ci seppellirà!".

Massimo Ortalli



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