![]() Da "Umanità Nova" n.18 del 20 maggio 2001 Tempi buiIl secolo è davvero finito. I tempi della nostra storia umana non seguono i ritmi delle stagioni o quelli dei calendari, non sono scanditi da orologi o meridiane ma si misurano sull'onda lunga della memoria, dell'identità, del progetto che travalica il presente. Quando memoria, identità e progetti si infrangono allora un'epoca si chiude. In molti, in queste ore convulse, seguite alla vittoria elettorale di quell'ossimoro politico della Casa delle Libertà, si affannano a rintracciare i diversi perché della sconfitta dell'Ulivo. C'è chi pone l'accento sul sistema elettorale e sulle divisioni della "sinistra", chi preferisce mettere in rilievo il ruolo dei media, chi si ingegna in complessi e risibili calcoli sui se e sui ma, chi, come il saggio ometto di Vauro, mostra onestamente i segni della solenne batosta. Si tratta di approcci spesso interessanti, non di rado seri, che tuttavia si guardano bene dall'affrontare i veri nodi che questa tornata elettorale pone crudamente allo scoperto. Nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino, si aprì una stagione che pareva traslare rapidamente i vecchi partiti comunisti, ad occidente come ad oriente, verso i quieti lidi della tradizione socialista e democratica europea. Un passaggio complesso ma inevitabile che, nel nostro paese, avvenne mentre infuriava la bufera di tangentopoli che cancellò dalla scena il PSI ed il PSDI, i partiti che affondavano le proprie radici nell'humus socialista e democratico. In quella bufera si scompaginò, divise e ricompose in altre vesti anche la Democrazia Cristiana, il partito-governo che aveva segnato tutto il quarantennio postbellico. Ne nacque il Partito-azienda, costruito ad immagine e somiglianza del padrone, che mattone su mattone, spot su spot, ha modificato in modo radicale il modo di intendere l'agire politico. Il trapasso da una dimensione ideologica dello scontro politico ad una estetica, anticipato del decennio craxiano, avviene senza troppi traumi. L'azione politica si sposta negli studi televisivi, trasformandosi in strategia di marketing; i programmi e gli schieramenti ideali cedono il passo allo spettacolo. Lo scandalo morale che alcuni settori dell'intellighenzia di sinistra hanno cercato di sollevare si è infranto di fronte allo speculare, seppur più timido, percorso seguito dai partiti che daranno vita alla compagine ulivista. Una compagine che, salita fortunosamente al governo, anziché perseguire un programma di riforme sociali, si lancia a capofitto all'inseguimento della destra. Più realisti del re, gli esponenti del governo di centro-sinistra realizzano politiche sociali e economiche che si meritano in più di un'occasione il plauso ed il sostegno delle organizzazioni padronali, dei razzisti, dei militaristi e della chiesa cattolica. Sino a quest'ultima campagna elettorale, dove i due schieramenti, indistinti ed indistinguibili, hanno giocato tutto sull'immagine del candidato premier. Cicciobello e il Cavaliere si sono affrontati a colpi di slogan, distanti dalla vita concreta delle persone tanto quanto le famigliole delle pubblicità delle merendine e dei detersivi. Mentre correvano gli spot elettorali, in parlamento, nel silenzio generale e con il voto di tutti gli schieramenti veniva cancellato il gratuito patrocinio per le cause di lavoro e previdenza; a pochi giorni dal voto, con la sola "astensione" del PRC, veniva estesa la carcerazione preventiva a due anni. Libertà e diritti strappati con le lotte sono stati spazzati via da TUTTO il parlamento, da destra e da sinistra. La successiva vittoria elettorale delle destre non è che la logica conseguenza di cinque anni di governo ulivista: chi è andato alle urne ha preferito l'originale alla brutta, bruttissima copia rappresentata dalla sinistra di governo. Una sinistra sulla quale, dalle pagine del Manifesto e di Repubblica, piangono in molti, dimentichi che la sconfitta vera si era da molto tempo consumata ben lungi dalle urne. La sinistra del taglio delle pensioni, del finanziamento della scuola confessionale, dei lager per immigrati, dei bombardamenti "umanitari" in ex Jugoslavia ha ormai da tempo smarrito memoria, identità e progetto. L'estinguersi della tradizione del socialismo democratico, della quale siamo stati e restiamo avversari, si è consumata in un'epoca che, significativamente si apre con Craxi e si chiude con Amato. Poco ci importa il cambio di poltrone al governo, poco ci importa chi sarà primo ministro, ma sappiamo che la destra che governerà l'Italia nei prossimi cinque anni è autoritaria, cialtrona, volgare: è una destra che ci rimanda agli anni più oscuri del secolo appena trascorso. Saranno tempi bui per noi tutti ma soprattutto per i più deboli, per gli immigrati, per le donne, per i laici. La strada che ci attende è tutta in salita, ma molti, tra coloro che hanno visto chiudersi un'epoca, possono divenire nostri compagni di lotta. Le idee di libertà, uguaglianza, solidarietà sono ancora ben vive nel DNA dei tanti che hanno assistito al fallimento ed alla dissoluzione della sinistra autoritaria e di quella democratica. Il nostro compito è quello di sempre: essere nelle piazze, nelle scuole, nei luoghi di lavoro per promuovere autorganizzazione e autogestione, perché sempre più cresca il numero di coloro che disertano le urne puntando sull'autogoverno. Maria Matteo
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