Da "Umanità Nova" n.18 del 20 maggio 2001
A volte ritornano
Moriremo democristiani?
Negli ultimi mesi è stato rilevato da più parti che la campagna
elettorale ha mostrato tutta la miseria della politica parlamentare e che lo
scontro tra le parti non si è svolto sui programmi ma ha vista
un'eccessiva personalizzazione (Berlusconi si, Berlusconi no, Berlusconi boh).
Come spesso capita, in considerazioni del genere c'è del vero ma si deve
evitare un'attitudine nostalgica verso gli scontri politici del passato che, in
quanto a mediocrità, erano tutt'altro che disprezzabili.
Se oggi abbiamo Dell'Utri in passato avevamo Gava così come Mastella
è l'erede del mai troppo lodato Fiorentino Sullo e chi, come me, per il
triste privilegio dell'età ricorda le campagne elettorali di decenni
addietro può garantire che discorsi ed individui demenziali non sono mai
mancati.
Gli stessi risultati elettorali paiono, ad una lettura non troppo superficiale,
tutt'altro che sconvolgenti. Il centro destra conferma, con limitati
spostamenti, i risultati del '94, quando ancora c'era la DC, e del '96, quando
Polo e Lega presentandosi separati consegnarono il governo all'Ulivo pur avendo
la maggioranza dei voti. Il centro sinistra perde le elezioni pur avendo
recuperato una fetta di elettorato per il mancato accordo sulla desistenza con
il PRC e per la concorrenza della Lista Di Pietro.
In altri termini, il risultato elettorale è più il prodotto di
assestamenti interni al sistema elettorale che di spostamenti significativi
dell'orientamento degli elettori stessi.
È, casomai, interessante valutare quanto avviene, da questo punto di
vista, all'interno dei due schieramenti:
Il centro destra vede una cannibalizzazione delle forze minori ad opera di
Forza Italia, avvantaggiata dal fatto che tutta la campagna elettorale è
stata condotta nel nome di Berlusconi. Gli azzurri si avvicinano al 30% dei
voti mentre AN perde il 3% dei consensi e il Biancofiore e la Lega non
raggiungono il 4% dei consensi.
Il centro sinistra vede un calo secco del peso dei DS, il successo della
Margherita, che si avvantaggia del ruolo di Rutelli, e lo squagliamento dei
partiti bonsai. La Margherita non è, però, a differenza di Forza
Italia un partito ma si tratta di un cartello di quattro partiti e nulla
garantisce che questa coalizione tenga. I DS continuano a pagare prezzo
all'alleanza con settori di centro e con partiti minori, a cedere collegi e
cariche e sembrano destinati ad una crisi decisamente grave. Alcune scelte dei
DS stessi (Veltroni candidato sindaco a Roma, D'Alema deputato di Gallipoli
sembrano pensate nella prospettiva dell'opposizione e dell'arroccamento
conseguente).
La deriva dominante sembra liquidare per sempre, ammesso che in politica esista
il sempre, la prospettiva di dare vita ad un terzo polo di taglio
democristiano. Sergio D'Antoni e Giulio Andreotti smentiscono la fama,
conquistata in decenni, di abili manovratori e dovranno, o almeno lo
dovrà fare D'Antoni, ripensare il proprio ruolo.
Nei fatti avviene un fatto interessante: se sommiamo i voti di Forza Italia,
quelli del Bianco Fiore, quelli di Democrazia Europea a quelli della
Margherita, scopriamo che le forze di derivazione democristiana accumulano
oltre il 50% dei voti. Certo, si tratta spesso di strani democristiani ma non
si può pretendere che i democristiani del terzo millennio siano simili
ai loro antenati circondati dal loro tradizionale lezzo di sacrestia.
Se, come sembra assolutamente probabile, il governo della destra reggerà
non dovremo sottovalutare questo dato. La Forza Italia attuale è solo
parzialmente il partito azienda del 1994, è parte del PPE, ha fatto il
pieno di apparatnick democristiani ed è in grado di controllare le
tensioni sociali meglio di quanto abbia fatto allora.
Inoltre, può giovarsi del fatto che parte significativa del suo
programma del 1994 è stato realizzato da centro sinistra e, di
conseguenza, non si troverà, a meno di scivoloni clamorosi, a gestire
situazioni analoghe al taglio delle pensioni dell'autunno 1994. Se, infine, si
considera che la Lega Nord è ridotta ai minimi storici e che AN è
costretta ad essere affidabile, si deve ipotizzare che cinque anni di governo
del centro destra sono assolutamente probabili.
Come reagirà la sinistra è difficile da prevedersi ora. È
probabile, e già abbiamo visto alcune prove tecniche di opposizione, che
i sindacati di stato o, almeno quelli che non transumeranno, si facciano
più vivaci come è ragionevole supporre che il padronato e la
chiesa cattolica passeranno all'incasso nella casa della libertà per
quanto riguarda il diritto del lavoro e la scuola pubblica. Insomma, lo
scenario nei prossimi mesi e la situazione si farà complessa.
Sarà bene ricordare che:
Nonostante alcuni strombazzamenti, non vi è stato un significativo
ritorno alle urne ed anzi, il relazione al 1996, gli elettori sono diminuiti;
Dall'astensione al conflitto sociale il passaggio non è né
diretto né lineare ma resta vero che la destra, come la sinistra, vedono
ridursi i margini di consenso;
Alcune probabili o, per meglio dire, certe misure della destra provocheranno
una ripresa di conflitti interessanti;
In questi conflitti, la sinistra statalista cercherà di recuperare
spazio e consenso. Non è questa una prospettiva della quale stupirsi o
scandalizzarsi. Si tratta, invece, di cogliere le occasioni che si porranno nei
prossimi mesi lavorando sulle contraddizioni che già ora si
manifestano.
Cosimo Scarinzi
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