Da "Umanità Nova" n.18 del 20 maggio 2001
Spaghetti western
Al lupo! Al lupo!
Negli ultimi tempi stiamo assistendo a una serie di allarmi sui rischi legati
all'uso della tecnologia che fa pensare.
Le notizie sugli "spaghetti radioattivi", sui pesticidi nelle fragole, sulla
clonazione umana arrivano infatti da settori tradizionalmente privi di
qualsiasi sensibilità ambientale e sociale e che sembrano essersi
svegliati tutti insieme.
Che ci sia una tendenza al catastrofismo ed all'enfatizzazione nel mondo
dell'informazione è cosa nota: nessuno comprerebbe un giornale che
titolasse, su otto colonne, "non è successo niente".
Questo però, anche se accompagnato all'ipersensibilità collettiva
ai problemi alimentari che è seguita a "mucca pazza", non basta a
spiegare cosa sta accadendo.
È istruttivo, a tal fine, vedere la storia dell'ultimo caso in ordine di
tempo: quello dei cosiddetti "spaghetti radioattivi".
La storia di questa notizia comincia a Vienna, nel dicembre 2000, con la
pubblicazione di una relazione sulle piante sottoposte a radiazioni.
Sarà probabilmente una sorpresa per molti sapere chi siano gli autori
della relazione: è stata scritta dalla divisione dell'Agenzia
Internazionale per l'Energia Atomica che si occupa dell'uso della tecnologia
nucleare nel cibo ed in agricoltura, e dal laboratorio della stessa agenzia che
si occupa di agricoltura e biotecnologie.
Sorprendenti sono anche le finalità di questo rapporto: serve a
dimostrare la non pericolosità dell'irraggiamento nucleare nella
creazione di nuove specie vegetali.
Sostanzialmente il rapporto dice: sono più di 70 anni che vengono
irradiate le piante per crearne nuove varietà, ci sono più di
2252 nuove specie vegetali ottenute con questo metodo, molte di queste specie
sono comunemente usate per l'alimentazione umana, ecco dimostrato che
l'esposizione alle radiazioni non solo non ha controindicazioni, ma è
addirittura benefica perché consente lo sviluppo di nuove specie
più rispondenti alle esigenze dei coltivatori. Per dimostrare la
validità dello studio hanno poi riportato un allegato con indicate tutte
le specie vegetali ottenute, il metodo di irraggiamento (principalmente raggi
X, gamma e neutroni veloci), i paesi in cui si sono fatti questi esperimenti
(Cina, India, ex-URSS, Olanda, USA, Germanie e Giappone, nell'ordine, i
principali paesi sui 60 in cui ci sono stati questo tipo di esperimenti).
Questo rapporto, non dissimile dai tantissimi prodotti dallo stesso ente per
dimostrare che il "nucleare fa bene", non ha neanche causato un minimo di
dibattito da parte degli addetti ai lavori.
La contestazione principale che si può fare ad un documento del genere
è, infatti, la scarsa serietà da un punto di vista scientifico.
Questo rapporto si è limitato a raccogliere i vari articoli comparsi in
passato sulle riviste scientifiche dei vari paesi sugli esperimenti condotti in
questo modo e, oltretutto, non dimostra proprio nulla in ordine alla non
pericolosità delle specie così ottenute: per avere qualche
indicazione seria si sarebbe dovuta vedere la diffusione di un singolo alimento
e le diverse patologie sviluppate tra gruppi omogenei di consumatori e non
consumatori.
Tanto per essere chiari, l'uso nel nostro paese delle varietà di grano
duro irradiate (quelle prodotte in Italia sono: Castel del Monte, Castelfusano,
Castelnuovo, Casteporziano, Augusto, Creso, Mida, Tito, Icaro, Febo, Giano,
Peleo ed Ulisse) va probabilmente messa in relazione all'aumento delle
intolleranze alimentari al glutine: oggi c'è una persona ogni 150 circa
con questo tipo di patologia rispetto a 1 ogni mille di trent'anni fa.
Questa relazione dimostra inoltre la superficialità criminale di chi ha
condotto questi esperimenti. L'irradiazione è avvenuta, nella maggior
parte dei casi, in campo aperto, senza alcuna garanzia di non contaminazione
dell'ambiente circostante da parte di pollini, insetti e parassiti.
La selezione è avvenuta solo verificando le dimensioni, il colore, e la
resistenza ad alcuni fattori (siccità, freddo) delle piante così
ottenute. La cosa è tanto più grave perché quasi tutti gli
esperimenti sono stati fatti negli ultimi 30 anni, quando già si sapeva
cosa fosse il DNA (anche se non si erano ancora sequenziati i genomi delle
piante coinvolte).
La sperimentazione di non tossicità è stata fatta sulla pelle
della gente che inconsapevolmente sta consumando i prodotti così
ottenuti.
In Italia l'unico tentativo di pubblicizzazione di questo rapporto è
stato un articolo di Tullio Regge su "Le scienze" di gennaio 2001.
Nell'articolo Regge dimostrava di non capire la differenza tra manipolazione
genetica (quella che si ha prendendo un pezzo di DNA da un organismo ed
impiantandolo in un altro) e mutazione genetica (quella che si ha quando un
organismo modifica autonomamente i propri geni, eventualmente per l'influsso di
un fattore esterno, come in questo caso). È una cosa diversa irradiare
le piante, selezionare quelle più grosse, seminarle, reirradiare quelle
più grosse raccolte e così via, rispetto al prendere un pezzo di
DNA nello squalo artico e metterlo nel DNA di una fragola. Vista
l'indifendibilità delle posizioni di questo confuso paladino della lobby
biotecnologica, la cosa non ha avuto alcuna eco ed è finita lì.
Il 7 maggio scorso il signor Udo Ulfkotte, giornalista del Frankfurter
Allgemeine Zeitung, ha pubblicato un articolo sul suo giornale, riprendendo
quel rapporto e citando, a titolo di esempio, alcune delle specie così
ottenute, tra cui le varietà di orzo usate per il whisky scozzese, la
juta tessile, il riso (è quello che ha più varietà create
così: ben 434), il pompelmo texano (il 75% proviene da specie mutate),
il papavero da oppio (per avere maggiori rendimenti), i crisantemi (232
varietà), il frumento (197 varietà). In una frase di un lungo
articolo veniva citato, tra gli altri esempi, il grano duro mediterraneo
affermando che il 60% della produzione mediterranea era ottenute con
varietà così create.
Il giorno dopo le agenzie di stampa hanno "lanciato" la notizia (probabilmente
sollecitate da qualcuno), accompagnandola con le consuete smentite dei politici
(che fanno aumentare la preoccupazione, data l'acclarata incompetenza dei
soggetti), e due giorni dopo su tutti i giornali italiani è comparsa la
notizia che la pasta era radioattiva.
A giudicare dal contenuto degli articoli comparsi in Italia risulta evidente
che nessuno abbia letto l'articolo che ha originato la vicenda, tant'è
che in molti casi gli articolisti hanno dimostrato di non sapere che la
radioattività, al contrario delle mutazioni genetiche, non si trasmette
alle specie derivate.
In effetti sarebbe un po' strano che tutti i giornalisti italiani che si sono
occupati della vicenda leggano "Le scienze" meno del "Frankfurter Allgemeine
Zeitung".
Beninteso non credo che ci sia un minculpop (non ancora) che decida cosa viene
pubblicato sui giornali l'indomani, credo però che ci sia chi sa come
usare la stampa per manipolare l'opinione pubblica e per trasformare qualcosa
in "notizia".
Verificando le fonti si scopre che anche le altre notizie citate all'inizio
sono "non notizie" in questo senso, e si chiariscono meglio gli obiettivi di
questa campagna stampa: un eccesso di informazioni fa lo stesso effetto di una
mancanza di informazioni (come sa bene chiunque effettui ricerche in
Internet).
Sono riusciti a prosperare per anni sulla mancanza di informazioni, stanno
cercando di continuare a farlo creando un continuo allarmismo che, alla fine,
renda le persone indifferenti ai rischi che corrono. Il messaggio trasversale
che, secondo me, si cerca di far venire fuori è "tanto è tutto
contaminato, di che ci stiamo a preoccupare per gli OGM!".
Francesco Fricche
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