Da "Umanità Nova" n.18 del 20 maggio 2001
Macedonia
La politica americana della "doppia mano"
La situazione in Macedonia sembra essere in continua
evoluzione: siamo stati facili profeti negli ultimi articoli a affermare che la
guerriglia albanese guidata dall'UCKM (Esercito di Liberazione Nazionale degli
Albanesi di Macedonia), emanazione dell'AAK (Alleanza per il Futuro del
Kosovo), non avrebbe facilmente mollato la presa.
I guerriglieri hanno, infatti, rilanciato un'offensiva in grande stile
nell'area compresa tra i villaggi intorno alla città di Tetovo, dove
vive una parte consistente della popolazione macedone di lingua albanese. A
questa offensiva, l'esercito macedone ha risposto con una controffensiva con
armamento pesante colpendo duramente questi villaggi, e provocando l'esodo
della popolazione civile.
Sul piano politico si sono verificati due fatti nuovi: il primo è la
formazione di un governo di unità nazionale in Macedonia, comprendente
oltre al VMRO (partito di destra al governo dal 1998) e al PDA (il partito
albanese collegato al PDK kosovaro di Hashim Thaci, anch'esso al governo dal
1998), il Partito Socialista (erede della Lega dei Comunisti jugoslavi in
Macedonia), e il PDP (il Partito del Progresso, albanese e già
rappresentato al governo tra il 1994 e il 1998).
Questo governo, il cui scopo è chiaramente quello di arginare la crisi,
contenendo militarmente i guerriglieri e costruendo le condizioni per
l'integrazione della popolazione albanese accettandone una serie di
rivendicazioni sul piano economico e culturale, è stato formato sotto la
pressione delle potenze occidentali che, in questo momento, non vogliono
assolutamente accettare l'esplosione del piccolo paese balcanico.
Le formali proteste del PDP che si è risentito per le dichiarazioni
bellicose del Primo Ministro Georgevskji, che ha promesso di passare sui
guerriglieri come un bulldozer, sono in realtà parte del gioco.
I partiti albanesi, infatti, sono perfettamente consci
dell'impossibilità di smembrare la Macedonia, almeno oggi. I possibili
protettori di un'operazione di questo genere, gli Stati Uniti e la Gran
Bretagna in primis, hanno infatti chiarito ampiamente che non sono intenzionati
a appoggiare questa prospettiva. Questo sia perché nel modello di nuovo
ordine balcanico ritengono di non smembrare ulteriormente gli stati esistenti o
di favorire un rischioso allargamento dell'Albania a tutta l'area albanofona
attorno al paese delle aquile, sia perché l'integrazione della Serbia
nel Patto di Stabilità prevede la riapertura del corridoio di trasporti
Vienna - Salonicco, che verrebbe minacciato da una guerra in Macedonia.
Le stesse potenze occidentali però, pur agendo in modo da impedire la
disintegrazione della Macedonia, si guardano bene dal chiudere ogni spazio alla
guerriglia albanese che ha le sue basi e le sue fonti di approvvigionamento
nell'area di Kosovo controllata dalle truppe USA e britanniche.
La conferma di questa politica della "doppia mano" si è avuta in questi
giorni, con il sequestro da parte italiana di un carico di armi pesanti
proveniente dalla Croazia e diretto all'UCKM. Il sequestro è avvenuto
dopo che lo stesso carico di armi era passato sotto i "vigili" occhi delle
truppe anglo-americane. Come si vede, continuano sia la politica della "doppia
mano" (da un lato non aiuto ufficialmente la guerriglia, dall'altro non le
impedisco nemmeno di operare, dal momento che prima o poi potrebbe tornare
utile), sia il contrasto mascherato tra le potenze europee e gli
anglo-americani.
Le radici di questo contrasto sono note ai lettori di UN, e risalgono ai tempi
dello smembramento della Jugoslavia, ne è da scartare l'ipotesi che,
prima o poi gli Stati Uniti decidano di utilizzare la guerriglia albanese
contro le truppe dei paesi europei, qualora questi ultimi dovessero ostacolare
la pax americana nell'area.
La situazione resta, quindi, esplosiva e i prossimi mesi decideranno molto
della nuova configurazione dell'area. Per ora, però si deve notare che
gli USA stanno ottenendo il loro principale obiettivo, ossia quello di
controllare l'area, mantenendola in perenne instabilità.
Giacomo Catrame
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