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Da "Umanità Nova" n.19 del 27 maggio 2001
Colpo di coda del centro-sinistra 2
Un "regalo" ai lavoratori
L'ennesimo "regalo" ai lavoratori da parte del fu governo
dell'Ulivo è stata l'abrogazione della gratuità delle cause di
lavoro e previdenziali. Nell'ambito dell'approvazione della legge sulla riforma
del patrocinio a spese dello Stato dei non abbienti (legge 29.3.2001 n. 134, in
G.U. 20.4.2001, n.92), l'art. 23, comma 2 abroga dal 1.7.2002 l'articolo unico
della legge 2.4.1958, n.319, come sostituito dalla legge 11.8.1973, n.533, che
stabiliva proprio l'esenzione per le cause di lavoro e previdenziali da bolli,
tassa di registro ecc. Il bello è che l'art. 9 della legge 23.12.1999,
n.488 che ha istituito il contributo unificato per le spese degli atti
giudiziari (dal 1.7.2001 anziché marche da bollo, tasse varie, spese di
notifica, ecc. si pagherà una cifra secca all'inizio di ogni causa), al
comma 8, prevedeva espressamente che non sarebbero stati soggetti al contributo
in questione i procedimenti già esenti (quindi anche quelli di lavoro e
previdenziali). Il gioco di richiami tra norme ha talmente mandato in tilt i
parlamentari che anche quelli di Rifondazione Comunista hanno approvato in toto
la legge 134/2001, senza accorgersi (dicono adesso) dello "spiacevole errore".
Insomma, sorge spontanea la domanda se i parlamentari della ex maggioranza e RC
ci sono o ci fanno. Dal prossimo anno, un lavoratore licenziato dovrebbe pagare
subito 600.000 lire per avviare la sua causa. Si aggiunga che dal 1998, prima
di depositare un ricorso di lavoro, salvo casi di eccezionale necessità
ed urgenza, è necessario chiedere che sia esperito un tentativo di
conciliazione avanti la Direzione Provinciale del Lavoro, e si può
iniziare la causa solo trascorsi almeno 60 giorni da tale richiesta. Non
è chi non veda il disegno di dissuadere i lavoratori a far valere i
propri diritti davanti alla magistratura del lavoro. Si aggiunga che sempre dal
1998 è prevista la possibilità di accordi collettivi istituenti
forme di arbitrato facoltativo in sostituzione del ricorso al giudice. Non ci
sarebbe quindi da stupirsi se domani il lavoratore fosse posto nell'alternativa
di scegliere tra un arbitrato (gestito pariteticamente tra datori di lavoro e
sindacati confederali) gratuito e un ricorso al giudice a pagamento. Nessuno in
campagna elettorale, salvo Rifondazione, si è scusato o ha preso
posizione. I sindacati confederali confidano nel fatto che da oggi al luglio
2002 è ben possibile por rimedio al pasticcio legislativo. E chi deve
metter mani alla legge e rendere nuovamente esenti le cause di lavoro? Il nuovo
parlamento berlusconizzato il cui programma elettorale coincide a quello della
Confindustria? Forse la gratuità delle cause per difendere i loro
diritti bisognerà che i lavoratori se la riconquistino da soli.
Simone Bisacca
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