Da "Umanità Nova" n.20 del 3 giugno 2001
L'assemblea annuale della Confindustria
I padroni all'incasso
"...è stata una relazione ingenerosa..."
Pietro Folena dirigente DS
"Faremo di tutto....soprattutto per costruire un'alternativa credibile,
credibile anche per voi, e sapendo che quest'alternativa credibile ci porta a
darvi un arrivederci."
Enrico Letta (ex) Ministro dell'Industria
Molto è stato scritto sull'assemblea annuale della Confindustria, sulla
relazione del suo Presidente D'Amato, sul colore della copertina del fascicolo
contenente la relazione stessa (tradizionalmente bianca e questa volta
azzurra), sull'atteggiamento affettuoso degli industriali nei confronti dei
politici del centro destra, sulla risposta amichevole, se non complice, di
Berlusconi alle richieste della Confindustria.
In realtà, a mio avviso, si tratta di fatti abbastanza scontati anche se
meritevoli di riflessione mentre il massimo del suggestivo è stato
raggiunto dagli esponenti del centro sinistra.
Pietro Folena, che evidentemente continua nello sforzo di far dimenticare i
suoi giovanili trascorsi bolscevichi, si duole per la mancanza di
generosità della Confindustria attribuendo al padronato qualità
umane che un liberale conservatore non arriverebbe ad immaginare.
Enrico Letta, che in quanto democristiano non ha da farsi perdonare l'uso di
bambini come cibo, non si è spinto a tal punto e si è limitato a
rivendicare i meriti del governo del centro sinistra nei confronti del
padronato ed a promettere un serio impegno per riconquistarne i favori.
Non vale la pena di insistere troppo sul fatto che la Confindustria non
è affatto ingenerosa nei confronti della sinistra non perché la
sinistra non abbia fatto tutto il possibile per conquistarne il favore ma
perché, in relazioni di questo genere, la generosità non ha alcun
ruolo.
Basta, infatti, tenersi a due ordini di considerazioni per avere un quadro
ragionevole della situazione attuale:
* fra il 1994 ed il 1996 il padronato italiano o, per essere più
precisi, i suoi gruppi dirigenti hanno ritenuto il ceto politico della sinistra
meno inaffidabile, nella gestione della cosa pubblica, del circo equestre che
era allora la destra. Di conseguenza, hanno dato un blando appoggio alla
sinistra stessa e incassato quanto era possibile incassare in termini di
finanziamenti, modificazioni legislative sulle pensioni, il diritto del lavoro
ecc. , garanzia di pace sociale e di collaborazione da parte del sindacato di
stato. Non vi è stato, insomma, alcun matrimonio d'amore ma un accordo
reciprocamente vantaggioso;
* la scalata, un anno addietro, di D'Amato ai vertici della Confindustria
è il segnale di un compiuto modificarsi degli equilibri di potere
all'interno del padronato italiano e dell'affermarsi di un nuovo blocco sociale
egemone. La tradizionale oligarchia che aveva governato il principale sindacato
padronale si è spaccata e un gruppo di uomini nuovi con obiettivi
espliciti di rottura delle tradizionali modalità della concertazione ha
preso il potere.
D'altro canto, la destra ha realizzato diverse ed importanti operazioni:
* l'adesione di Forza Italia al Partito Popolare Europeo e la sua
democristianizzazione;
* il riassorbimento e contemporaneo ridimensionamento della Lega Nord;
* la definizione di un blocco politico che sembra capace di governare con
maggior efficacia rispetto al primo, fallito, tentativo.
Come è stato notato soprattutto dagli affranti esponenti della sinistra,
il padronato ha presentato il conto e lo ha fatto con una certa qual
brutalità disegnando un programma di politica economica preciso ed
incisivo. A rigore, D'Amato non ha detto nulla di nuovo. Mi limiterò a
ricordare alcuni degli elementi caratterizzanti della sua relazione.
Per quanto riguarda il diritto del lavoro, ha riaffermato che non basta la
flessibilità in entrata, che pare difficile accrescere molto in un paese
dove i contratti anomali sono oramai la norma e che è necessario quella
in uscita che, in buon italiano, significa la piena libertà di
licenziamento. Se non parlassimo delle condizioni di vita e di lavoro di
milioni di uomini e donne, l'uso dei circonlocuzioni come "flessibilità
in uscita" farebbe ridere. La musica è nota: i poveri padroni non osano
assumere perché è difficile liberarsi della manodopera in
eccesso, non è giusto che i lavoratori "anomali" abbiano meno diritti di
quelli "normali" e va realizzato un riallineamento al ribasso dei diritti dei
lavoratori, i padroni non intendono certo licenziare in massa i loro dipendenti
e chiedono solo la possibilità di utilizzare il personale secondo le
esigenze del mercato.
Non è necessaria una sapienza infinita per comprendere che la
libertà di licenziamento non potrà che accrescere il dispotismo
padronale e che l'unificazione dei lavoratori salariati non si da abbassando il
livello di tutela ma estendendo i diritti minimi al maggior numero possibile di
salariati.
Per quanto riguarda il sistema pensionistico, siamo di fronte al tentativo di
legare definitivamente le pensioni alla fine della buona uscita (già
ribattezzata trattamento di fine rapporto) realizzando, in un colpo solo, un
taglio delle retribuzioni e un legame organico fra pensioni e andamento
dell'economia capitalistica visto che i fondi pensione che verrebbero
rilanciati in questo modo garantirebbero un rendimento adeguato solo in fasi
alte del ciclo economico.
Schematizzando al massimo, i nostri liberali chiedono di eliminare le residue
libertà dei lavoratori nelle aziende e di dare mano libera al dispotismo
padronale.
Sul versante dei rapporti con i sindacati, è chiaro la linea del
padronato mira a valorizzare la disponibilità dei sindacati ad un ruolo
di gestione subalterna della forza lavoro a livello aziendale ridimensionando
la loro pretesa di essere partner nella definizione della politica economica a
livello generale.
Privati dell'appoggio di un governo amico, i sindacati di stato sono esposti
più che in passato ad un evidente ricatto: potranno scegliere fra lo
scontro con un governo che controlla buona parte delle loro fonti di
finanziamento e una certa dose di arrendevolezza. L'atteggiamento che i
dirigenti di CISL ed UIL hanno preso negli ultimi mesi, la firma di contratti
separati, la disponibilità a cedere alcuni diritti, segnalano una deriva
assolutamente prevedibile.
La CGIL, per motivi facilmente comprensibili, vive con maggior disagio una
situazione del genere e promette battaglie campali che non ricordavamo dal
1994. Non è, naturalmente, possibile fare previsioni certe per quel che
riguarda gli effetti della situazione sul quadro sindacale e delle tensioni in
campo sindacale sul livello del conflitto fra le classi ma è
ragionevolmente certo che la collaborazione dei sindacati di stato con i
governi di centro sinistra per vari anni non potrà essere fatta
dimenticare in pochi mesi.
Tornando al dialogo fra destra e Confindustria, ritengo che la situazione non
sia tale da garantire un suo tranquillo svolgimento. La destra ha vinto
appoggiandosi, certo, al blocco della piccola e media industria e grazie al
tardivo ma influente assenso della FIAT ma la sua base elettorale è
composita. La massa delle clientele del vecchio pentapartito è passata
in gran parte al centro destra e queste clientele tutto sono tranne che
disposte a sostenere la destra per amore della libertà in salsa azzurra.
A meno che non si ritenga l'onorevole Silvio Berlusconi il fratello minore di
Gesù Cristo o Satana incarnato sulla terra, pare evidente che
sarà difficile accontentare contemporaneamente i padroncini leghisti
della provincia di Treviso o di Vicenza smaniosi di ottenere tagli alle tasse e
le masse dei ministeriali romani innamorati, certo, dell'onorevole Storace ma
ancora più legati al cappuccino con cornetto.
Questo capolavoro era stato possibile all'onorevole Craxi grazie al semplice
espediente di dilatare il debito pubblico ma la pressione del capitale europeo
dovrebbe impedire ai suoi eredi una soluzione altrettanto elegante e
popolare.
In estrema sintesi, nei prossimi mesi lo scontro sociale si giocherà su
alcune questioni nodali che oramai sono chiare: diritti generali dei
lavoratori, per un verso, e struttura delle retribuzioni per l'altro. La
sinistra statalista o, almeno, i suoi settori meno cotti cercherà di
utilizzare lo scontento per rilegittimarsi come soggetto affidabile per il
governo, per rendere la Confindustria più "generosa" e per rendersi
"credibile".
Non c'è da questo punto di vista, da scandalizzarsi, al contrario
dovremo cogliere gli spazi che si apriranno, le contraddizioni che si
svilupperanno, le tensioni derivanti dalla delusione per le promesse non
mantenute e sviluppare un'azione efficace sul terreno che queste tensioni
disegneranno.
Cosimo Scarinzi
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