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Da "Umanità Nova" n.21 del 10 giugno 2001

Genova 1960
La rivolta delle "magliette a strisce"

Nella primavera del 1960 si costituisce il governo Tambroni, che si reggeva grazie all'appoggio determinante dei fascisti dell'MSI e dei monarchici. In questo clima, l'MSI annunciò che avrebbe tenuto a Genova il suo Congresso Nazionale. Si trattava di una scelta provocatoria in una città medaglia d'oro per la resistenza. La tensione salì alle stelle con l'annuncio che al Congresso avrebbe preso parte Carlo Emanuele Basile, ex prefetto di Genova sotto la Repubblica di Salò e responsabile della deportazione di parecchi operai e antifascisti. Alla manifestazione indetta dai partiti di sinistra e dai sindacati il 30 giugno la popolazione genovese partecipò in massa. In piazza De Ferrari (dove si trova il Palazzo Ducale, ove nel luglio di quest'anno si svolgerà il G8) i manifestanti si scontreranno duramente con la polizia. Protagonisti della giornata furono i giovani che i giornalisti chiameranno "ragazzi con le magliette a strisce". Il Congresso fascista sarà rimandato ma Tambroni darà ordine alla polizia di sparare "in situazioni di emergenza". La rivolta dilaga in tutto il paese: manifestazioni con scontri e cariche violente si svolgeranno a Palermo, Roma, Licata, Reggio Emilia. A Licata saranno colpiti dalle pallottole sparate dalla polizia sei manifestanti: uno morirà; l'8 luglio ci saranno due morti a Palermo e 1 a Catania. I fatti più gravi avvengono a Reggio Emilia: 5 morti e 19 feriti.

La protesta popolare, la nuova resistenza della quale saranno protagonisti soprattutto giovani e giovanissimi porterà alla caduta del governo Tambroni. Questi giovani, così come due anni più tardi quelli che a Torino daranno vita alla rivolta di piazza Statuto, saranno definiti dalla stampa "giovinastri", "ribelli estremisti", "teppisti" e "teddy boy". Come oggi, a quarant'anni da quel lontano luglio, vengono chiamati i tanti che verranno a Genova per manifestare contro il G8. Il filo della memoria come quello della rivolta contro i potenti non si spezza.

m. m.



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