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Da "Umanità Nova" n.22 del 17 giugno 2001
Per l'autogestione sociale
Fonti energetiche rinnovabili e non inquinanti
Le polemiche sul protocollo di Kyoto e i nuovi progetti
energetici statunitensi, assieme all'ormai ciclico ondeggiare del prezzo del
petrolio, hanno riportato d'attualità la questione energetica. E, come
sempre quando si parla di crisi in campo energetico, si è ritornati a
parlare di nucleare come l'unica soluzione realistica al problema.
Ma quale futuro ci attende? Secondo alcune stime nel prossimo ventennio il vero
problema in campo energetico sarà il surplus petrolifero e il
conseguente ribasso dei prezzi. Altri studi sostengono esattamente il
contrario: la produzione di petrolio arriverà al suo culmine nel
prossimo decennio per poi iniziare a contrarsi causando scarsità locali
e forti aumenti del prezzo dei carburanti. In realtà si tratta di un
falso problema visto che la vera questione è quanto del biossido di
carbonio prodotto dai combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) possa
ancora venire assorbito dall'atmosfera prima che avvengano gravi catastrofi
climatiche. Anche ammesso che nel prossimo futuro non ci sia scarsità di
petrolio la diminuzione del suo uso, come di quello di gas e carbone, non
sarà una scelta ma una necessità.
La falsa alternativa nucleare
Il nucleare è in crisi. Negli anni '90 l'aumento della
capacità globale degli impianti nucleari è salita appena del
4,7%, ben poca cosa rispetto al +140% degli anni '80. A livello mondiale il
nucleare aveva un potenzialità di 16 gigawatt nel 1970, divenute 135 nel
1980 e 328 nel 1990, ma nel 1995 tale potenzialità era di 340 gigawatt
divenuti 343 nel 1998. L'opposizione popolare dopo il disastro di Chernobyl e
l'aumento dei costi hanno messo il nucleare alle corde. Alla fine del 1999
erano operativi nel mondo 431 reattori, uno in più del 1993. Attualmente
nel nord America non è in costruzione un solo reattore, mentre neppure
in Europa sono previsti nuovi progetti. Il 40% della capacità nucleare
USA è a rischio di chiusura definitiva a causa degli alti costi e prima
dell'impennata di Bush il Dipartimento dell'energia statunitense prevedeva che
il 31% della capacità nucleare del paese sarebbe stata smantellata entro
il 2015. Anche in Francia, il paese europeo più filonucleare, il governo
Jospin ha confermato la moratoria su nuovi impianti fino al 2002. La Svezia ha
chiuso una centrale nel 1999 e un'altra sarà chiusa quest'anno, la Gran
Bretagna ne chiuderà una nel 2002 e l'Olanda uscirà dal nucleare
nel 2003 quando verrà staccata la spina al suo ultimo impianto
funzionante. È noto che pur fra mille contraddizioni anche il governo
tedesco sta portando avanti il progetto per chiudere le sue centrali nucleari.
Nell'Europa dell'Est sono nove le centrali nucleari che verranno chiuse entro
il 2005. Qualche progetto di impianto nucleare resiste solo nei paesi del terzo
mondo (Cina, India e Corea del sud soprattutto). "L'energia nucleare è
cara - ha dichiarato il professor Jerry Taylor dell'ultra conservatore Cato
Institute, in una intervista pubblicata da "Il Sole-24 ore" del 18 maggio - e
infatti l'elettricità prodotta dalle centrali nucleari costa il doppio
di quella prodotta dalle centrali a carbone o gas. I sussidi e gli incentivi
non possono rendere competitiva un'industria che no lo è". E questo
senza contare gli enormi rischi ambientali provocati dal nucleare: dai percoli
di incidenti disastrosi (nel 1999 è scoppiato un impianto per la
produzione di combustibile nucleare in Giappone), ai danni provocati dalle
piccole dosi di radiazioni emesse, all'irrisolto (perché irrisolvibile)
problema delle scorie nucleari. Solo dei politicanti ignoranti - come
l'italiano Buttiglione - possono sostenere che il nucleare è una
soluzione valida alla crisi energetica.
Le fonti rinnovabili: tecnologie mature
I generatori eolici o aerogeneratori convertono direttamente l'energia
cinetica del vento in energia meccanica, che può essere quindi
utilizzata per il pompaggio, per usi industriali e soprattutto per la
generazione di energia elettrica. Questo settore sta vivendo un boom
eccezionale. Nel mondo la capacità generativa di energia eolica era di
10 megawatt nel 1980, divenuti 1930 nel 1990, 4820 nel 1995 e 9940 nel 1998 ma
la previsione per il 1999 era di 13840 megawatt. Per rendersi conto delle
dimensioni della crescita basta pensare che lo sviluppo del mercato globale
delle turbine è paragonabile a quello record dei telefoni cellulari. Il
valore delle nuove turbine installate nel 1999 è valutato in 3 miliardi
di dollari che corrispondono a circa 86mila nuovi posti di lavoro. Questa
dell'occupazione è un aspetto che merita una riflessione. Fra gli
argomenti utilizzati dal governo americano per giustificare la mancata ratifica
del protocollo di Kyoto c'era la perdita di posti di lavoro provocata dal
passaggio dall'uso di combustibili fossili alle energie alternative. È
bene sottolineare che si tratta di una menzogna: secondo uno studio realizzato
nel 1999 da E.W.E.A., F.E.D. e Greenpeace International l'eolico passerà
dai 57mila posti di lavoro del 1998 a 1,7 milioni di posti di lavoro nel 2020.
L'esperienza tedesca dimostra poi che già oggi il settore eolico crea
più posti di lavoro di quelli legati alla produzione di energia
elettrica da carbone e da nucleare: in Germania infatti l'eolico copre l'1,2%
del totale dell'energia prodotta ma dà lavoro a circa 15mila persone
mentre il carbone con il 26% dell'energia prodotta assicura solo 80mila posti
di lavoro e il nucleare con il 31% del mercato impiega appena 40mila persone.
Grazie al continuo miglioramento tecnologico che determina la discesa dei
prezzi, l'eolico sta rapidamente colmando lo svantaggio economico rispetto agli
impianti energetici convenzionali. Il Dipartimento dell'energia americano ha
stimato che l'energia eolica ha lo stesso costo di quella prodotta dai
combustibili fossili (5-6 dollari a Kw). Circa la metà, quindi, di
quella prodotta dal nucleare.
Da ricordare infine che la nuova frontiera dell'eolico sono gli impianti in
mare. Mentre multinazionali energetiche come la Shell stanno preparando enormi
progetti per il Mare del Nord e il Baltico, più realistici, e
auspicabili, progetti di aerogeneratori collocati nelle vicinanze delle coste
sono condotti nei paesi del Nord Europa. Per concludere ricordiamo che lo
studio citato di E.W.E.A. e altri ha stimato che nel 2020 l'eolico potrebbe
fornire il 10% dell'energia mondiale.
Il fotovoltaico è una tecnologia che consente di trasformare
direttamente la luce solare in energia elettrica, sfruttando il cosiddetto
effetto fotovoltaico. Questo effetto si basa sulla proprietà che hanno
alcuni materiali semiconduttori opportunamente trattati (fra cui il silicio,
elemento molto diffuso in natura), di generare direttamente energia elettrica
quando vengono colpiti dalla radiazione solare, senza l'uso di alcun
combustibile. Ci sono poi le tecnologie per utilizzare l'energia solare per
produrre calore. Il settore solare è in forte crescita. Nel mondo
l'energia prodotta dal solare nel 1971 era di 0,1 megawatt divenuti 6,5 nel
1980, 46,5 nel 1990 e 78,6 nel 1995. La previsione per il 1999 era di 201,3
megawatt.
La spinta maggiore al fotovoltaico viene dall'alimentazione delle abitazioni,
sostenuto dai finanziamenti statali soprattutto in Giappone e in alcuni paesi
europei (Germania, Norvegia e Svizzera). È incredibile constatare come
nei paesi del Sud Europa gli incentivi statali siano scarsi se non addirittura
nulli: in Italia solo nel 2000 è stato lanciato un piano di sovvenzioni
ai cittadini che decidono di installare pannelli solari nelle loro abitazioni.
Nel 1999 il prezzo dei pannelli solari è diminuito per la prima volta
dal 1993 ma per rendere il solare definitivamente competitivo, dal punto di
vista del mercato, è necessaria una ulteriore diminuzione dei costi.
Per concludere ricordiamo il peso dell'energia prodotta dalle biomasse e dalla
geotermia.
Con alcune eccezioni, si può dire che è biomassa tutto ciò
che ha matrice organica. La biomassa rappresenta la forma più
sofisticata di accumulo dell'energia solare. Questa, infatti, consente alle
piante di convertire la CO2 atmosferica in materia organica, tramite il
processo di fotosintesi, durante la loro crescita. In questo modo vengono
fissate complessivamente circa 2.1011 tonnellate di carbonio all'anno, con un
contenuto energetico dell'ordine di 70.103 Mtep. Ad oggi le biomasse soddisfano
il 15% circa degli usi energetici primari nel mondo. L'utilizzo di tale fonte
mostra però un forte grado di disomogeneità fra i vari Paesi.
Infatti i Paesi in Via di Sviluppo, nel complesso, ricavano il 38% della
propria energia dalle biomasse ma in molti di essi tale risorsa soddisfa fino
al 90% del fabbisogno energetico totale, mediante la combustione di legno,
paglia e rifiuti animali. Nei paesi industrializzati, invece, le biomasse
contribuiscono appena per il 3% agli usi energetici primari. In particolare,
gli USA ricavano il 3,2% della propria energia dalle biomasse, quasi quanto da
fonte nucleare; l'Europa, complessivamente, il 3,5%, con punte del 18% in
Finlandia, 17% in Svezia, 13% in Austria; l'Italia con il 2% del proprio
fabbisogno coperto dalle biomasse, è al di sotto della media europea. Le
biomasse, se correttamente sfruttate soprattutto in agricoltura, potrebbero
dare un contributo decisivo al risparmio di combustibili fossili visto che il
biogas può essere prodotto a partire da un qualsiasi letame, dai fanghi
di depurazione e da altri rifiuti organici.
Riguardo la geotermia va sottolineato che si tratta della fonte rinnovabile che
da il maggior contributo al bilancio energetico mondiale con 42mila gigawatt
prodotti nel 1996. La geotermia, utilizzata razionalmente, cioè nel modo
e nel posto giusto, da vantaggi sia dal punto di vista della difesa
dell'ambiente che da quello economico. Bisogna però dire che la
geotermia contribuisce alla produzione di CO2, anche se in misura minore dei
combustibili fossili: 380 g/Kwh (grammi di CO2 ogni kwh prodotto) contro i 453
del gas, i 906 del petrolio e i 1042 del carbone. La geotermia è quindi
rinnovabile ma non pulita.
Concludiamo questa rassegna con un cenno all'energia che potrebbe derivare dal
moto ondoso. Teoricamente è possibile convertire almeno quattro tipi di
energia presenti nel mare: quella delle correnti, delle onde, delle maree e del
gradiente termico tra superficie e fondali. Attualmente esiste solo un impianto
per lo sfruttamento delle maree in Francia, mentre sono in corso esperimenti
per lo sfruttamento del potenziale energetico delle onde nel Regno Unito e in
Giappone e del gradiente termico negli Stati Uniti. L'Unione Europea ha di
recente concluso uno studio che identifica circa 100 siti suscettibili di
essere utilizzati per la produzione di energia elettrica dalle correnti marine.
Lo stretto di Messina è stato identificato tra i siti più
promettenti. Uno studio mirato a verificare le concrete possibilità di
sfruttamento delle correnti si è concluso nel 1995.
Fonti non inquinanti per società autogestite
Nella rassegna dello stato dell'arte delle principali fonti rinnovabili
abbiamo brevemente ricordato la loro economicità, rilevando come
l'eolico, il geotermico e le biomasse siano da tempo competitive con
combustibili fossili e nucleare mentre il solare deve ancora fare alcuni passi
in avanti. In realtà queste valutazioni sono forvianti perché
l'economicità misurata sulla base delle leggi del mercato non considera
i costi provocati dai danni arrecati all'ambiente e i costi dovuti dalle
conseguenze sanitarie delle emissioni inquinanti sulle popolazioni. Calcolare
questi costi metterebbe fuori mercato i combustibili fossili e il nucleare
spingendo verso fonti rinnovabili e non inquinanti. Ci limitiamo a portare
l'esempio dei vantaggi ambientali del fotovoltaico. La sezione italiana
dell'ISES (International Solar Energy Society) ha calcolato che i circa 700 MW
di impianti eolici ammessi a beneficiare delle tariffe previste dal
provvedimento CIP 6/92, potrebbero produrre un'energia pari a 1,4 miliardi di
chilowattora (0,5% del fabbisogno elettrico nazionale). Questa produzione
potrà sostituire la combustione con combustibili fossili; in tal caso le
emissioni annue evitate sarebbero: CO2: 1,4 milioni di tonnellate, SO2: 1.960
tonnellate, NO2: 2.660 tonnellate. Fate voi un calcolo di quanti inquinanti si
potrebbero evitare se l'eolico raggiungesse quote significative di energia
prodotta.
A questi ragionamenti i sostenitori dell'attuale modello di società
eccepiscono che le fonti rinnovabili non sono in grado di produrre così
tanta energia quanta ne serve. È vero: nella migliore delle ipotesi
eolico, solare, geotermico, biomasse, moto ondoso, potranno garantire nel
futuro al massimo un 40-50% dell'energia attualmente consumata nel mondo. Ma il
problema sta tutto li: è necessario consumare tutta questa energia?
È evidente che la sostituzione - ma forse sarebbe meglio dire il forte
ridimensionamento - dei combustibili fossili comporterà un radicale
mutamento del sistema di produzione-distribuzione-consumo necessario per
eliminare sprechi e inquinamento. In altre parole, battersi contro gli sprechi
e l'inquinamento significa battersi in favore di un modello industriale
ambientalmente sostenibile ma soprattutto per una società autogestita,
di eguali, ecologicamente compatibile.
Maurizio Zicanu
Nota: le informazioni contenute in questo articolo sono state tratte da:
Worldwatch Institut, Vital sign 2000, Edizioni ambiente, 2000
Il sito dell'ISES: http://www.isesitalia.it
ADER, L'energia al futuro, BFS, 2000
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