![]() Da "Umanità Nova" n.22 del 17 giugno 2001 LettureSANTO CATANUTO, FRANCO SCHIRONE. Il canto anarchico in Italia nell'Ottocento e nel Novecento. Milano, Edizioni Zero in Condotta, 2001, in VIII, pp 384, lire 38.000.
"Anarchìo!" è stato l'appellativo che un'anziana signora, dalla platea del teatro di Anghiari, ha rivolto al presentatore di un gustosissimo spettacolo di canti popolari toscani al quale mi è capitato recentemente di assistere nel grazioso paese valtiberino. Questi, che difatti sfoggiava una vistosa "lavallière noire", si è schermito con un filo di imbarazzo al "complimento" forse non proprio adatto ad un evento ufficiale con tanto di autorità del paese. Non ci è dato sapere se questo signore sia un nostro simpatizzante, ma indipendentemente dal suo "look" e nonostante l'occasione, il repertorio che presentava non ha potuto prescindere da alcuni richiami al canto sociale (Il maschio di Volterra, Il maggio di Roselle), che in area toscana è ovviamente di matrice anarchica. Perché la canzone anarchica non si è fermata a Pietro Gori, ma ha contaminato sia il repertorio popolare, sia innumerevoli produzioni successive, tramandandosi ai giorni nostri, e come una pietra miliare della storia del conflitto di classe, e come un autonomo filone musicale e letterario dalla piena dignità, ben oltre quel "sentimentalismo deleterio", quell'"eroismo di cartone", definizioni sprezzanti con cui il dogmatismo ed il livore degli studiosi di scuola marxista avevano liquidato il fenomeno. Questo è il significato della fondamentale opera di Catanuto e Schirone, senza dubbio la più completa che sia uscita sull'argomento, e a parere di chi scrive la migliore come discernimento critico e rigore filologico. Nelle 384 pagine del volume vengono raccolti, con precisa e chiara scansione cronologica, 247 canti anarchici con relativi testi, variazioni, spartiti musicali (a parte quei pochi casi in cui la musica non è giunta fino a noi) e ove necessario ampio commento, storico, filologico e aneddotico e ricca bibliografia, dalla Comune di Parigi al 1998. Già, perché se molti ritengono l'anarchismo morto da tempo, ancora di più sono coloro che ne ignorano le espressioni canore oltre Addio Lugano e Sacco e Vanzetti. È bene sappiano costoro che in Italia non ci sono stati solo Caserio, Bresci e il Biennio Rosso, ma che gli anarchici sono stati una forza determinante dell'antifascismo e della Resistenza armata (ve n'è testimonianza dai canti degli Arditi a quelli dei Partigiani), che negli anni '60 e '70 hanno partecipato a tutte le lotte più avanzate, lasciando un repertorio di canzoni, da quelle per Pinelli, Valpreda, Serantini, Marini, alle ballate nell'idioma locale degli occupanti di case di Spezzano Albanese. Opportuni sono senz'altro i riferimenti al mondo della canzone d'autore, dalle prime traduzioni di Leo Ferrè fino ai suoi esponenti italiani, tutti a diversi livelli influenzati dal canto sociale e dalla temperie culturale impegnata dell'epoca. Si citano in particolare De Andrè, che pur lontano anni luce da intenti didascalici ha ispirato tutta la sua produzione ai suoi personali ideali di anarchico, e Guccini, che in una intervista ammette di essersi ispirato direttamente a Gori per scrivere la Locomotiva, inizialmente con l'intenzione di "fargli il verso", ma poi, ha affermato, "è venuta fuori un'anima popolare che io non sospettavo di possedere e che, probabilmente, ho dentro". E scusate se questi ultimi non sono sufficientemente autorevoli come rappresentanti del genere. Opportuna è poi la scelta di fare arrivare l'opera fino ai giorni nostri, alle ballate di Enzo Del Re, alle festose strofe "da osteria" dei compagni di Gragnana e dei "Pirati" dell'Università di Pisa, alle ricerche toscane di Donato Landini, fino a quello straordinario epigono dei canzonieri militanti, nonché del filone internazionale della canzone d'autore che è Alessio Lega, giovane cantautore salentino emigrato a Milano, ancora troppo, decisamente troppo poco conosciuto e apprezzato. I suoi bellissimi testi chiudono la raccolta, e speriamo sia un buon auspicio per il futuro. Nel frattempo, questo libro è anche un buon pretesto per studiare, o ripassare, in maniera un po' diversa la storia dell'anarchismo, e cioè quella delle classi subalterne, tramite le loro espressioni più genuine, fondamentale baluardo contro amnesie, mistificazioni storiche e revisionismi. Perché se gli autori "colti", i vari Gori, Molinari, Monticelli, sono partiti da fatti storici o circostanze reali per astrarre con intento didattico e didascalico principi generali contribuendo, con il potente strumento comunicativo della canzone, a diffondere le idee, gran parte della produzione è invece espressione genuina di proletari, spesso autodidatti, che riporta i reali sentimenti della plebe di fronte alla miseria quotidiana, o di fronte a fatti tragici e commoventi come la decapitazione di Caserio, la Grande Guerra e quant'altro. Il tutto su variegatissime melodie, da quelle popolari a quelle liriche fino alle canzonette in voga. Per questo la conoscenza del repertorio canoro va ben oltre la semplice curiosità o il folklore. In un recente recital organizzato dall'Ateneo Libertario di Parma, Ezio Cuppone ha ricordato come anni orsono, suonando alle feste dell'Unità, si rese conto che quelli del PCI erano i primi a non conoscere le loro canzoni: purtroppo da questo limite non siamo esenti noi anarchici, che pure abbiamo un repertorio di musica e poesia straordinario e unico nel suo genere. Ben venga questo formidabile contributo alla sua conservazione ed alla sua conoscenza. "Il canto anarchico inaugura la stagione dell'emancipazione della memoria collettiva. Proporre oggi la raccolta più ampia possibile del canto anarchico in Italia significa mantenere viva la memoria di un processo non ancora concluso che continua a sollecitare ulteriori arricchimenti, che continua a cantare con la propria voce, riuscendo a far cantare di sé anche voci altre. Una voce che ha scandito le vicende sociali degli ultimi centotrent'anni con una determinazione e una continuità unica, spezzando l'oblio nei momenti bui della politica repressiva, spiegandosi argentina nei momenti di slancio. Se narrare è guerriglia contro l'oblio, cantare è più che riportare il passato nel presente per preparare il futuro: cantare è costruire già subito, pur simbolicamente, il futuro". (Dalla "Introduzione" degli Autori). Federico Ferretti
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