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Da "Umanità Nova" n.23 del 24 giugno 2001

Scontro sociale in Bolivia

Circa dodicimila minatori sono giunti verso mezzogiorno del 7 giugno a La Paz, dove hanno deciso di rimanere finché il governo non approvi un fondo di riattivazione del settore. Chiedono 100 milioni di dollari, altrimenti minacciano di mantenere le mobilitazioni ed i blocchi quotidiani.

I minatori cooperativi provenienti dagli accampamenti minerari dell'altopiano, che sono partiti dalla città di Oruro lo scorso 5 giugno hanno affrettato il passo per evitare la repressione poliziesca. Vengono da circa 500 cooperative minerarie, uomini e donne vestiti con abiti da lavoro, molti con in testa il caratteristico casco, e sono oggi di nuovo protagonisti di una marcia di massa, 15 anni dopo l'accerchiamento di Calamarca, quando furono sul punto di mandare in frantumi il governo e farla finita col capitalismo. Come nel 1986, anche ieri sono stati valutati in dodicimila i manifestanti convenuti a La Paz.

Ogni cento metri facevano detonare dell'esplosivo. "Siamo arrivati fino a La Paz come avevamo promesso nel 1985, quando avevamo detto che saremmo tornati; ed ora siamo disposti a restare finché saremo ascoltati", ha precisato Crescencio Huanca, un dirigente sindacale. Le pattuglie della Polizia nella giornata del 7 hanno sequestrato 141 cartucce di dinamite che erano trasportate in una cassa su un veicolo della Cooperativa Mineraria Villa Imperial. Il conducente è riuscito a darsi alla fuga ma il suo accompagnatore è stato fermato ed ha ammesso che il veicolo trasportava le scorte per i marciatori e che questa cassa ne faceva parte.

I 100 milioni di dollari che figurano fra le loro richieste servirebbero per finanziare la riattivazione delle 514 cooperative minerarie che occupano circa 50 mila minatori e danno da mangiare a 300 mila persone producendo stagno, argento, volframio e oro nella misura del 35 per cento delle esportazioni minerarie del paese.

Chiedono inoltre la possibilità di sfruttare nuove aree ed un trattamento simile ai vantaggi che il governo concede alle multinazionali, un'imposta unica, il rispetto degli accordi, centri di rifornimento e dispense del Comibol, elettrificazione dei centri minerari, l'accesso ai macchinari ed agli equipaggiamenti che furono del Banco Minero, una equa regolamentazione per la commercializzazione dei minerali. E ancora: infrastrutture stradali, case, sicurezza sociale a breve ed a lungo termine, condono dei debiti, sostituzione del Ministero delle Miniere, partecipazione nel direttivo del Comibol (organismo minerario boliviano).

Nel corso della marcia di protesta i minatori hanno chiamato la popolazione alla lotta contro questo governo corrotto e sfruttatore, incontrando sostegno.

Nelle prime ore del mattino dell'8 giugno i manifestanti hanno di nuovo percorso in protesta il centro città, questa volta però impadronendosi dell'edificio del Palazzo di Giustizia e colpi di dinamite. Nel frattempo un altro gruppo tentava di entrare nell'Hotel Presidente (a cinque stelle) per aggiustare i conti con alcuni alti ufficiali.

Il grosso della marcia è giunto quindi al palazzo del governo, dove è stato brutalmente attaccato dalla polizia, con due minatori gravemente feriti e decine di arresti. In seguito la polizia è stata costretta a ripiegare dopo duri scontri.

Parallelamente a quello dei minatori, altri movimenti sono in corso nel paese da diversi mesi. Gli intestatari di migliaia di piccoli prestiti fanno quotidiane manifestazioni di protesta reclamando il condono totale dei loro debiti ed accusando le entità finanziarie di usura ed il governo di favorire i ricchi con vantaggi creditizi.

Inoltre, dal 7 giugno è iniziato anche un blocco delle strade. Un migliaio di camion pesanti ha iniziato ad ostruire le principali vie di comunicazione che uniscono il paese al Cile, al Perù ed al Brasile, e secondo la Camera Boliviana dei Trasporti è destinato a triplicare per giungere progressivamente ad un blocco totale, in attesa che venga accolta una petizione che comprende 13 punti, fra cui la de-privatizzazione del sistema viario.

L'11 giugno è iniziato anche uno sciopero generale della fame a tempo indeterminato nel carcere di massima sicurezza di Chonchocoro, con l'obiettivo di generalizzarsi a tutto il sistema carcerario.

Juventudes Libertarias Bolivia
(trad. di Aenne)



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