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Da "Umanità Nova" n.23 del 24 giugno 2001

Letture

Pino Cacucci- Ribelli!- Feltrinelli, 2.001, pp 182, Lire 24.000

Se ci fosse stato bisogno di una ulteriore conferma del talento di Pino Cacucci, ecco l'ultima opera di uno scrittore che sembra essere nato con la narrativa nel sangue, tanto sono intrise le sue opere del suo significato più recondito: ossia riportare fatti, veri o immaginari, per creare, in ordine di importanza, divertimento, emozioni, e infine un immaginario collettivo che diventa coscienza dal momento che è legato a contenuti imprescindibili per la cultura o la storia umana.

Pino ci riesce con la semplice forza evocativa della memoria: già qualche anno fa aveva raccolto in un pregevole libro, "Camminando", i personaggi più significativi dal punto di vista umano e letterario che aveva incontrato, armato di taccuino e registratore, nei suoi innumerevoli viaggi, lunghi o brevi (fra questi Abel Paz, conosciuto non in chissà quale peregrinazione, ma nella ospitale sede degli anarchici di Imola).

Questi ultimi Ribelli, invece, li ha quasi tutti incontrati nei libri, documenti e racconti della "memoria dei vinti". A partire da questa, facendo un'operazione che aggiunge pochissimo, ma quanto basta, alla semplice narrazione storica, Pino riesce a rendere tutta la forza, la tragicità e la tensione per il futuro di queste figure. Si parla di personaggi eccezionali come "Quico" Sabatè o Alfred Jacob, di partigiani emiliano-romagnoli come la banda Corbari e Mimma Bandiera, di animatori delle rivolte di ieri e di oggi nel "continente desaparecido", da Tupac Amaru a Pancho Villa, di vittime dei più atroci strumenti del potere vestito di umana sembianza, come Sacco e Vanzetti, Argo Secondari o Tamara Bunke, fino a un Jim Morrison, ribelle e anarchico istintivo, ripreso barcollante in una strada di Tijuana, per ricavare poi da ogni sua provocazione una chiave per smontare ogni semantica idiota e ipocrita costruita nei secoli dal conformismo perbenista delle maggioranze.

Tutti sembrano rivivere animati da questa penna, nelle loro vicende spesso tragiche ma esemplari, romantiche non nel senso deteriore che di questo termine ha dato la politica, ma in uno dei suoi più affascinanti sensi letterari, cioè quel "troppo cuore" già preso in prestito dall'autore al rocker Willy Deville.

"I ribelli che ho sempre amato sono inguaribili utopisti, animati da un'utopia con la minuscola: non quella dei grandi ideali con cui cambiare il mondo e affermare la società perfetta - rischiando così di contribuire al peggiore degli incubi, cioè un sistema orwellianamente totalitario - ma l'utopia dell'istintivo, insopprimibile bisogno di ribellarsi. E anche quando la sconfitta appare ormai ineluttabile, quando la realtà vorrebbe imporre loro l'accettazione di un compromesso per "salvare il salvabile", continuano a battersi per quella che Victor Serge definiva l'"evasione impossibile". Essere consci che in questo mondo non c'è possibilità di evadere non è bastato a convincerli ad arrendersi".

Insomma degli Arcangeli a cui il volare troppo in alto ha spesso bruciato le ali, ma non per questo meno validi dei rivoluzionari o presunti tali che stanno sulle magliette e sui calendari. Buona lettura.

F.F.



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