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Da "Umanità Nova" n.25 dell'8 luglio 2001

Bio-potere
Un'arroganza vertiginosa

In che mani è affidata oggi la vita nel pianeta? Come è possibile definire una politica che si incide sulla pelle degli uomini e delle donne con un marchio così indelebile?

Pur nei distinguo di ordine scientifico o ideologico, la gran parte degli istituti osservatori della condizione umana della terra concordano nel sottolineare come la civiltà cui crediamo di essere abituati, sia un obiettivo purtroppo ancora lontano per la maggioranza della popolazione. Si intende per civiltà quei capisaldi della dignità della vita che si traduce in condizioni di vita materiale e immateriale, culturale, idonea per lo sviluppo pluridirezionale della esistenza degli esseri umani. Sono le libertà in senso positivo, per fare qualcosa di idoneo alla natura degli individui, e le libertà in senso negativo, ossia di emancipazione dai limiti di questa stessa natura, che infine pone il genere umano in quella terra di nessuno, tra natura e cultura, che è il regno dell'arbitrario, ossia della libertà di inventarsi il proprio unico stile e percorso di vita, in sintonia conflittuale ma non distruttiva con la natura e la società.

Ebbene, se diamo uno sguardo ai rapporti analitici e statistici, ci accorgiamo come l'organizzazione della vita nel pianeta sia ancora oggi segnata dalla profusione di elementi qualitativo indecorosi, nel senso sopra sinteticamente descritto. Povertà, sterminio, guerre, malattie pandemiche (nuove e di ritorno, come la malaria) stanno ostinatamente a indicarci come i gestori dell'esistenza collettiva, elevatisi smisuratamente al di sopra dello standard di vita, parlino, riflettano, agiscano in una direzione non solo opposta alla risoluzione, ma addirittura incitativa dell'acuirsi di quei problemi. Sono infatti le bio-politiche in atto a produrre, forse sconsideratamente ma più probabilmente volutamente, quegli effetti collaterali di strategie volte al potere, al profitto, all'appropriazione minoritaria di beni pubblici, allo sfruttamento intensivo ed estensivo. Non può essere solo un destino cinico e baro a incrementare il tasso di povertà in Africa condannando circa un miliardo di individui alla invisibilità quotidiana, squarciata solo da episodici reportage televisivi o da scene cruente di conflitti genocidari; non può essere solo per un destino cinico e baro che la fame o la guerra condannino bambini ad un atroce e falso bivio tra rinuncia all'infanzia o morte prematura; non può essere solo per un destino cinico e baro che la guerra induca milioni di esseri umani al reciproco annientamento senza una qualsiasi prospettiva di vita dignitosa per cui battersi, mentre i sopravvissuti e gli scampati sono destinati ad una clandestinità esiliata permanente; non è affatto un destino cinico e baro a condannare i milioni di sieropositivi, di tubercolotici o di affetti di malaria a sofferenze mortali perché i profitti delle società farmaceutiche possono alimentarsi solo di consumatori ricchi.

Così come è questa bio-politica a livello planetario a distribuire le opportunità di accesso ad una esistenza in linea con la retorica della civiltà in una maniera tanto diseguale da evocare una nuova soglia di divisione tra la classe di chi possiede - denaro, istruzione, salute, conoscenze - e di chi non possiede ed è letteralmente dipendente dalla prima per tutto ciò che occorre a orientarsi nei meandri della esistenza. Così come è questa bio-politica a livello mondiale ad asfissiare lentamente il pianeta degradando la qualità ecologica della terra alimentando un ingranaggio infernale e dissipativo che potrà catastroficamente condurci alla estinzione del genere, tra emissione di biossidi di carbonio, restrizione della fascia protettiva dell'ozono, inquinamento della falde acquifere, riscaldamento climatico e scioglimento dei ghiacciai, mutazione dei microclimi ambientali, stravolgimento della catena alimentare, modificazione alla cieca del patrimonio genetico, con il corollario decisivo del business legato a ciascuno di questi fattori su cui sono in corsa i potentati privati.

Se la globalizzazione è il nome con cui convenzionalmente si definisce tale trama perversa attraverso cui convergono fisiologicamente un modo specifico di produzione e di riproduzione delle condizioni materiali e immateriali della vita sulla terra, ossia l'intreccio combinato tra economia e politica, tra società e religione, tra cultura e natura, allora uno snodo cruciale è rappresentato dalla configurazione odierna del potere come senso della vita - nella duplice accezione di significato simbolico e di direzione da imprimere.

Con bio-potere, infatti, intendiamo raffigurare la matrice di intenzionalità strategica che muove la disciplina della vita sulla terra sotto l'ipoteca della morte imminente, come perenne monito contro l'ansia di rivolta, l'urgenza della liberazione, la tensione alla dignità dell'esistenza per tutti e per ciascuno. L'avvertimento ricattatorio che il bio-potere lancia costantemente è teso a regolamentare minuziosamente il contesto di compatibilità tra libertà e asservimento, usando lo spettro della donazione di vita e di morte non solo come capziosa ideologia religiosa, ancora oggi presente nei regimi clericali pseudolaici e teocratici, ma anche e soprattutto come istruzione alla servitù volontaria che interiorizza l'ineluttabilità del dominio gerarchico, sulla cui forma storica di organizzazione è possibile solo operare modifiche parziali e irrilevanti, pena la morte di volta in volta fisica, civile, culturale, spirituale.

La dis-misura di assoggettamento del bio-potere sui saperi e sui corpi è il prisma di decifrazione dei processi di globalizzazione tanto al nord, quanto al sud del mondo, nelle doverose differenze di costellazione: esso si esalta nella arroganza vertiginosa della potenza infinita e illimitata che riduce la terra con tutti i suoi abitanti a elementi plastici da piegare e ridurre al proprio arbitrio. I segni che il mondo emana - povertà, fame, sterminio, guerra, malattie, accesso ai beni primari, qualità ambientale - si rinviano l'un con l'altro denotando il carattere ferale della civiltà del bio-potere.

Salvo Vaccaro



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