Da "Umanità Nova" n.25 dell'8 luglio 2001
Tanti regali alle imprese
Il programma dei primi cento giorni di Berlusconi
Chi pensava che i governanti di destra sono persone
incolte ed indifferenti ai principi è servito. Nella relazione che
accompagna il famoso programma dei primi cento giorni del governo Berlusconi
possiamo leggere una citazione che disegna una visione generale del ruolo dello
stato di tipo liberale classico:
"In un famoso passo di Kant, il sovrano si rivolge al mercante e, con
atteggiamento benevolo e disponibile, gli chiede: "Cosa posso fare per voi?".
Il mercante risponde: "Maestà, dateci moneta buona e strade sicure, al
resto pensiamo noi".
Qualche malevolo potrebbe pensare che la citazione in oggetto è stata
scovata sui Baci Perugina o che è il prodotto del lavoro di qualche
portaborse ex sessantottino passato in quota Forza Italia. Noi preferiamo
pensare che la destra sia stata effettivamente affascinata dalla citazione in
oggetto e che ne abbia dato, per soprammercato, una nuova e suggestiva
interpretazione. Riteniamo, infatti, che, per i nostri eroi, si tratti non di
emettere moneta buona ma di darla nel senso letterale del termine ai mercanti e
che le strade sicure delle quali si parla siano le strade che portano
all'accumulazione di profitti grazie alla protezione statale.
I punti che costituiscono il "programma da realizzarsi nei primi cento giorni"
del governo Berlusconi sono molti, undici per l'esattezza, e può valere
la pena di esaminare i passi salienti della relazione che accompagna il
programma senza pretendere una completezza che richiederebbe un volume.
Il primo obiettivo è il "Contratto di lavoro europeo". I nostri eroi si
esibiscono in un'affermazione originale e coraggiosa: "Non possiamo entrare nel
nuovo secolo avendo solo il contratto di lavoro tipico del
vecchio secolo.". Visto che da anni la maggior parte dei nuovi contratti
è già costituita da contratti anomali, si possono dare due
interpretazioni di una frase del genere:
- la destra vuole reintrodurre i vincoli alla deregolamentazione del mercato
del lavoro che la sinistra ha tolto;
- la destra non sa cosa ha fatto la sinistra o è, come la sinistra
lamenta, ingenerosa.
Proseguendo la lettura del testo veniamo confermati nel dubbio che l'autore sia
un marxista rinnegato. Si afferma, infatti: "Le strutture economiche producono
e postulano le forme giuridiche... se le strutture economiche cambiano, le
forme giuridiche non possono restare ferme e neppure possono bloccare la
realtà."
Insomma le forme economiche sarebbero la "realtà" alla quale si devono
adattare le forme giuridiche. A quando l'utilizzo dei termini "Struttura" e
"sovrastruttura"?
In che consiste questo adattamento? Lasciamo parlare la relazione:
"Questa nuova normativa trasforma... in una regola quella che è stata
finora un'eccezione. I due tipi di contratti di lavoro - a tempo indeterminato,
a tempo determinato - avranno d'ora in poi parità di status giuridico...
Invece di affermare che le assunzioni a termine sono vietate, tranne in alcuni
casi tassativi indicati dalla legge e/o dai contratti collettivi, si opta per
una formula nuova: il datore di lavoro può assumere dipendenti con
contratti a scadenza prefissata, a fronte di ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo."
In sintesi, quello che per la sinistra era una, corposa, eccezione diviene, per
la destra, la regola ancora più corposa e cade la patetica finzione per
la quale il "lavoro anomalo" era, appunto, anomalo. Sembrerebbe, insomma, di
trovarsi di fronte ad una semplice presa d'atto della realtà che viviamo
da anni. In effetti non è proprio così, l'equiparazione giuridica
dei contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato comporta la
fine della possibilità per i lavoratori di ricorrere a forme di tutela
giuridica quando appare evidente che il lavoro precario sostituisce quello
regolare e si lascia ai padroni totale mano libera nelle assunzioni e gli
stessi sindacati di stato vengono ridimensionati nella loro funzione di
mediazione nel governo di questo segmento del mercato del lavoro.
Il secondo obiettivo è il piano di emersione dall'economia sommersa.
Può essere interessante notare che l'autore del testo ha, in questo
caso, dato ampio spazio alla questione morale e cita, in particolare, Antonio
Fazio, il cattolicissimo Governatore della Banca d'Italia, quando afferma che
il lavoro nero, grigio o comunque irregolare:
"... è più diffuso in ambienti socialmente deteriorati; si
associa spesso ad altre forme di irregolarità; confina talora con
attività economiche illegali. Toglie ai giovani la dignità di un
rapporto di lavoro trasparente; li può indurre a considerare ammissibile
e naturale l'esercizio di attività illecite, in casi estremi
criminose."
Il progetto del governo per ricondurre alla trasparenza il lavoro nero è
il finanziamento a nuove assunzioni che, come è sin troppo chiaro,
possono essere a tempo determinato. Non siamo, quindi, di fronte ad un semplice
condono ma ad un incentivo forte alle imprese che, fra l'altro, riceveranno
ulteriori incentivi per la "formazione" del personale, leggasi apprendistato.
Che si tratti di una manovra decisamente filopadronale appare tanto evidente
che i nostri amici sono indotti ad affermare:
"Ciò che può sembrare ingiusto, in particolare, prospettando ed
analizzando ad esempio uno specifico caso, può invece essere considerato
giusto, guardando più in generale, guardando al futuro. Quello del
bene collettivo è, necessariamente, un concetto di
sintesi."
In altri termini:
- i padroni utilizzano il lavoro nero e ne traggono profitti "anomali";
- per indurli a smetterla il governo finanzia le assunzioni in modo che non
solo ne traggano profitti ma non siano afflitti dal timore di sanzioni;
- ciò che prima era illegale (riduzione del costo del lavoro) diviene
legale con l'effetto, secondo lorsignori, di moralizzare le giovani generazioni
e di aumentare la ricchezza nazionale.
Ancora una volta, nulla di completamente nuovo ma la ripresa e radicalizzazione
di misure già avviate dalla sinistra.
Segue, titolo III, la "Detassazione degli utili reinvestiti in beni strumentali
nell'esercizio dell'attività produttiva" sulla quale non ci dilunghiamo
se non per notare che viene estesa alle banche ed ai lavoratori autonomi in un
sano spirito postindustriale mentre di tagliare le tasse sui salari non si
parla nemmeno.
Il titolo IV "Legge obiettivo" riguarda le grandi opere e chiarisce che:
- servono grandi opere, oltre che di unificazione, di apertura al traffico
europeo;
- serve una legislazione speciale per realizzarle, perché quella
esistente è paralizzante;
- in questa strategia, un ruolo chiave può (e deve) essere giocato,
oltre che dallo Stato, dalle regioni e dal coordinamento delle regioni
interessate.
La "legge obiettivo" "consente di superare tutti gli ostacoli giuridici e,
conseguentemente, di realizzare concretamente i progetti-obiettivo" leggi
grandi opere. Viene, con questo strumento, disegnata una parte importante di
quello che potremmo definire il "welfare berlusconiano": Ponte sullo Stretto di
Messina, TAV, autostrade ecc... Al fine di realizzarlo viene affermato un
modello giuridico di tipo "nuovo" anche se ne ricorda uno che ci ha deliziato
qualche decennio addietro:
"Nella logica della legge obiettivo, la legittimità politica e giuridica
dell'opera è, infatti, nell'opera in sé, in quanto identificata
come obiettivo strategico. Tutte le altre leggi, causa sistematica di ostacolo,
vengono conseguentemente disapplicate. Restano fermi solo i principi
comunitari, i principi costituzionali e i principi del codice penale."
Insomma, non si arriva a considerare la volontà del capo come fonte del
diritto ma non ci manca molto anche perché i limiti posti alla
volontà del governo sono o scontati o inessenziali. È gustoso, a
questo proposito, che si ricordi, per fare un esempio, che non è lecito
rubare sugli appalti, appunto che, vista la natura dei nostri governanti
è, nel contempo, divertente ed implausibile.
Il governo è consapevole dei caratteri, a dir poco, singolari della
"legge obiettivo" tant'è che, nella relazione, si riconosce che:
"è certo vero che, nella meccanica di norme di legge di questo tipo,
è implicito ed evidente il carattere dell'autoritarietà."
Noi diremmo autorità priva di vicoli significativi ma il governo,
evidentemente, governa anche la lingua. D'altro canto, i nostri, consapevoli
della delicatezza delle tesi che sostengono, affermano:
"In specie, non è vera la tesi demagogica secondo cui soluzioni
legislative del tipo qui proposto contengono in sé un surplus di
'centralismo' ovvero un deficit di democrazia e/o di giustizia perché
superano d'un colpo gli sbarramenti assemblearistici e giuridici."
Si noti bene che le assemblee delle quali si parla non sono i consigli degli
operai, dei contadini e dei soldati ma i consigli comunali, provinciali e
regionali che vengono, come la legislazione ordinaria, percepiti come un freno
alla libera azione del nuovo principe. In altri termini, la "libertà" di
investire in grandi opere richiede una modificazione sostanziale della
costituzione materiale (e, prevedibilmente, formale) della costituzione della
repubblica con un rafforzamento secco del ruolo dell'esecutivo che risponde
solo ai suoi interlocutori forti (dai quali non mancano lodi aperte come nel
caso della Confindustria) ed agli elettori assunti come una massa di individui
atomizzati e chiamati ad esprimersi a giochi fatti per esprimere il gradimento
per la scelte del governo ogni cinque anni.
Il documento del quale abbiamo intrapreso la lettura meriterebbe molti altri
appunti, in particolare al titolo V (New economy)e XI (Soppressione della
tassa successioni e donazioni) che, in particolare, è un limpido esempio
della ripresa a destra dello slogan sessantottino: Il personale è
politico .
Per ora possiamo limitarci a rilevare che:
- tutte le misure dei primi cento giorni assumono come interlocutore
privilegiato le imprese alle quali vengono garantiti deregolamentazione del
mercato del lavoro, tagli fiscali, finanziamenti ed incentivi, occasioni di
profitto;
- queste misure riprendono sovente le scelte dei governi di sinistra ma si
caratterizzano per una logica più coerente e strutturata. Se, come si
suol dire "L'ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla
virtù" possiamo dedurne che oggi il vizio si ritiene virtù;
- il welfare berlusconiano può affermarsi solo rafforzando l'esecutivo a
scapito dei poteri locali dello stato e delle assemblee elettive. Questa,
necessaria, evoluzione rende giustizia alle fantasie federaliste di molti
supporter federalisti della destra che avranno l'unico federalismo possibile e,
cioè, la gestione subalterna di decisioni e di scelte centrali;
- Stato e mercato, infine, appaiono come due facce della stessa moneta:
più stato inteso come potere centrale e più mercato convivono
perfettamente;
- il rafforzarsi dell'esecutivo, anch'esso avviatosi da molti anni,
ridarà spazio ai difensori della "vera democrazia" che avranno, come
unico spazio, la valorizzazione della "società civile" contro il potere
dell'economia. Leadership carismatica e difesa della "partecipazione" sembrano
le braccia di una tenaglia i cui punti di crisi vanno individuati al fine di
spezzarne la presa.
Cosimo Scarinzi
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