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Da "Umanità Nova" n.26 del 15 luglio 2001

Genova... pronti a salpare

Nel momento in cui scrivo questo pezzo, non sappiamo ancora come sarà possibile arrivare a Genova per protestare contro l'abuso di potere che i G8 dimostrano, hanno dimostrato e non dovranno più dimostrare. La trattativa tra governo e parte filo-istituzionale del variegato movimento antiglobalizzazione procede secondo i leggibili piani del governo: tirarla per le lunghe in modo estenuante, non dare certezze per non dare vantaggio agli aspetti organizzativi delle manifestazioni, soprattutto dividere il movimento in buoni e cattivi, affidabili e inaffidabili, seducibili e irriducibili, compatibili e incompatibili. Non sempre i gesti sono neutrali, e una trattativa non meramente tecnica significherebbe una legittimazione reciproca tra le parti, con il corollario di ulteriori frammentazioni di un movimento appena sorto in Italia e nel resto del mondo che ancora non dimostra di avere una pars costruens articolata e ben saldata con le istanze territoriali, tanto al nord quanto al sud del mondo.

La pluralità, comunque vada, è un dato di fatto che solo l'escalation del terrorismo di stato (Napoli, Goterborg e la polizia psicologica dispiegata in questi giorni in attesa di Genova) potrà eventualmente revocare. Sarebbe una facile illusione credere che la battaglia - non di Genova, perché il G8 è una tappa per i padroni del pianeta - contro i poteri mondiali, le disuguaglianze, le rapine, gli squilibri, la miseria scientificamente indotta, lo sterminio pianificato, l'avvelenamento quotidiano, sia giocabile sul piano dell'evidenza mediatica tale da attirare le simpatie dell'opinione pubblica. Tale piano di lettura e di conseguente pratica politica assorbe consapevolmente uno stile della politica contemporanea assolutamente irrilevante quanto a capacità di incidere sui meccanismi di fondo del potere mondiale: quello della servitù volontaria di una minoranza del pianeta che sfrutta la maggioranza del mondo con un consenso rinnovato giorno dopo giorno nei fatti: spreco, dissipazione di risorse, razzismo, consumismo sfrenato, assuefazione delle coscienze, sostegno indiretto alle politiche militariste, benefici delle rapine dei beni primari della terra. Sarà su questo piano di vita che si giova la possibilità di rendere la terra un pianeta abitabile per tutti, ridimensionando non solo uno stile di esistenza opulenta, quanto e soprattutto interrompendo le pratiche di dominio che la rendono possibile: ossia il potere politico e quello economico.

Per puntare a un simile obiettivo radicale, messinscene ed eventi spettacolari lasciano il giorno che trovano, cancellati dai media dalla notizia successiva, che peraltro alimentano l'escalation di emozioni forti, sempre più forti e voyeuristiche, tipiche da un popolo televisivo nutrito di spettacolo, cui replicare con un contro-spettacolo, diverso e analogo in linea di principio, soprattutto produttivo dello stesso effetto narcotizzante e non-partecipativo (il noto quarto d'ora di celebrità che ormai non si nega a nessuno, nemmeno a chi va nelle copertine di settimanali borghesissimi, integrati e capisaldi del sistema stesso).

Ecco perché sarà importante esserci a Genova, per segnare una presenza diversa accanto alle altre, differenziata ma incanalata nella medesima marea che ricoprirà ogni centimetro quadro lasciato libero dai poliziotti. Senza pensare a una riedizione della scena di guardie e ladri, ma nemmeno senza chinare il capo come se questo fosse l'ordine inevitabile delle cose. Cambiare è sempre possibile, sta a questa generazione provarci senza mimare deprecabili avventure del passato recente: fughe avanguardistiche in avanti, tentativi castranti di egemonismi, riflusso insensato nei giochetti della politica parlamentare, antagonismo verbale e insufficienza protagonista.

Si potrà perdere perché l'avversario è smisuratamente forte, e quindi sarà bene non accettare la sfida sul suo campo preferito; si potrà vincere perché tre quarti del pianeta è potenzialmente un fronte di lotta immenso e variegato quanto basta per non lasciarsi irretire in facili scorciatoie cieche e per sapere inventare sempre inedite forme organizzative orizzontali e libertarie, decentrate e autogestionarie. Quel che a Genova si dovrà evitare è la ripetizione stantia di scenari già visti venticinque anni fa, in cui la parata scenica mima conflittualità per l'egemonia entro il movimento o per la rivincita rancorosa personale (anche se di molti) nei confronti del mini-rappresentante del padroncino di turno, mentre ad essere emarginato dalla comunicazione politica, comunque venga fatta se indirizzata a tale scopo, sarà il popolo confinato in città, che da assediato potrà diventare assediante.

Salvo Vaccaro



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