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Da "Umanità Nova" n.26 del 15 luglio 2001

Razzisti al governo
Welfare padano

"Vogliamo braccia che abbiano professionalità"
(G. Gentilini, sindaco-sceriffo di Treviso)

Proprio su queste pagine, a suo tempo, era stata presa in considerazione la difficile posizione della Lega Nord nei confronti dell'anima neoliberista e "mercantilista" largamente maggioritaria all'interno del polo berlusconiano - oggi cassa delle Libertà - di fronte al nodo dell'immigrazione.

Da un lato infatti la Lega Nord per arginare la propria crisi d'identità e di prospettive politiche ha fortemente incrementato il suo vociante oltranzismo contro gli immigrati per tentare di mantenersi almeno il proprio zoccolo duro militante e la parte più nervosamente xenofoba dell'elettorato, dall'altro invece gli interessi degli imprenditori, parte non trascurabile del blocco sociale del centro-destra al Nord, reclamano da anni contingenti di manodopera flessibile, ricattabile e a buon mercato per la piccola-media industria.

Premessa e ricordata questa contraddizione, si può quindi meglio comprendere ed inquadrare il senso della proposta avanzata dal Ministro del Welfare, il leghista Maroni, attorno ai cosiddetti "contratti di soggiorno" che permetterebbero l'ingresso in Italia solo a quegli extracomunitari in possesso già di un contratto di lavoro, preferibilmente a tempo determinato, prima di partire dal loro paese d'origine.

Infatti la proposta degli "immigrati a termine" esposta da Maroni e Bossi appare come il tentativo di coniugare la sbandierata ed urlata Tolleranza Zero verso i "clandestini" e le richieste produttive di padroni e padroncini padani; tentativo certo rozzo, ma del tutto rispondente alle aspettative espresse appena un anno fa da Marcello Pacini, autorevole Direttore della Fondazione Agnelli, che auspicava "una reale coerenza fra i flussi migratori e le esigenze dell'economia italiana (...) se si vuole davvero gestire i flussi migratori in sintonia con le esigenze del sistema economico non si può evitare di fare i conti con il tema della qualità e della selezione degli immigrati (...) Se vogliamo applicare il criterio della selezione degli immigrati secondo le professionalità richieste dal mercato del lavoro dobbiamo prendere atto che la probabilità di soddisfare i requisiti che servono all'economia italiana non è uniforme in tutte le aree di provenienza degli immigrati, ed è anzi particolarmente bassa proprio in quei paesi ai quali l'attuale programmazione italiana dei flussi riserva quote significative" (La Stampa, 6.7.2000).

D'altra parte anche all'interno di Forza Italia, nonostante l'atteggiamento dilatorio di queste settimane, questo indirizzo trova molti sostenitori, come testimoniano le dichiarazioni di Franco Frattini rilasciate alla stampa alcuni mesi fa: "Bisognerebbe collegare al contratto non solo la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno, ma anche il diritto di rinnovarlo" (Panorama, 30.11.2000). Per cui è facile prevedere che, dopo essere stata debitamente adeguata alle domande padronali e resa presentabile per non passare troppo palesemente per schiavista, la proposta di Maroni ha ottime probabilità di essere fatta propria dall'intero governo, in considerazione anche degli ingenti risparmi sia per le casse dello Stato che delle imprese derivanti dal costo zero per la formazione della manodopera importata dall'estero; le indicazioni degli industriali sono ancora una volta chiare: Sergio Bellato, "illuminato" presidente di Unindustria Treviso, ha precisato che "se la proposta di Bossi significa che alla fine dei quattro anni di lavoro un immigrato per forza deve tornarsene nella propria patria non ci vede favorevoli", in quanto, dal suo punto di vista, l'obiettivo "è trovare lavoratori già selezionati nel Paese d'origine, possibilmente già formati, assicurando loro un alloggio in Italia e avviarli verso un percorso lavorativo non necessariamente a termine, perché quando si chiede professionalità la si chiede nel tempo" (La Tribuna, 4.7.2001).

Ovviamente questa politica "lavorista" dei flussi in cui la cosiddetta accoglienza è del tutto subordinata alla logica del profitto e alle leggi del mercato, come anticipato dal precedente governo di centro-sinistra attraverso la legge Turco-Napolitano, non risolverà quella che viene definita come la "piaga" dell'immigrazione clandestina caratterizzata in larga misura da una bassa professionalità, anche se con livelli culturali superiori a quanto generalmente siamo portati a ritenere.

Questi "invisibili" continueranno infatti a costituire quella manovalanza supersfruttata necessaria per quella diffusa "economia sommersa" di fabbrichette, imprese a conduzione familiare, laboratori semi-artigianali, ma anche grandi aziende agricole e ditte edili di media grandezza, che creano i celebrati miracoli dell'Italia che produce.

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