![]() Da "Umanità Nova" n.26 del 15 luglio 2001 Metalmeccanici in scioperoLo sciopero dei metalmeccanici del 6 luglio, il primo sciopero da decenni indetto dalla sola FIOM, era atteso con attenzione sia nel mondo sindacale che il quello politico e confindustriale. Si trattava, infatti, di valutare lo stato dei rapporti di forza interni al mondo sindacale, per un verso, e la capacità della FIOM di essere riferimento credibile per settori consistenti di quello che è, nonostante i miti postindustriali, il principale segmento della working class italiana. Ritengo, visto che, quando uscirà quest'articolo, sarà passata una settimana dallo sciopero e le cronache dell'evento saranno note, proporre diversi piani di lettura che hanno una relativa autonomia fra di loro ma che sono necessari per una valutazione non episodica.
Il quadro istituzionale Nello stesso tempo, la CISL vedeva la fine dell'ennesimo tentativo di dar vita ad un terzo polo centrista sul piano parlamentare e la caduta sul campo di Sergio D'Antoni. Si trattava per quest'organizzazione, e per la UIL nel ruolo di ascaro, di ritagliarsi uno spazio come sindacato "responsabile" non apertamente appiattito sul centro destra ma nemmeno pregiudizialmente ostile al governo. Sebbene non sia da escludersi un nuovo collateralismo fra CISL e Margherita, questa scelta implica il tentativo di mettere in un angolo la CGIL e di logorarla nel ruolo di sindacato incapace di mettere a frutto la propria forza.
Il nuovo protagonismo del padronato Rispetto al 1994 la politica confindustriale parte da un rapporto di forza decisamente più favorevole. Nel 1994 il primo governo della destra scelse di scontrarsi frontalmente con CGIL-CISL-UIL (e si ruppe le gambe nel tentativo) mentre il padronato puntava sulla tenuta del patto corporativo del 1993 che prevedeva il coinvolgimento della CGIL. Oggi sia il governo che la Confindustria puntano ad incunearsi nella contraddizione fra CGIL da un lato e CISL e UIL dall'altro per avere un interlocutore sindacale privilegiato e tale da indebolire un eventuale movimento di opposizione sociale. Questo senza considerare il possibile rapporto privilegiato fra sindacati autonomi del pubblico impiego (già in area governativa) e la CISL.
Le 18.000 lire della discordia
L'oggetto del contendere - La tenuta di un patto corporativo che la CGIL non è disposta ad abbandonare con la flessibile disponibilità della CISL e della UIL; - La rivendicazione di un peso sociale (la FIOM, da sola, ha più iscritti della FIM e della UILM messe assieme) che la FIOM poteva accettare di vedere sottostimato solo nell'ambito del precedente patto sociale; - La necessità di fare fronte all'aggressività confindustriale e, nel contempo, di allargare il proprio insediamento sia sottraendo iscritti e militanti ai concorrenti che diventando punto di riferimento per le giovani generazioni operaie che vivono oggi le loro prime esperienze di conflitto industriale. La FIOM mette, quindi, in gioco un tessuto militante logorato ma ancora consistente, l'appoggio della sinistra parlamentare, la capacità di attrazione sui settori della sinistra non istituzionale, il prestigio derivante da una storia non ignobile. Non è casuale che apra ai centri sociali, al movimento antiglobalizzazione (nelle sue espressioni moderate), alla sinistra sociale.
I dati dello sciopero e le dinamiche che si aprono Il centrosinistra si trova a disagio, diviso com'è fra i DS che devono tenere conto del ruolo della CGIL e del fatto che la forza di questo sindacato è il loro ultimo vero bastione e la Margherita che si presenta come concorrente della destra nella gestione della "modernizzazione delle relazioni industriali". È, comunque, un fatto che la mobilitazione di centinaia di migliaia di uomini e di donne non può essere ridotto alle dinamiche dell'universo istituzionale. Lo sciopero del 6 luglio ha posto all'ordine del giorno questioni importanti sul terreno di classe: - I lavoratori e le lavoratrici che hanno scioperato e che sono scesi in piazza sono stati molti e non lo hanno certo fatto per la piattaforma di CGIL-CISL-UIL. La FIOM ha raccolto uno scontento che ha ragioni profonde e che deriva dalle condizioni di lavoro, dalla distruzione dei diritti sociali, dalla consapevolezza che i lavoratori hanno maturato in questi anni sul tentativo di distruggerne la natura di soggetto sociale importante; - Molti commentatori , in questi giorni, hanno riscoperto le "tute blu" come se non fosse noto chi produce la ricchezza sociale e ne paga i costi in termini di quotidiano sfruttamento. Al di là dei momenti di grande visibilità, l'universo del lavoro industriale in particolare e di quello salariato in generale sta mostrando da qualche anno una ripresa di vitalità e di combattività che non va sottovalutata; - Nei prossimi mesi la questione del lavoro tornerà al centro da diversi punti di vista, da quello dei contratti di categoria alle questioni generali come le pensioni, i diritti, i servizi. Su questo terreno si deciderà il peso dei diversi progetti politici e sociali in campo. La vivacità della FIOM non significa certo che questa organizzazione romperà con la logica della concertazione del patto sociale che, peraltro, apertamente rivendica. Sarebbe, però, miope non cogliere le occasioni che derivano dalla crisi del vecchio blocco corporativo per rilanciare l'iniziativa su alcune questioni nodali come l'orario di lavoro, il salario, l'equiparazione dei diritti fra lavoratori italiani ed immigrati e fra lavoratori normati e precari, solo per indicare alcune questioni urgenti. Come sempre, il futuro riposa sulle ginocchia degli dei ma è possibile operare perché le contraddizioni non vengano chiuse mediante accordi fra gli apparati e la macchina dell'oppressione sociale non possa operare come di consueto. Cosimo Scarinzi
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