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Da "Umanità Nova" n.27 del 22 luglio 2001

Contro pensioni, sanità, scuola, diritto al lavoro...
La carica dei cento giorni

Mentre si avvicina il momento dell'approvazione del DPEF (documento di programmazione economica e finanziaria) iniziano a chiarirsi alcuni caratteri (e contraddizioni) della politica economica del nuovo governo.

Mercoledì scorso Tremonti, il ministro dell'economia, ha posto i piedi nel piatto e chiarito, almeno, due cose:

* rivolgendosi, per esporre la situazione dei conti pubblici, direttamente ai cittadini e tralasciando di incontrarsi prima con i sindacati ha applicato con coerenza il modello plebiscitario sperimentato con successo dal suo padrone e dato un'ulteriore picconata al modello concertativo;

* ai cittadini stessi ha reso noto che, a causa delle malvagie imprese della sinistra spendacciona, dovranno avere un po' di pazienza e che la pensione minima ad un milione non è dietro l'angolo.

Va da sé che i finanziamenti alle imprese non potranno essere rinviati visto che le imprese non hanno l'abitudine all'astinenza che caratterizza i pensionati e che la lotta allo statalismo viene praticata dai nostri imprenditori mediante il ricorso ai finanziamenti pubblici. Com'è noto, infatti, lo stato, quando finanzia interessi privati, non è più statalista e subisce una vera e propria transustanziazione.

La forzatura del gufesco ministro sembra segnalare una differenziazione rispetto alla precedente strategia sindacale della destra, strategia incentrata sul tentativo di incunearsi fra CISL ed UIL, da una parte, e CGIL dall'altra ma si caratterizza anche per una certa coerenza: la concertazione nuovo modello non può che passare per un disciplinamento della CGIL e la CGIL, piaccia o meno, resta un partner ingombrante. In altri termini, le pressioni per considerare chiusa la fase apertasi nel 1993 sono forti da parte confindustriale e CISL ed UIL non possono attendersi che lo spazio che si riserva ad ascari destinati a prendersi qualche volta un ceffone sul muso ed ad abbozzare.

Un segnale che sembra confermare questa deriva è la recente presa di posizione della Confartigianato che propone di abolire il contratto nazionale nelle imprese che organizza e di passare a contratti regionali. Si tratta, con ogni evidenza, di un tentativo di tagliare le retribuzioni nelle regioni del centro sud, tentativo che viene praticato con l'esplicita proposta di contrattare solo con CISL ed UIL. Vi è, a questo punto, la possibilità che i dirigenti della CISL e della UIL mostrino insospettabili virtù di combattività e dignità ma non consiglierei a nessuno di trattenere il fiato nell'attesa.

Su alcuni punti precisi il governo sta prendendo l'iniziativa, in attesa di documenti ufficiali si possono individuare alcune questioni scottanti:

* sulla scuola, Letizia Moratti ha posto all'ordine del giorno l'introduzione di carriere individuali per il personale e la gestione del controllo sulla qualità del lavoro ad opera di un'agenzia esterna all'amministrazione. Il decennale blà blà della sinistra sulla necessità di premiare il merito viene bruciato sul campo dall'effettiva introduzione di una pratica imprenditoriale che premierà i "migliori" possiamo immaginare con quali criterio. Ovviamente i sindacati istituzionali si lagnano orrendamente per la mancanza di cortesia della dama di ferro e tenteranno di recuperare spazio nel prossimo periodo ma è sperabile che i lavoratori della scuola non dimentichino chi li ha ammorbati per decenni con discorsi e scelte che hanno spianato la strada alla destra;

* sulle pensioni, la campagna per lanciare le pensioni integrative riprende forza come la, prevedibile, introduzione di tagli alle pensioni che rendere necessario ai lavoratori ricorrere a questo meccanismo;

* sul diritto del lavoro, riprendono i discorsi, ad opera di Robarto Maroni, sulla "flessibilità in uscita", la patetica definizione dei licenziamenti nel linguaggio di legno dei burocrati e dei giornalisti economici che si affannano a spiegare che il licenziamento non è più un tabù. Sembra quasi, leggendo "Il Sole 24 ore" che la libertà di licenziamento sia un momento dell'emancipazione sessuale, la rivendicazione del diritto, per i padroni, di fottere (mi si passi il termine) liberamente i lavoratori. E, a condire il tutto, il leghista ministro del lavoro ipotizza uno scambio fra libertà di licenziamento e concessioni ai sindacati per quel che riguarda la previdenza,. In altri termini: libertà di licenziamento contro controllo sindacale di parte dei fondi pensione,

* tornano, infine, alla ribalta i discorsi sulla necessità di introdurre ticket sulla sanità mentre vengono tagliate 800.000 pensioni INPS (forse per rendere più ansiosa l'attesa del mitico milione al mese).

In sintesi, la destra sta mettendo mano al vecchio compromesso sociale e trova interlocutori sindacali e politici disponibili a sinistra. Non dimentichiamo che la margherita si è espressa a favore del recente decreto ammazza precari del ministro della pubblica istruzioni e del contratto dei metalmeccanici firmato da Cisl e Uil.

La partita si sposta, di conseguenza, sul terreno dell'iniziativa diretta dei lavoratori, iniziativa che dovremo seguire e sostenere cogliendone il concreto manifestarsi nel prossimo periodo.

Cosimo Scarinzi



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