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Da "Umanità Nova" n.27 del 22 luglio 2001

Documenti
Porto Marghera. Produttori di morte

"Le produzioni di morte devono essere eliminate e bandite"
Si avvia alla conclusione il processo per le morti al Petrochimico di Marghera. Vi proponiamo un'ampia sintesi delle "Osservazioni finali della Relazione tecnica sulle fonti e gli effetti inquinanti del Polo chimico di Porto Marghera, realizzata da Roberto Carrara, Luigi Mara, Bruno Thieme e Ettore Tibaldi" del 31 marzo di quest'anno.

Nelle relazioni del 24 ottobre 1999 e del 6 luglio 2000, documentavamo: "che gli impianti del Petrolchimico e della Montefibre di Porto Marghera sono obsoleti e sono stati progettati, realizzati e gestiti "a ciclo aperto" ovvero sversando negli ambienti di lavoro e in quello esterno i reflui di processo, esponendo gravemente i lavoratori agli stessi agenti tossico nocivi, ivi compresi quelli mutageni e cancerogeni... che anche i singoli componenti impiantistici (valvole e organi rotanti con relative tenute) installati su quegli impianti obsoleti erano anch'essi tecnologicamente superati".

In questa sede si è documentato come il gravissimo inquinamento causato dai cicli produttivi del Petrolchimico e della Montefibre di Porto Marghera sia stato causato dai Vertici delle Aziende che hanno adottato quegli impianti e componenti obsoleti, aggravando il tutto attraverso una aberrante gestione aziendale che ha avuto al suo centro l'obiettivo di "non manutenere" gli impianti.

In particolare, questa relazione tecnica ha documentato i seguenti fatti:

* l'inquinamento ambientale da Mercurio poteva e doveva essere evitato all'origine attraverso l'adozione di tecnologie che non implicassero la produzione di Cloro con impianti basati sulle celle a catodo di Mercurio;

* nonostante la tragedia umana e il disastro ambientale di Minamata risalisse ai primi anni '50, le società che hanno gestito gli impianti del Petrolchimico di Porto Marghera hanno continuato e tuttora continuano a produrre Cloro-soda con impianti basati su celle a catodo di Mercurio;

* nonostante la disponibilità sul mercato dagli anni '50 della tecnologia impiantistica per la depurazione dei reflui derivanti dal processo Cloro-soda, la stessa non è stata adottata presso il Petrolchimico di Porto Marghera e l'impianto di demercurizzazione delle acque reflue derivanti dal reparto CS23/25 è stato collaudato solo il 15 dicembre 1982;

* nonostante la disponibilità sul mercato dalla prima metà degli anni '70 della tecnologia delle celle elettrolitiche a membrana nel processo Cloro-soda e nonostante l'Azienda (Gruppo Enimont) abbia sottoscritto con il Ministero dell'Ambiente nel 1988 una "Lettera d'Intenti" con la quale si impegnava da subito a sostituire le celle a catodo di mercurio con celle a membrana negli impianti in questione, a tutt'oggi tale impegno è disatteso e, come anzidetto, si continua a produrre con celle a catodo di Mercurio;

* oltre alla mancata adozione di tecnologie "pulite" nel ciclo produttivo in questione, l'Azienda in violazione delle più elementari norme di buona tecnica, nonché di prevenzione dei rischi, di sicurezza e protezione ambientale, ha imposto una gestione degli impianti e delle produzioni ad elevatissimi impatti ambientale e sanitario;

La irresponsabile gestione aziendale di questi impianti ha causato un elevatissimo inquinamento ambientale:

1. l'inquinamento da metalli attraverso lo scarico delle acque reflue dei cicli produttivi del Petrolchimico e della Montefibre di Porto Marghera;

2. le rilevanti emissioni in atmosfera di vapori di CVM e di polveri di PVC;

3. le rilevanti emissioni di macroinquinanti tossici e di microinquinanti organoclorurati scaricati nell'ambiente;

4. le rilevanti emissioni in atmosfera di polveri di PVC, CVM, Ossidi di azoto e Ossido di carbonio scaricati nel 1996 e successivamente; di Cloruro di vinile scaricato all'atmosfera dai reparti di produzione e polimerizzazione del monomero.

L'Azienda ha imposto attività lavorative discontinue ma frequenti, pericolose per gli addetti e ad elevati impatti ambientali e sanitari. Gli impianti e i processi obsoleti adottati dall'Azienda per produrre Cloruro di vinile hanno causato una rilevantissima produzione e dispersione in ambiente di PCDD/F (Diossina) nonché di Rame mentre gli impianti dello stabilimento Montefibre di Porto Marghera hanno immesso nell'ambiente gli inquinanti tossici CVM, Alcoli etilico/metilico, Cicloesanone, polveri di fibre viniliche e di fibre acriliche, Acrilonitrile, Dimetilacetammide, Acetaldeide, Acetone, Dimetilammina, Acetato di vinile.

L'installazione e il mantenimento in funzione degli impianti con tecnologia obsoleta ha anche causato la formazione di ingentissimi quantitativi di rifiuti dai cicli di produzione determinando il conseguente grave inquinamento ambientale. La tumulazione incontrollata di rifiuti solidi e lo sversamento di rifiuti liquidi nell'ambiente, in violazione delle più elementari norme di buona tecnica e delle leggi, ha causato ingenti fenomeni di inquinamento dei diversi comparti dell'ambiente e, segnatamente del suolo, del sottosuolo e delle acque. L'installazione e l'esercizio di impianti di incenerimento per rifiuti industriali tossici e fanghi di risulta dai processi di trattamento delle acque reflue ha costituito e costituisce una rilevantissima fonte di inquinamento sia da macroinquinanti (es. Ossidi di azoto, Ossidi di zolfo, Ossido di carbonio, Acido cloridrico, Polveri) che da microinquinanti (es. PCDD/F, metalli pesanti).

La mancata adozione di dispositivi (es. blow-down) di prevenzione e contenimento degli scarichi di emergenza degli impianti del Polo Chimico di Porto Marghera è stata ed è causa di gravissimi eventi inquinanti dell'ambiente interno ed esterno al sito produttivo. Valga per tutti la nube tossica costituita da migliaia di chilogrammi di CVM che si è sprigionata all'atmosfera dagli impianti CV22 del Petrolchimico l'8 giugno 1999. i gravi fenomeni di inquinamento causati dagli scarichi originati dagli impianti del Petrolchimico e della Montefibre di Porto Marghera sono stati e sono la causa di fenomeni di contaminazione e bioaccumulo lungo la catena alimentare, principalmente nell'ecosistema della laguna di Venezia.

Il rilevantissimo inquinamento della laguna di Venezia, provocato dal Polo Chimico nel corso dei decenni, è anche causa di danno psichico. Non si pensi a forzature, così veniva definito nel 1961 al convegno dell'Associazione Nazionale di Ingegneria Sanitaria (Bologna, 20-24 aprile 1961) dal relatore Mario Maolucci del Ministero della Sanità "Il danno psichico. Non si può non farne un cenno: un fiume putrido, scolorato, maleodorante, infestato da insetti, o tanto tossico da distruggere la vegetazione lungo le sponde e far rifuggire qualsiasi forma di vita animale, oppure una landa gialla, isterilita, senza un filo d'erba, con innaturali montagne di pulverulenti scorie, producono un danno psichico, al contadino che fugge dalla sua terra maltrattata, ed al cittadino che vi si reca per qualche ora di svago. Questo danno è più sentito nelle fabbriche, perché i primi a soffrirne sono gli addetti alle stesse fabbriche...."_

Ci sia consentita un'ulteriore considerazione.

La nostra esperienza, come quella di molti altri, dimostra che una condizione essenziale per affermare la salute, dentro e fuori la fabbrica, è quella di sconfiggere la falsa alternativa (un vero e proprio ricatto!): "O lavoro o salute!". Non è mai esistito, né mai esisterà, un posto di lavoro sicuro perché nocivo ed inquinante. Dove non si affermano sicurezza e protezione dell'uomo e della donna come dell'ambiente, non si costruiscono certezze occupazionali e men che meno rispettose dell'ambiente e del paesaggio.

In ogni caso, le produzioni di morte - e fra esse si annoverano certamente quelle della filiera 1,2-DCE/CVM/PVC - devono essere eliminate e bandite, essendo, oltre che pericolosissime, anche prive di giustificazioni economiche, sociali e morali per qualsiasi società civile.

A cura di M.Z.



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