Da "Umanità Nova" n.28 del 5 agosto 2001
Le tre giornate di Genova
Luci della ribalta
Ciak si gira!
Tutti siamo stati partecipi, protagonisti, comparse ed attori di un kolossal
mediatico seguito alla televisione dal resto del paese.
Nei bar, al lavoro, sui muretti, parlando di Genova, quando trovi qualcuno
incazzato come te e gli chiedi "C'eri?", spesso ti senti rispondere "No, ma ho
visto tutto in TV!".
È stata la prima volta che gli scontri di piazza avvenivano in diretta
TV, con fotoreporter e cameraman (con rigorosa pettorina gialla d'ordinanza)
dappertutto, anche in mezzo a chi lanciava sassi ed ai celerini che
caricavano.
Dei veri professionisti, non c'è che dire. Come un professionista
è stato "il fotografo", autore di una sequenza perfetta, non una
sbavatura, non un fotogramma mosso (eppure gli stavano ammazzando uno davanti),
addirittura una capacità di previsione di quello che sarebbe successo,
visto che ha cominciato a scattare da prima che il carabiniere sparasse.
Altri hanno dimostrato capacità di recitazione molto inferiori. Era
prevista una recita secondo un copione standard: far passare come una apertura
al sociale le due lire elargite ai paesi poveri (il totale degli stanziamenti
sia per il fondo per i malati di AIDS sia per la cancellazione del debito
è inferiore al costo della portaerei ancorata al largo del porto di
Genova); dare il contentino ai contestatori con una violazione simbolica (tre o
quattro persone) della zona rossa; elargire, con i consueti meccanismi
clientelari, qualche finanziamento alle ONG più vicine ai governi in
carica.
Star dello spettacolo avrebbero dovuto essere "gli otto grandi", leader che
potrebbero anche non vedersi, visto che le decisioni vere vengono prese
altrove, ma che vogliono la passerella insieme agli altri potenti visto che,
siccome sono "democraticamente eletti", hanno sempre bisogno del consenso di
quei coglioni (in Italia più numerosi che altrove) che votano per chi
gli sembra sia il più forte.
Il regista di tutto questo spettacolo avrebbe voluto essere Napoleone
Berlusconi, a cui però pare che queste riunioni portino male: la volta
scorsa, a Caserta, si era beccato un avviso di garanzia, adesso sta cercando di
rimontare un clamoroso flop mediatico. Avrebbe dovuto essere il vertice dei
limoni appesi con il nylon agli alberi e delle mutande stese ad asciugare in
salotto è stato il vertice delle torture, dei pestaggi e
dell'omicidio.
Il fatto di non recitare "da copione", ma "a soggetto" ed in qualche caso "a
braccio" ha creato problemi ad alcuni, ma si è vista la vera
professionalità di altri.
I migliori attori professionisti (specializzati in film horror) sono stati i
vari corpi militari dello stato. Sono riusciti a realizzare scene splatter con
sangue dappertutto, pestaggi di passanti presi a caso, torture nel set della
caserma di Bolzaneto. Molti di loro erano sotto anfetamina, ma oggi, visto che
al doping ricorrono calciatori e ciclisti, chi se ne preoccupa più? Per
abilità interpretativa è emersa, tra loro, la figura de
"l'assassino": ha puntato la pistola, ha aspettato un paio di minuti che Carlo
gli si parasse davanti, l'ha centrato in faccia da quasi dieci metri ed ha
avuto il coraggio di sostenere la parte dell'ignavo prima ("non so nulla,
è stato colpito da un sasso") e del ferito poi ("avevo gli occhi chiusi
e molta paura") con uguale capacità.
La consueta professionalità è stata dimostrata anche dai nostri
politici, consumati attori a cui si può affidare qualsiasi parte. Quelli
di centrosinistra sono passati in pochi mesi dal rivendicare come espressione
dello stato di diritto le bastonate di Napoli alla difesa dei diritti umani per
Genova. Quelli di centrodestra dal garantismo per il reato di falso in bilancio
all'atteggiamento forcaiolo per chiunque si trovasse nelle strade di Genova il
20 ed il 21 luglio.
Questi sono stati i professionisti, quelli dei teatri stabili, quelli pagati
per stare a Genova e recitare.
Alla rappresentazione hanno preso parte anche altri attori, pagati a
borderò. Si tratta di caratteristi alla ricerca di visibilità
mediatica per passare nel novero degli attori professionisti. Hanno applicato
alla lettera il famoso detto dei capipopolo "trovare una folla che vada da
qualche parte e metterglisi alla testa". Pochi sono riusciti ad emergere, da
segnalare "il medico": dopo essere stato trombato alle ultime elezioni, siamo
sicuri che alle prossime riuscirà nell'intento di rimediare uno
strapuntino parlamentare.
Da vecchie attrici in disgrazia si sono comportate invece le tute bianche,
sembravano quelle star del cinema muto che non hanno saputo adattarsi al
sonoro. Hanno costruito la loro fortuna professionale sulla rappresentazione
dello scontro, si sono persi di fronte allo scontro vero. Non sono stati
neanche capaci di improvvisare, nell'immediato hanno preso le distanze da
Carlo, salvo poi, quando hanno capito che il morto si poteva gestire, farlo
diventare "uno di noi".
Fin qui i professionisti, quelli pagati per recitare la propria parte. Veniamo
ai dilettanti.
La parte de "il cattivo" è stata affidata al black block, entità
metafisica composta da chiunque abbia una felpa o un pantalone nero. Dilettanti
è vero, ma con una certa abilità amatoriale, da compagnia
itinerante, sono riusciti benissimo nel ruolo. Prima di Genova erano stati
corteggiati da molti. Ricordiamo che anche le tute bianche avevano diffuso un
documento in cui si proponevano come loro interlocutore italiano e nel quale,
giova ricordarlo, non hanno perso l'occasione per sparare un po' di cazzate
contro Umanità Nova e la mailing list "Movimento". Dopo Genova sono
diventati il capro espiatorio di qualsiasi malefatta sia avvenuta in quei
giorni. Hanno avuto il merito di aver stravolto il copione già scritto e
di conquistare il proscenio mediatico ai danni di tutti gli altri. Peccato
però che anche loro fossero lì per recitare:
un'autorappresentazione più genuina di altre, ma utile solo ai fini di
visibilità mediatica.
Nel ruolo di comparse circa duecentomila persone, ognuna delle quali ha
probabilmente una storia da raccontare per come ha vissuto questo film.
Dilettanti tutti, sballottati da una parte all'altra, secondo le esigenze di
ripresa dei protagonisti.
E alla fine c'è il più dilettante di tutti, quello che nella vita
non aveva saputo che ruolo prendere nel produci-consuma-crepa, è a lui
che è toccata la parte più sfigata, quella che nessuno voleva
fare: "il morto"!
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