![]() Da "Umanità Nova" n.28 del 5 agosto 2001
Le tre giornate di Genova Venerdì pomeriggio, poco dopo le 14. Parte il corteo dei lavoratori in sciopero da Piazza Montano, a Sampierdarena, nell'ex cuore industriale della vecchia Genova. Siamo poco meno di diecimila alla manifestazione indetta da alcune forze del sindacalismo di base: CUB, SLAI, USI. Altri (COBAS, Sincobas) pur proclamando lo sciopero hanno scelto la via delle piazze "tematiche" seguendo le indicazioni del GSF. Siamo comunque tanti, considerando che in una città spezzata in due dalla "zona rossa" è molto difficile raggiungere la piazza del concentramento del corteo che si trova a ponente. Inoltre il corteo comincia a muoversi appena poco dopo le due senza aspettare i possibili ritardatari. Noi dello spezzone anarchico - Anarchici contro il G8, ma non solo - siamo, considerando le difficoltà, non pochi, almeno un migliaio dietro lo striscione nero ("Padroni di nulla, servi di nessuno. All'arrembaggio del futuro") che già abbiamo portato in piazza il 9 giugno e il giorno prima alla manifestazione dei migranti. Non siamo pochi e, soprattutto, siamo l'unica area politica che ha aderito esplicitamente alla manifestazione e che vi sta partecipando. Il corteo si muove lungo il suo breve percorso (circa due chilometri verso il centro città, ai limiti ovest della zona rossa) in un clima un poco teso: stanno filtrando le prime notizie sugli scontri nel levante e lo spiegamento di polizia che ci circonda è imponente. Arriviamo ben presto a Piazza Di Negro (zona terminal traghetti) termine concordato della manifestazione. Uno sbarramento pesante della polizia. Si cerca di trattare un altro pezzo di percorso, ma non c'è nulla da fare: l'atteggiamento di polizia e carabinieri diventa più pesante. Dalla parte nostra si è diffusa ormai la notizia dell'uccisione di Carlo Giuliani e c'è nervosismo e incazzatura crescente. Dopo un breve comizio degli organizzatori si torna allora indietro, in corteo, verso Piazza Montano. La manifestazione sta per finire, d'altra parte non c'era nessun progetto di invadere la zona rossa, ma solo quello di essere visibili e tanti e l'obiettivo è stato, almeno parzialmente, raggiunto. Arrivati in Piazza Montano un po' di sit-in mentre qualcuno si stacca e rovescia un po' di cassonetti dell'immondizia. Bazzecole rispetto a quello che è successo e sta succedendo nel centro e nel levante della città. Fin qui la cronaca dell'unica manifestazione tranquilla di venerdì 20 luglio. Rimangono alcune considerazioni da fare. La prima è che - al di là dei dati dell'adesione allo sciopero, che ancora non conosciamo - è stato sicuramente un successo trovare in piazza migliaia di lavoratori - in una situazione di grande difficoltà di spostamento e di viaggio - su un tema obbiettivamente complesso come quello del riflesso dei processi di globalizzazione sulle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori di un paese, come il nostro, inserito nel novero, appunto, degli otto Grandi. C'erano e ci sono dei passaggi complessi che legano disoccupazione, precarizzazione, deindustrializzazione, privatizzazione dei servizi alle politiche economiche che il capitalismo tende a proporre proprio a livello globale. Risultava dunque, almeno in apparenza, uno sciopero "politico", una manifestazione la cui adesione presupponeva un certo livello di coscienza politica e di maturazione ideologica. Indire lo sciopero generale e la manifestazione del 20 è stato un atto di coraggio e questo va riconosciuto in primo luogo alla CUB in quanto prima organizzazione promotrice. La seconda considerazione è invece di segno negativo. La CUB (segnatamente nella figura del suo coordinatore nazionale) nel percorso di avvicinamento allo sciopero ha commesso delle scorrettezze (nei nostri confronti) e degli errori politici e di valutazione macroscopici. Non tornerò sulle prime (come ad esempio il mancato riconoscimento di aver per primi, come area anarchica, chiesto l'indizione di uno sciopero generale nazionale, il mancato riconoscimento dell'esserci spesi fortemente per la riuscita dello sciopero) perché ne ho già scritto in precedente articolo su UN e perché ormai è acqua passata. Ne ho accennato solo perché queste scorrettezze sono figlie di quegli errori politici di cui è necessario invece parlare. La CUB fin dall'inizio si è schierata con il GSF e con le sue forme di opposizione istituzionale. Su questo non c'è nulla da obbiettare: necessità di visibilità, considerazione che mediamente gli iscritti alla CUB non sono certo campioni di radicalità politica, possono dare un senso a questa scelta. L'errore grave che invece è stato compiuto è quello di essersi appiattiti sulle posizioni del GSF delegando di fatto l'area moderata di questi a trattare presenza in piazza e a gestire massmediaticamente un ipotetico percorso complessivo e unitario di opposizione ai processi di globalizzazione. Un errore gravissimo nato dalla presunzione che il GSF avrebbe appoggiato lo sciopero e che aree in esso rappresentate (segnatamente le tute bianche e i COBAS) avrebbero partecipato in forze alla manifestazione sindacale. Ora niente di tutto questo è avvenuto. Il GSF si è persino rifiutato, in più di un'occasione, di dar conto dello sciopero e della manifestazione nei propri comunicati. Per quanto riguarda il corteo non abbiamo visto né una tuta bianca, né un Cobas, né una bandiera di RC. In sostanza la CUB ha investito molto nel GSF e non ha ricevuto assolutamente nulla. Persino un "politico" men che mediocre come me ha capito con largo anticipo che la maggior parte delle forze del GSF guardavano con occhio di riguardo solo la screditata sinistra sindacale della CGIL, se non l'intera federazione, se non l'intera triplice (il compagno Tiboni non l'ha ancora capito adesso). Ma qui entreremmo nel campo degli errori (?) del GSF e ciò poco mi interessa se non per rimarcare quel vago senso di disgusto che ho avvertito sentendo concionare caricaturali esponenti della sinistra sindacale o arroganti esponenti della FIOM alle riunioni del Global Forum. Non c'è molto altro da dire: chi ha subito una lezione ne tragga gli insegnamenti opportuni. Per quanto mi riguarda posso solo dire che se si ripresentasse una situazione del genere, in quanto anarchico tornerei a dare il mio appoggio pieno e disinteressato alla lotta dei lavoratori dei sindacati di base e penso che questo sia anche il pensiero di molti altri compagni. Un po' diverso mi sembra il problema per i nostri compagni che spendono il loro tempo, impegno e capacità nella CUB. Credo - senza avere la pretesa di dare suggerimenti - che queste questioni andrebbero affrontate da loro in sede di dibattito confederale, non solo per chiedere conto al compagno Tiboni ma soprattutto per evitare che in futuro situazioni simili abbiano a ripetersi. Pedro Medina
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