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Da "Umanità Nova" n.28 del 5 agosto 2001

Le tre giornate di Genova
Testimonianze
Botte, torture, insulti

La testimonianza di Andrea

Sabato 21 mi reco da solo dal campo di accoglienza dove avevo trascorso la notte sul luogo dove già da tempo era partito il corteo per Corso Italia. Arrivato, da subito noto il gran numero di persone a causa dell'uccisione di Carlo Giuliani avvenuta il giorno prima. Faccio sfilare le persone dinanzi a me sotto il sole caldo del pomeriggio e gli elicotteri della sbirraglia, aspettando di incontrare uno spezzone anarchico. Ad un tratto il lungo fiume umano si blocca e mi giungeva confusa la voce di incidenti in testa al corteo, così da gran curioso mi sposto e senza troppa fretta mi avvicino al principio da dove si levavano nuvole di fumo grigio di lacrimogeni e colonne di fumo nero di auto e banche incendiate, molti sono i sassi e gli oggetti che volano per colpire i manichini blu... Io decido di non prendere parte attiva nella guerriglia e mi limito ad allontanare i lacrimogeni che piovevano dal cielo in continuazione e ad offrire il mio limone per alleviare l'irritazione degli occhi dovuta al gas.

Pian piano il corteo indietreggia ritornando sui propri passi e la guerriglia continua, viene fatta una barricata con due automobili incendiate ma non serviva a molto... Infatti, appena superata l'ultima gradinata che permetteva di fuggire ai manifestanti attraverso una seconda via, la polizia inizia una carica spietata... Tutti corrono, la gente si ammassa e si comprime all'inverosimile, io pure stavo intrappolato fra quei corpi... All'improvviso cade a pochissima distanza da me un gas, e nessuno riesce a liberarsene... mi sentivo morire, quindi svincolandomi dalla morsa della folla con gli occhi lacrimanti e quasi soffocato, mi ritrovo al di fuori di tutte quelle persone che venivano schiacciate, massacrate ed intossicate fra le urla dai gas.

Appena trovato un attimo di respiro un manganello mi colpisce ed un poliziotto mi getta a terra; poi ne giunge un altro, mi immobilizzano e con una presa dolorosissima mi conducono tra un'aiuola ed una camionetta e lì, al sicuro da telecamere e da fotografi cominciano in quattro o cinque a massacrarmi. Dapprima tenendomi a terra con un anfibio sulla testa e poi su altre parti del corpo permetteva agli altri di picchiarmi comodamente con calci e manganelli; dopo tutti, accorgendosi che non avevo più forze per muovermi, si sono lasciati andare al pestaggio selvaggio accompagnato dalle mie urla e dai loro insulti... Arrivati al punto di avermi quasi tramortito, mi prendono e mi trascinano, ormai privo di forze e senza più energie per parlare, sul marciapiede di corso Italia sul lato del mare.

Accorrono i fotografi per immortalare il mio volto gonfio e sfregiato insieme a quello di un altro ragazzo pure lui massacrato dagli agenti, ridotto ad una maschera di sangue, fatto sedere accanto a me. A fianco una fila di persone con le mani alzate come deportati, alcuni feriti, fra cui bambini ed anziani, passa dicendo: "Non ci fate nulla, abbiamo le mani alzate e siamo disarmati!", si accucciano di fronte al mio volto sempre più sanguinante due ragazze straniere ed una di loro dai lineamenti chiari e minuti in inglese, accarezzandomi il capo, mi chiede se ero tutto ok, e cercando di confortarmi. Poi il poliziotto rimasto a sorvegliarmi mi prende e mi carica con l'altro ragazzo a fianco su un cellulare, un infermiere appartenente al GSF tenta di disinfettare la grossa ferita sul capo del mio vicino ma viene cacciato, poi, fra gli insulti dei poliziotti di ritorno dalle cariche, partiamo in direzione Fiera nel luogo in cui erano dislocati agenti e mezzi di polizia. Il cellulare, appena entrato in zona Fiera, viene circondato da poliziotti e carabinieri che, contenti di vederci in condizioni pietose, fra risate e insulti ci fotografano, uno di loro dice, rivolto a me: "Guarda che bocca gonfia, hei mongoloide, questa me la appendo in casa!". Poi scendiamo, mi afferrano in due. Uno, quello a destra, reggendomi per un braccio mi fa per tre volte lo sgambetto ripetendomi: "Cheffai? Non ti reggi in piedi? Occhio che caschi!" Il tutto sempre avvolto dalle risa e dagli insulti degli spettatori blu che non vedevano l'ora che cadessi ma ai quali io non ho voluto dare la soddisfazione di vedere, anche se non avevo più la minima energia dentro.

Vengo condotto di fronte ad un muro blu, rovente per il sole che batteva forte, poi fatto inginocchiare con le mani sulla testa e la fronte contro la parete ed ancora una volta un gran numero di poliziotti mi passano alle spalle deridendomi e costringendomi a stare diritto con la schiena, nonostante più volte mi accasciassi per le ferite ed il dolore. Solo dopo mezz'ora si sono decisi a chiamare l'ambulanza, che di lì a poco è arrivata e mi ha caricato quasi incosciente. Del viaggio da lì all'ospedale di Sampierdarena non ricordo molto se non una luce sugli occhi ed un uomo che mi invitava, ogni volta che mi chiamava per vedere se ero ancora in stato cosciente, a stringergli la mano, visto che non riuscivo più a parlare.

Arrivato all'ospedale, sempre seguito da qualche poliziotto, passo lunghi corridoi bianchi in cui posso vedere solo il soffitto perché sdraiato su una barella e mi conducono a fare infinite lastre, poi le analisi, l'elettrocardiogramma e la Tac. Mi sentivo come un animale portato al laboratorio di vivisezione, senza che nessuno mi spiegasse come fossi ridotto o se avevo qualche problema. Ho chiesto più volte un bicchiere d'acqua ma mi è sempre stato negato e più volte ho detto di avvertire i miei genitori e una mia amica al campo dove campeggiavo ma con esito negativo.

La prima (ed ultima) persona che non fosse parte di feriti o arrestati che ho trovato è stato un infermiere dai capelli lunghi che, una volta assegnatomi un letto, mi ha portato un bicchier d'acqua, mi ha lavato le ferite e mi ha permesso di vedere come mi avevano massacrato: il volto e la schiena erano completamente coperti da ematomi e tagli ed il mio labbro superiore era gonfiato smisuratamente.

La notte è stata tutto sommato tranquilla, se non per infermieri e poliziotti che continuavano a parlare ad alta voce e per i dolori che mi impedivano di stare sdraiato senza provare sofferenza.

Domenica ho dovuto fare un'ennesima lastra alla testa, poi la visita con il neurologo, non potevo parlare con gli altri ragazzi. Alla sinistra c'era un ragazzo tedesco con la testa cucita, giunto di notte dopo le violenze dello sgombero della scuola, non parlava italiano e poliziotti e secondini di guardia non capendolo, e permettendomi di fare da interprete pochissime volte, lo schernivano e non davano opportunità agli infermieri, ignoranti pure loro, di dargli adeguata assistenza.

La notte fra domenica e lunedì è stata la più drammatica soprattutto per me. Due secondini ed un poliziotto, avendomi preso di mira, mi tenevano sveglio colpendomi il letto, prendendomi in giro, insultandomi, minacciandomi e puntandomi una torcia sugli occhi. Costretto a far finta di dormire e sopportando con rabbia e disperazione tutto questo, dopo un bel po' di tempo, stufati della mia non reazione, mi hanno abbandonato per molestare altri ragazzi.

Lunedì mattina, controllato da secondini un po' più "umani" che avevano dato il cambio ai precedenti, apprendo che nel primo pomeriggio sarei stato trasferito al carcere di Alessandria insieme ad altre 3 persone.

Vengo fatto preparare, alcuni mi invitano a mettermi i vestiti puliti per non far vedere ai curiosi le macchie di sangue, ma rifiuto, tutti devono vedere...

Alle 14 o poco dopo vengo ammanettato e con 2 ragazzi ed una donna spagnola fra i 50 ed i 60 veniamo rinchiusi, senza nessuna garanzia di salvezza in caso di incidente, in una piccolissima e strettissima celletta simile ad un confessionale sul furgone della polizia penitenziaria.

Il viaggio, vista l'elevata velocità cui andavamo, non è stato lungo ma angoscioso, forse poco più di un'ora, fra nausea ed accenni di claustrofobia probabilmente dovuta al caldo ed all'ambiente soffocante.

Arrivati veniamo fatti scendere tutti noi ragazzi e condotti in una cella completamente vuota... un ragazzo viene subito chiamato e poi scarcerato, invece io e l'altro (che è quello arrestato contemporaneamente a me) restiamo lì con di fronte un piatto pieno di carne bollita rimasto pieno, visto che entrambi siamo vegetariani.

Ad un tratto mi chiamano, mi perquisiscono al muro poi, condotto di fronte ad un graduato ed interrogato mi viene assicurato che se non avessi creato problemi sarei stato lasciato tranquillo e così è stato. Dopo una breve visita con un dottore svogliato, vengo condotto in una cella (Braccio A, sezione 2, cella 1) dove rimango da solo per tutta la mia permanenza nel penitenziario.

Passata la notte, al mattino di martedì 24, vengo condotto insieme a molti altri ragazzi detenuti per il mio stesso motivo, in una stanza calda e afosa ai primi piani, aspettando di parlare con il PM per decidere la scarcerazione. Molti dei ragazzi presenti, parlandomi, dicevano di non sopportare gli anarchici perché con il Blocco Nero avevano rovinato tutto e fatto il gioco della sbirraglia, confermando così ancora una volta l'ignoranza della gente e il potere dei media ma anche la quasi assente risposta di noi anarchici a tutto questo schifo. Da molti mi è stato pure raccontato l'inferno passato nel "lager di Bolzaneto", dove sono stati picchiati, umiliati, torturati fisicamente e psicologicamente. In tarda mattinata riesco a far avvertire per la prima volta dopo tutto questo tempo i miei famigliari dal cappellano (da sabato a martedì, non fidandomi delle rassicurazioni dei poliziotti, ho continuato a reclamare il diritto a dare mie notizie, cosa che per quasi 4 giorni non è stata assolutamente rispettata!), ed in seguito ho nominato un mio avvocato a cui, dopo ore dalla nomina, è stato detto il contrario, impedendogli così di venire ad assistermi.

Finalmente, assistito da un avvocato d'ufficio del GSF, vengo interrogato e dopo 2 ore, verso le 23,30, vengo scarcerato assieme a quasi tutti i detenuti reduci dal G8. Riprese le mie cose, in fila per due, veniamo fatti uscire attraverso i due grandi muri di cinta e fuori dal carcere abbiamo trovato famigliari e compagni del Forte Guercio ad attenderci con gran festa e gioia. Alle 2 del mattino di mercoledì 25 luglio potevo finalmente riabbracciare la mia cagnetta e abbandonarmi nel mio letto.

Nonostante tutto, il "Teatro G8", iniziato mesi e mesi fa non è ancora finito, anzi continua con inchieste, moralismi, discussioni fra sbirri, politici, comunisti, pacifisti, moderati, il tutto sulle vite segnate da chi la protesta, la lotta e la rivolta se l'è vissuta in prima persona con le botte, l'ospedale, il carcere, le denunce, le strumentalizzazioni, le perquisizioni e tutto lo schifo che costituisce questo stato.

Andrea, punk anarchico spezzino



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