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Da "Umanità Nova" n.29 del 2 settembre 2001

"Recinzioni" spinate
La ricetta di Tremonti per cucinare libertà e diritti

"Di sicuro, quello visto ieri sul palco di Rimini, era un vero e proprio fiume in piena, che tra gli applausi ha lasciato sul terreno almeno una dozzina di vittime."
Mario Sensini "Tremonti contro tutti "Amato? Un bugiardo"" in La Stampa Domenica 26 Agosto 2001

Come è noto il Meeting che Comunione e Liberazione organizza tutte le estati a Rimini fornisce al ceto politico ed imprenditoriale una passerella di grande valore anche grazie al fatto che la stampa, di norma, lo segue con un'attenzione tutta particolare in una fase di magra dal punto di vista mediatico. Nello stesso tempo, la presenza a questa scadenza di battaglioni di ministri, sottosegretari, industriali e animali simili riafferma il ruolo di gruppo di pressione di straordinario rilievo che CL si è ritagliata negli ultimi anni.

Quest'anno, poi, il meeting ha fornito alla destra al governo l'occasione per tornare su alcune delle questioni centrali dal punto di vista del quadro politico non tanto per rivelare delle novità straordinarie quanto per saggiare le reazioni dei supporter e degli avversari. Non si deve dimenticare, inoltre, che i settori costitutivi della destra non sono per nulla omogenei sull'assieme delle scelte da affrontare e che gli esponenti delle sue diverse anime possono utilizzare sedi non formali come il meeting e le interviste ai giornali per lanciare le proposte che li caratterizzano.

Dell'intervento di Tremonti si sta parlando molto per quel che riguarda l'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ma in realtà il nostro eroe si è esibito anche in altre dichiarazioni impegnative che è bene tenere presenti.

Per fare un solo esempio, sempre su "La Stampa" del 26 agosto, nell'articolo "L'esecutivo: per fare prima e meglio non tratteremo con gli inquilini" si dice:

"Tremonti si è soffermato sul maxi-piano per la dismissione degli immobili pubblici, una parte importante della "rivoluzione economica" del governo Berlusconi, visto che dovrebbe far incassare allo Stato tra gli 8 e i 15mila miliardi, contribuendo a ridurre il rapporto deficit-Pil fino a quel 0,8% concordato in sede europea. Invece di parcellizzare la vendita tra una miriade di soggetti, seguendo criteri e tempi ogni volta diversi, il disegno del Tesoro punta a centralizzare l'operazione affidandola ad un unico soggetto, una società-veicolo che procederà alla collocazione sul mercato. Un meccanismo di quasi-cartolarizzazione che consentirebbe di anticipare gli incassi e che il ministro vorrebbe allargare anche ai beni degli enti previdenziali, delle Fs, degli ex Monopoli e di altre società controllate."

In altri termini, non solo il processo di privatizzazione di beni pubblici realizzati, questo lo si dimentica sempre, con le trattenute sul salario dei lavoratori prosegue ma si elimina anche il diritto di prelazione per gli inquilini in modo da fare spazio alla speculazione dei grandi gruppi immobiliari. Al clientelismo della sinistra segue, di conseguenza, una logica che potremmo tranquillamente comparare alla settecentesche "recinzioni" grazie alle quali le classi dominanti inglesi si appropriarono di beni pubblici creando le basi per la successiva accumulazione di capitali. La macchina dello stato, insomma, funziona, e non è una novità, come strumento e condizione per la definizione della proprietà privata e come garante dell'accumulazione.

Tornando all'articolo 18, la questione è, a mio avviso, abbastanza nota. Lo Statuto dei Lavoratori è il prodotto di una mediazione fra sindacati, padronato e stato nella fase più alta del conflitto di classe in Italia. Come ogni mediazione di questo genere, nasce con il compito di porre un limite allo sviluppo di ogni movimento di classe e di garantire spazi ai sindacati istituzionali. Nello stesso tempo è, però, segnato dalla forza del movimento di classe e pone dei limiti al dispotismo padronale in azienda. L'articolo 18, in particolare, non ha affatto impedito né i licenziamenti "economici" realizzati mediante le ristrutturazioni, l'utilizzo della cassa integrazione, le incentivazioni, e mezzi simili né quelli politici che sono stati resi possibili da ben note attività di provocazione da parte del padronato. Il ridursi del peso, in termini occupazionali, delle medie e grandi aziende, la crescita del lavoro precario ed anomalo, le esternalizzazioni ecc. hanno, inoltre, creato un'area crescente del lavoro dipendente esterno al sistema delle garanzie disegnato dallo Statuto dei lavoratori. D'altro canto, l'articolo 18 resta un ostacolo, un peso, un costo che il padronato oggi ritiene possibile liquidare approfittando dei buoni rapporti con il governo e, soprattutto, della debolezza attuale del movimento dei lavoratori.

Lo stesso argomento principale che è utilizzato a sostegno di questa "riforma" è indicativo: il fatto che i lavoratori normati delle grandi e medie aziende godano di una tutela negata alla massa dei lavoratori delle piccole imprese, ai precari, agli "anomali" costituirebbe un privilegio intollerabile. "Liberare" le imprese da ogni vincolo che non sia il pagamento di una penale risibile (sei mesi di stipendio" in caso di licenziamento senza "giusta causa") sarebbe un mezzo per stimolare le imprese ad assumere il personale con la ragionevole certezza di potersene disfare in ogni momento. Lo slogan padronale potrebbe essere "Precarizzare tutti per unificare lavoratori normati e lavoratori anomali!". Non è necessario un genio dell'economia per comprendere che la "flessibilità in uscita" (suggestiva definizione, nell'attuale neolingua, della libertà di licenziamento) non garantirebbe affatto massicce assunzioni ma è certo che fornirebbe uno strumento ulteriore per la piena affermazione del dispotismo aziendale. Qualsiasi lavoratore si esporrà, nel caso della liberalizzazione dei licenziamenti, sul terreno del conflitto sindacale e politico avrà la ragionevole certezza di essere rapidamente reso "flessibile in uscita" ad un costo, come dire?, ragionevole per l'azienda che vorrà ridargli la sua libertà.

Nella stessa maggioranza le posizioni sulla questione non sono omogenee: la destra liberale ha sposato questa causa mentre quella fascista (italiana e padana) riscopre le proprie radici "sociali" che corrispondono al tentativo di un radicamento in settori per ora marginali ma, in prospettiva, significativi del lavoro salariato. La stessa dialettica che il governo ha aperto con CISL ed UIL rischia di appesantire le ali allo slancio "liberale" della destra non perché CISL e UIL non siano disposte a significative concessioni sul terreno dei diritti ma perché è evidente il loro interesse a presentarsi come soggetti capaci di mediazioni ragionevoli. Non è casuale che esponenti della stessa destra liberale come Marzano abbiano già proposto una "mediazione" consistente nella diversificazione fra condizione contrattuale degli assunti attuali e dei neoassunti ai quali sarebbe riservato il nuovo modello di relazioni aziendali.

La CGIL, ovviamente, trae dalle forzature del governo e del padronato una sorta di nuova legittimità come soggetto sindacale forte, autorevole e di opposizione. Sembrano lontani anni luce gli accordi aziendali e categoriali con i quali si sono concessi al padronato la flessibilità richiesta, i contratti d'area, la precarizzazione di settori della forza lavoro. Sembrano... In realtà la CGIL può, contemporaneamente, promettere un'opposizione frontale alle scelte più "radicali" del governo e del padronato e proseguire sulla via della concertazione e della collaborazione di classe come dimostra, per fare un esempio recente, l'accordo siglato quest'estate sull'ulteriore riduzione della possibilità di esercitare il diritto di sciopero nella scuola proprio mentre si prepara un massiccio finanziamento pubblico alla scuola privata e possiamo attenderci un'adeguata mobilitazione dei lavoratori della scuola contro queste scelte.

Comunque, al di là dei giochi delle varie frazioni del padronato (al momento, per la verità abbastanza compatto con gli imprenditori "di sinistra" come Benetton e Tronchetti Provera riccamente favoriti dal governo di "destra") e del ceto politico e sindacale, ad autunno su queste questioni si aprirà una partita importante, una partita da affrontare con determinazione e chiarezza di idee.

Cosimo Scarinzi



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