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Da "Umanità Nova" n.30 del 9 settembre 2001

Galera Italia

Piazze deserte, poliziotti armati e pronti a sparare, divieto di manifestare. L'Italia di Berlusconi prende forma: la feroce repressione di Genova non è stata che la prova generale di un regime che tenta di consolidarsi negando ogni spazio di dissenso, criminalizzando chi si oppone, chiudendo le città entro una morsa di ferro. I ministri del Cavaliere giocano a chi la spara più grossa, smentendosi poi a vicenda ma la partita è ormai chiara: cancellare la libertà di stare in piazza ammiccando ad una sinistra istituzionale che negli ultimi anni ha spianato il terreno a questa destra arrogante e volgare. Giovannardi ha avuto buon gioco nel dichiarare: "Vietare le manifestazioni non è affatto anticostituzionale. (...) Il governo di centrosinistra lo ha fatto quando ha deciso di costituire a Genova una zona gialla nella quale vietare anche la distribuzione di volantini".

Si comincia con i movimenti no-global ma si arriverà ai lavoratori, agli immigrati, ai pensionati. Lo annunciano i provvedimenti in materia di previdenza, diritto di sciopero, libertà di circolazione.

Le prove generali di una svolta pesantemente autoritaria sono in corso. È ormai evidente che le tragiche giornate di Genova non sono state un incidente di percorso, un errore di manovra, un eccesso non programmato. I tempi ed i modi potranno variare ma l'indirizzo è palese. Le dichiarazioni ambigue del "moderato" Scajola lo dimostrano ancor più delle sparate del suo collega Giovannardi. Dice il Ministro dell'Interno: "le manifestazioni si faranno se saranno autorizzate, mentre contro quelle non autorizzate noi garantiremo la forte autorità dello stato". Facile, sin troppo facile prevedere che tutte le manifestazioni con contenuti radicali saranno vietate e contro di queste gli uomini di Scajola, gli stessi di Genova, faranno sentire "la forte autorità dello stato". La parola ai manganelli, ai proiettili di gomma, ai gas asfissianti. E al piombo.

Già si parla di città off limits, di zone interdette alla libera espressione, del dissenso limitato a periferie blindate. La stampa estera, quella liberale non sospettabile di attitudini sovversive, dopo Genova, ha parlato esplicitamente di fascismo. Qui da noi le anime candide di una sinistra troppo abituata alle poltrone del potere esitano, nascondono la testa sotto la sabbia, auspicando la ripresa della concertazione. Forse dimenticano che il Cavaliere non ha bisogno di una marcia su Roma, che le sue squadracce, formatesi alla scuola ulivista, sono già pronte, ben allenate. Chi era sul lungomare di Genova, i ragazzi della Diaz, quelli di Bolzaneto lo sanno bene.

Le piazze di Napoli e Roma saranno un banco di prova per tutti. Per un governo che senza pudori rincorre le strade del ventennio. Per un movimento che oggi più che mai deve saper coniugare il coraggio e la ragione. La forza, forza politica e forza morale, dei trecentomila di Genova non può essere dispersa dalla violenza di poliziotti e carabinieri.

Chiudere le piazze, negare il dissenso è il segnale di una svolta autoritaria senza precedenti nella storia recente del nostro paese. Riprendere le piazze è il primo dovere per i tanti, anarchici e non, che hanno a cuore la libertà.

Maria Matteo



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