unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.30 del 9 settembre 2001

Buio sulla Palestina

L'intrico palestinese non conosce respiro. Da più parti si prevede una escalation bellica che supererà il punto di non-ritorno, del resto già segnato dall'affossamento definitivo degli accordi di Oslo del 1993. Tuttavia la guerra a bassa intensità si installa in una situazione annosa che registra alcune variabili poco controllabili. L'unica cosa sicura è che, dal punto di vista di uno scontro militare da manuale, non c'è partita, non solo tra Israele e l'Autorità palestinese, ma tra Israele e mondo arabo in genere; Israele ha già bombardato il territorio siriano senza ricevere una risposta che sia una di replica su questo piano. È vero che il Ministro degli esteri saudita ha lanciato messaggi avvertendo che una morsa a tenaglia tra Egitto e Siria congiuntamente, finanziata dai sauditi, fiaccherebbe persino Israele, ma gli esperti militari e politici giudicano tale minaccia poco credibile nei fatti, se non come avvertimento relativo alla invenzione da parte saudita di un altro Bin Laden, questa volta a esclusivo servizio arabo-palestinese, sempre che i paesi arabi rinuncino ai ventilati accordi economici con Israele (il mercato comune previsto dagli accordi di Oslo e dalla conferenza del Cairo sotto l'auspicio di Banca Mondiale) e diano retta al nuovo portavoce della Lega Araba, l'ex ministro palestinese all'Istruzione Hanan Ashrawi, molto nota nei Territori occupati e all'estero. (Detto proprio tra parentesi: avete notato come i media italiani parlino di "territori", genericamente, come se non fossero "occupati" da Israele? Avete notato che la "ritorsione" militare è sempre israeliana "dopo" un attacco palestinese, mentre i numeri delle vittime - tre a uno in proporzione a danno dei palestinesi - e gli eventi in sequenza e le possibilità di manovra delle parti sul campo siano sempre e comunque a favore degli israeliani?).

Se la guerra non è nei fatti realistica perché manca la controparte, costretta a sacrificare fanaticamente i propri ragazzi per compiere gesti di terrorismo disperato, dobbiamo prepararci ad alcuni anni di tale situazione anomala e "bastarda" (in tutti i sensi e per tutti). Sharon, finché sarà forte del consenso elettorale, ha in mente chiaramente alcune cose: eliminare la leadership laica di Arafat - che già comunque è imbalsamato in un ruolo rappresentativo, soprattutto agli occhi esteri, ma sul campo tiene a stento le fila della frammentazione politico-affaristica dei vari clan al potere, acuita dall'emergenza in corso - facendo paradossalmente il gioco degli islamisti che usano politica di welfare interno e terrorismo indiscriminato come uniche armi, spuntate perché non costruiscono interlocuzione politica credibile agli occhi mondiali e non danno leadership pre-statuale con cui negoziare qualcosa, ossia le vera sfida della questione palestinese: lo scambio perverso tra ritorno dei profughi palestinesi e il ritiro dei coloni in territorio israeliano (Gerusalemme infatti è una questione diversa su cui gli accordi di suddivisione sulla mappa sono già conseguiti con ottime probabilità di successo qualora cambiasse la realtà politica nel tempo).

Sharon, inoltre, ha il problema demografico di ridimensionare la crescita araba - e la guerra è da sempre un fattore micidiale di riduzione - e al contempo di trovare territori liberi/liberati a forza, non tanto per la crescita ebraica quanto per collocare la diaspora russa, per adesso interrotta in attesa di tempi migliori - alcuni stanno già meditando di usare Israele opportunisticamente come trampolino per arrivare negli Stati Uniti, essendo una diaspora economica e non sionista (ossia si alimenta da condizioni di miseria nella madrepatria russa senza sottostare a costruzioni ideologiche sioniste su Heretz Israel, a differenza dei coloni integralisti).

I sondaggi danno Sharon in crisi, e solo un collasso economico israeliano potrà frenare Sharon, che peraltro trova un partner/avversario politico quali i laburisti che sulle cose concrete sono identici e realmente bipartisan. Infatti, la strategia di passaggio epocale dall'agricoltura industriale alla new economy, relegando il fare materiale agli immigrati ed ai cittadini di serie b e c (arabi israeliani e immigrati polacchi, asiatici, ecc.) è in panne nella crisi finanziaria in atto in quel settore avveniristico. L'inflazione galoppa e l'economia di guerra fatica a tirare avanti, almeno nelle proiezioni a medio-lungo termine. Pertanto alcuni analisti danno mesi contati al governo Sharon per un ricambio apparente alle prossime elezioni, del resto però inutili finché la sinistra israeliana sarà legata ai Laburisti e gli arabi cittadini israeliani di serie b (il 20% circa della popolazione) non si renderanno autonomi e il blocco sociale-elettorale coloni-immigrati russi non verrà sfaldato dalla crisi economica.

Certo, nel frattempo i morti aumenteranno, per tre quarti nelle fila palestinesi, e il terrore attanaglierà il cittadino israeliano, in una spirale perversa di odi e revanscismo. Almeno fino a quando la pressione estera (la voce europea è flebile perché poco significativa, al di là della retorica) non interverrà come ai tempi di Bush Sr., che tagliò i soldi all'allora premier conservatore Shamir obbligandolo a cessare il finanziamento (occulto) ad Hamas in funzione anti-Arafat (durante la prima Intifada) e ad accettare l'apertura dei negoziati di pace a Madrid all'indomani della guerra del Golfo (poi scavalcati dagli accordi di Oslo, nei fatti un sabotaggio del percorso di Madrid che limitava il potere di Arafat affiancandogli i palestinesi di Gerusalemme, lo scomparso Husseini e proprio la Ashrawi, non sempre in sintonia con il vecchio leader). Bush Jr. seguirà le orme del padre? Attualmente se ne dubita perché lo scenario mondiale è mutato, e le priorità americane sono la Cina, l'Unione europea, lo scudo spaziale, le risorse energetiche, tutte cose al di fuori di ogni rischio finché il conflitto non toccherà cittadini americani e non si estenderà al mondo arabo al gran completo. Rivedremo dirottamenti di aerei El Al e Twa come negli anni settanta?

Salvo Vaccaro



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