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Da "Umanità Nova" n.31 del 16 settembre 2001

Guerra a New York

Pare un incubo. Di quelli recitati migliaia di volte nei film americani, dove le paure della Nazione più ricca e potente del mondo prendono corpo. Ma non è un incubo. Migliaia di morti sotto il fuoco nel centro di New York e di Washington sono una terribile, ferocemente tangibile, realtà. Solo poche ore fa i notiziari hanno diffuso una notizia apparentemente incredibile: un attacco terroristico di proporzioni mai viste aveva colpito gli Stati Uniti, abbattendo le due torri simbolo di New York, danneggiando persino il Pentagono. Mentre scriviamo gli Stati Uniti hanno chiuso le frontiere, gli aeroporti, i principali edifici pubblici; la sede dell'Onu è stata sgomberata, le città sono sotto assedio, i voli sono stati sospesi.

Le immagini ossessivamente trasmesse dalle televisioni ci riportano dinanzi agli occhi altri scenari di guerra, di bombardamenti, di morte. I mai cancellati orrori di Baghdad, di Sarajevo, di Belgrado, le guerre feroci del Corno d'Africa e della Sierra Leone. Uomini, donne, bambini fatti carne da macello in conflitti mostruosi, vergognosi, immorali. Uomini, donne, bambini accomunati dalla condizione di vittime inermi dei giochi di guerra dei vari Stati per i quali non rappresentano che pedine senza valore.

Di fronte a tanto orrore colpisce il cinismo dei commentatori della prima ora, divisi tra la narrazione degli eventi e la preoccupazione per i crolli in Borsa, per i miliardi bruciati in poche ore: il lezzo immondo dei quattrini mette in secondo piano le vite cancellate, i corpi martoriati.

Altri stolti gioiscono per la frantumata inviolabilità del cuore dell'Impero, ballano alla notizia delle distruzioni e delle bombe ma in questa gioia crudele non v'è che il ghigno della vittima che ambisce a farsi carnefice, di chi vorrebbe rovesciare la tavola dei potenti per prenderne il posto.

Ma il dolore non si cancella con il dolore, l'ingiustizia non si annulla con l'ingiustizia. L'attacco contro persone inermi negli Stati Uniti non è diverso dai tanti attacchi che gli Stati Uniti hanno effettuato, magari in nome della democrazia e dell'umanità, contro altre persone altrettanto inermi. La logica della guerra, perché di guerra stiamo parlando, è ovunque la stessa: seminare morte e distruzione tra la popolazione civile per affermare i propri interessi. Gli interessi degli Stati, degli eserciti, del profitto.

Non sappiamo quali siano gli autori dell'attacco ma possiamo, purtroppo, immaginare quel che ci attende. Nelle basi militari USA, anche nel nostro paese, navi ed aerei da guerra sono pronti a partire, sono pronti a colpire, sono pronti a seminare distruzione e morte per lavare l'onta subita dalla Nazione più ricca e potente del mondo.

Già si parla di blindatura delle frontiere, di rafforzamento del controllo e della repressione. A farne le spese saranno gli immigrati, i profughi e chiunque voglia esprimere il proprio dissenso verso un mondo intollerabile.

Il nostro impegno, oggi come in passato, è contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti, contro, tutti gli Stati. Per la vita, la libertà, la dignità. Di tutti, ovunque. A Manhattan come a Sarajevo.

Maria Matteo



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