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Da "Umanità Nova" n.31 del 16 settembre 2001

Miti e limiti della sperimentazione
Lipobay: riflessioni su scienza, profitto, salute

I fatti sono noti : alcune settimane fa è stato ritirato dal commercio il Lipobay (negli USA Baycol), farmaco che ha come principio attivo la cerivastatina, molecola Bayer della più ampia famiglia delle statine, che servono ad abbassare il colesterolo nel sangue. Si è visto infatti che può produrre rabdomiolisi, in pratica una liquefazione del tessuto muscolare striato, dunque malattie cardiache, renali, muscolari, che portano fino alla morte. Si parla di qualche decina di casi di morte accertati all'estero, si dice che qui da noi in realtà si è usato un dosaggio più basso, dunque non c'è pericolo (nel nostro Paese è sempre così per tutto, dai golpe fascisti, agli incidenti sul lavoro, alle tossicodipendenze, al disagio sociale e quant'altro di simile: i dosaggi da noi sono sempre più bassi, dunque c'è meno pericolo); qualche psichiatra illustre parla di psicosi, e così via. Quando furono sintetizzate, queste molecole furono salutate come la grande risoluzione del problema colesterolo (e dunque malattie cardiovascolari). Chi non riusciva ad abbassare con la dieta quel tipo di grassi nel sangue, poteva avvalersi di questo farmaco. E quindi è cominciata la ridda di prescrizioni, nonché la abituale gara tra case farmaceutiche (leggasi multinazionali della presunta salute) per produrre e vendere molecole. Insomma, fino a qui niente di nuovo. Potrei citare parecchi esempi "molecolari" analoghi, ma ciò che davvero mi importa in questa sede è come al solito sollevare problemi, più che offrire soluzioni, per favorire riflessioni e dibattito su argomenti che ci riguardano tutti da vicino.

La Scienza infallibile

A un certo punto il meccanismo della scienza infallibile si inceppa. E qui penso anche a quanti compagni hanno il mito della scienza unica e infallibile. La logica è che la scienza come noi la concepiamo non si discute, essa è buona cosa. Ciò che non va bene è che questa scienza, patrimonio dell'Umanità, sia in mano ai padroni, che sono cattivi. Anzi, la scienza di per sé sarebbe pure rivoluzionaria. Non sono d'accordo e non lo sono mai stato : questa scienza, questo metodo, queste procedure scientifiche, vengono dalla classe dominante, da essa sono stati prodotti, in una ferrea logica del profitto, come si può aspettarsi che abbiano tratti umanitari o addirittura rivoluzionari? Scienza vuol dire consapevole conoscenza, e continuo a pensare che per averne davvero una che sia patrimonio dell'Umanità si debba ripensare a molti degli attuali fondamenti, dati per scontati. Ho sentito con le mie orecchie un illustre farmacologo dire alla radio "La scienza non è infallibile, bisogna pensare che per un farmaco che uccide qualcuno, ce ne sono decine di altri che salvano la vita a milioni di persone". Questo non è del tutto falso, ma il punto non sta qui. Falso è il modo di procedere. Infatti, quando hanno meno sensi di colpa gli "scienziati" sono molto più arroganti. Basti pensare a come trattano medicine millenarie, tradizioni di conoscenza assodate, al disprezzo con cui guardano a conoscenze che non ricadono sotto la loro logica. Credo che chiunque abbia uno spirito un po' critico faccia i conti tutti i giorni con queste problematiche.

Limiti della logica molecolare

Suscita entusiasmo l'idea che, introducendo nel nostro organismo piccole quantità di sostanze ben studiate e sperimentate, si possa, generando un effetto "a cascata", modificare questo o quel metabolismo. E in effetti la farmacologia della depressione sembrerebbe dimostrare che persino alla base di quella che si chiama psicopatologia ci sarebbero fenomeni biochimici molecolari, sui quali quindi si può intervenire. Vero, ma pericolosamente limitante: ciò che noi chiamiamo via via "coscienza", "psiche", "anima", e simili è probabilmente il risultato dell'integrazione sensoriale complessa nel tempo e nello spazio, e pensare di intervenire in modo così limitato e meccanicistico esclusivamente può portare a gravi deviazioni.

A questo si aggiunga il fatto provato e noto (e la vicenda del Lipobay lo dimostra) che, nell'economia del nostro organismo una stessa molecola può avere funzioni diverse; può giuocare ruoli diversi in settori diversi; può avere effetti contrari in distretti diversi; può avere effetti molto variabili in diversi settori dello stesso distretto corporeo; e così via, secondo una logica che ancora ci sfugge parecchio. Ecco il perché di tanti effetti collaterali più o meno gravi, che addirittura in farmacologia vengono considerati necessità sine qua non, strettamente legate all'efficacia di un farmaco...

Ma le aziende cercano di far tornare utile al profitto anche questo aspetto: e allora si scopre che molecole concepite come antiallergiche possono avere effetti neurolettici, che farmaci contro l'ipertrofia prostatica fanno ricrescere i capelli, che antiaritmici possono essere protettori contro le cardiopatie ischemiche. Fra tutti valga l'esempio dell'Aspirina (guarda caso sintetizzata circa 100 anni fa proprio dalla Bayer, e lanciata insieme a un altro farmaco che tuttavia poi si è rivelato di maggior successo nelle pubbliche piazze piuttosto che nelle farmacie: il suo nome è eroina). L'Aspirina è stata ampiamente somministrata per circa 60 anni senza che se ne conoscessero a fondo i meccanismi di funzionamento (a proposito della sperimentazione...); attualmente oltre che nell'uso classico, viene proposta come protettore dalle malattie cardiovascolari, e qualcuno è arrivato a ipotizzare che protegga anche dal cancro dell'intestino.

Limiti e miti della sperimentazione

Già francamente mi sembra balzana l'idea di sperimentare sugli animali i farmaci destinati agli umani. Credo che le stesse signore che si prendono compiaciute i farmaci di recente sintesi che permettono loro di affrontare lauti pasti senza quasi assorbirli (e dunque senza ingrassare), si sentirebbero offese dal fatto che gli stessi farmaci potrebbero essere stati sperimentati sui maiali, ritenendoli non troppo dissimili. Poveri maiali!

Certo non ci vuole un genio per rendersi conto che gli animali sottostanno, sì, a quelle leggi della natura cui obbediamo anche noi, ma sta di fatto che, forse è il caso di dire purtroppo, noi umani siamo peraltro anche andati ben oltre. Quindi non riesco a pensare quali informazioni fondamentali mi possa dare il fatto di avere somministrato una sostanza a un topo per passare tranquillamente alla sperimentazione sugli umani, altro argomento caldo, sul quale credo ci sarebbe parecchio da dire.

Inoltre mi risulta difficile capire come sia possibile che un'azienda che investe miliardi a decine, centinaia, migliaia, possa arrivare fino in fondo a dimostrare che il proprio prodotto non è vendibile. Come non pensare invece che tutte queste sperimentazioni, a meno che il farmaco non si riveli proprio mortale, qualora comincino a prendere una piega non gradita e soprattutto poco conveniente a lor signori, non vengano pilotate? Ci si aspetta umanesimo umanitario da costoro? Permettiamoci di dubitare...

Tuttavia persone anche intelligenti e in buona fede hanno letteralmente il mito della sperimentazione e delle sue consolidate modalità. Al punto che, se per caso una tecnica, per esempio l'agopuntura tradizionale cinese, per sua natura non è farmacologica e dunque non si presta agevolmente a determinati canoni, allora non può essere nemmeno riconosciuta... salvo poi doverne ammettere l'efficacia di fronte al benessere di milioni di pazienti al mondo.

La logica del denaro. Creare un nuovo farmaco

D'altro canto un nuovo farmaco costa alcune migliaia di miliardi e un paio di lustri di ricerche. Cioè, qualcuno pensa o scopre o inventa l'uso di una certa molecola per indurre un certo comportamento biochimico nel nostro corpo. Comincia la ricerca, chimica, poi biochimica, poi la sperimentazione, che a sua volta prevede vari livelli e tempi. A ciascuno di questi passi delicatissimi può fermarsi tutto, per accertati pericoli di tossicità, o per scarsa convenienza economica, o altre ragioni. Ma risulta chiaro che più in là si è andati, e più c'è reticenza da parte di chi investe denaro a rinunciare. Non credo che ci siano persone, individui che lucidamente immettono sul mercato sostanze notoriamente tossiche. Credo però che, al livello del cervello collettivo del capitale, la logica dell'investimento, per di più a lunga scadenza in quel modo, che deve essere ammortizzato con quanto più profitto si può, funzioni da catalizzatrice per cercare di fare andare bene in tutti i modi una sperimentazione. Quindi sono sempre stato convinto che , per ragioni di mercato, vengano immesse sul mercato molecole che in realtà "non è provato che facciano male", e non, come secondo me casomai dovrebbe essere, che è provato non facciano male. E ci rendiamo conto qui che poi il fatto che facciano bene diventa tutta un'altra cosa. Non è una distinzione poi così sottile. Mi ricordo, non senza una certa qual rabbia, la fatica per convincere gli scienziatoni che il metadone, quando fu introdotto in Italia, andava usato, per essere efficace, a dosi almeno triple di quelle proposte. L'obiezione, tra le altre, era che non si sapeva se potesse essere tossico!

Induzione dei bisogni

Quando vedo la pubblicità dei farmaci non posso fare a meno di pensare che si arriva al punto di indurre i bisogni anche con le medicine. Quando uno ha male di testa perché ha lavorato troppo, dovrebbe smettere di lavorare in quel modo. La cefalea è infatti un campanello di allarme che ci dovrebbe far capire che il nostro stile di vita non va bene. Invece ci vogliono convincere che se sei un uomo dinamico, con questo o quel farmaco in cinque minuti sei in grado di tronare a riprodurre su te stesso quello stress negativo che la causa del tuo malessere. Così, tra l'altro, potrai di nuovo assumere farmaci, e ne consumerai di più. La visione del mondo e dei suoi abitanti che si cerca di far passare è decisamente demenziale e dementogena.

Potere delle case farmaceutiche

Non si può dunque fare a meno di constatare che le case farmaceutiche hanno un grandissimo potere, e non solo per il fatto che si tratta di multinazionali con capitali giganteschi (che tra l'altro si stanno muovendo da alcuni anni in modo vorticoso, con fusioni e controfusioni che per esempio nel mondo dell'automobile sarebbero impensabili), e nemmeno a parer mio per il fatto che hanno interessi espansi a moltissimi livelli e ben diversificati; credo che soprattutto il grande potere consista nel fatto che costoro hanno in mano la ricerca farmacologica (ma dove si è mai visto che chi produce una qualsiasi cosa abbia anche il controllo totale e l'arbitraggio delle ricerche riguardanti il proprio campo d'azione?), il governo della cosiddetta salute e soprattutto sull'idea che si ha di questa. Non si muove spillo nel mondo della medicina che le case farmaceutiche non sappiano e non vogliano.

La prescrizione. Ancora una volta il rapporto medico - paziente

La "cinghia di trasmissione" di questo sono senza dubbio i medici, e in particolare i medici di medicina generale. I quali d'altra parte non hanno molta scelta, in quanto i farmaci riconosciuti da un punto di vista legale sono quelli, e l'elenco dei farmaci mutuabili sono stabiliti dalla commissione unica del farmaco, molto attenta a denigrare l'omeopatia e quant'altro, forse un po' meno attenta nei confronti del Lipobay. Essi (i medici di medicina generale) sono molto coccolati dalle industrie farmaceutiche. Congressi in Giappone o nei mari del sud, finanziamenti a ricerche, ci sono tanti modi assolutamente legali di essere tenuti del debito conto al momento della prescrizione. E i pazienti guardano la televisione, leggono giornali e riviste, tutti media attraverso i quali i vari Piero Angela della situazione fanno passare la logica della scienza onnipotente. E i pazienti vogliono i nuovi farmaci, li chiedono, e il medico non è sempre fermo nel decidere incondizionatamente quale farmaco prescrivere. Si crea una forma di pressione psicologica sottile, per cui prescrivere nuove molecole vuol dire "essere aggiornati, avere studiato, essersi tenuto alla pari", e così via. Un medico che prescrive farmaci vecchi corre il rischio di fare la figura dell'ignorante. E pensare che per acquisire esperienza sulla maneggevolezza di un farmaco da parte di un medico ci vogliono anni, molti di più di quanti ne conceda la frenesia produttivistica del mercato. Potrei citare ad esempio gli antibiotici, con i quali si stanno facendo danni di cui pochi parlano (ma ne parla la Food and Drugs Administration statunitense, vedere per credere al sito http://www.fda.gov), e la terapia sostitutiva ormonale per le donne in menopausa, ma questi sono altri aspetti sia pure della stessa storia...

L'informazione

L'unione Europea conosceva i rischi derivanti dall'uso del Lipobay dal 28 aprile 2001, come mai fino all'8 agosto il farmaco non è stato ritirato dal commercio? E l'informazione in merito da chi è gestita? Se un farmaco viene dato a un certo punto per pericoloso, tra l'altro un farmaco, come si è detto, molto di "moda", come si fa a informare le persone di smettere immediatamente di utilizzarlo, come si fa a ritirarlo velocemente dal commercio, e che tipo di pressioni ci sono in merito? E, soprattutto, quali garanzie abbiamo che anche le altre molecole della stessa famiglia non siano pericolose? Credo che per comprendere da chi ancora una volta è gestita l'informazione in merito, valga la pena di visitare i siti della Bayer http://www.bayer.it, e del ministero della Salute (nome appena cambiato dal governo di destra) http://www.sanita.it/sanita.

Il troppo colesterolo la fame del mondo

Circa un terzo del mondo ha il problema di inventare farmaci non tossici (e qualcuno ci rimette anche la salute e la pelle), per abbassare il tasso di colesterolo del sangue, che provoca malattie mortali. Ciò nasce soprattutto dagli eccessi alimentari dovuti alla eccessiva disponibilità di cibo di ogni genere, e all'incapacità di contenersi nel consumo dello stesso, e alla difficoltà di farsi una cultura alimentare decente, che non sia integralista e nemmeno soggetta passivamente ancora una volta alla logica pubblicitaria demenziale del capitale. Per non parlare della difficoltà poi nel mettere in atto anche semplici e banali norme igieniche riguardanti la quantità, la qualità e le modalità di assunzione degli alimenti. Poveri ricchi! Gli altri due terzi degli abitanti della Terra, invece, hanno il problema di procurarsi di che sopravvivere, senza certo potersi porre quello della dieta. Cazzo, che mondo di pirla! Meditiamo, gente, meditiamo...

Paolino



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