unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.33 del 30 settembre 2001

Ingiustizia Infinita

Le invocazioni alla guerra, a una guerra più o meno santa, che nei più lontani angoli del mondo si levano in un affollato crescendo di canti e controcanti, riportano alla memoria quel passo del secondo atto della Norma, il capolavoro di Bellini, laddove risuona, tenebroso e trascinante, il tragico coro di morte intonato dalla protagonista e dai guerrieri galli: Guerra, guerra! Strage, strage, sterminio, vendetta! già comincia, si compie, s'affretta. Sangue, sangue! Vendetta! Quelle parole scritte orsono due secoli, sono oggi fatte proprie, senza remore o false ipocrisie, tanto dai civili abitanti del nord America quanto dalle "incivili" masse del sud del mondo.

Inesorabile e determinata la macchina da guerra americana si è ormai messa in moto senza che nessuno possa o voglia contrastarla e tanto perché non ci siano perplessità il consigliere per la sicurezza di Bush, Condoleeza Rice, mette le mani avanti e in nome della legittima difesa arroga al suo paese il diritto di agire senza il mandato Onu. A parte che questa prassi rientra pienamente nella peggiore tradizione statunitense, non ci sembra che l'Onu abbia ancora speso una parola di riflessione e pacatezza contro un intervento armato. Qualcuno si chiedeva recentemente dove fosse finito l'altrimenti onnipresente Kofi Annan. Ce lo chiediamo anche noi!

Intanto nei cosiddetti stati canaglia, folle fanatizzate ed esaltate dalla predicazione di esaltati e fanatici preti col turbante, invece di rivoltarsi contro classi dirigenti corrotte e oggettivamente complici di quei padroni occidentali che quotidianamente li affamano, cercano di mettere in moto specularmente un'altra macchina da guerra, indubbiamente meno tecnologica ma non per questo più innocente, da contrapporre a quella del satana americano. Razionalmente, irrazionalmente, due popoli, due mondi si apprestano a una reciproca offesa e ancora una volta si preparano nuove stragi e nuovi crimini commessi in nome della "giustizia" universale.

Non sappiamo ancora come questa ennesima guerra verrà combattuta, con quali mezzi e dove, ma le dichiarazioni del ministro della difesa statunitense Rumsfeld che non esclude l'opzione nucleare, prospettano uno scenario di spaventosa tragicità. L'amministrazione Bush, che nella sua breve vita si è già distinta per il più profondo disprezzo di ogni ragione che non favorisca la rapace oligarchia che l'ha portata al potere, riuscirà a dimostrare che al peggio non c'è limite. Se tanto ci dà tanto, i crimini recenti commessi dai governi americani in questi ultimi anni impallidiranno rispetto a quelli che si prospettano. E il consenso di massa che il ferito popolo americano concede al proprio presidente, appena incrinato dalle timide manifestazioni pacifiste newyorchesi di questi giorni, fa presagire una reazione militare indifferente ad ogni critica. I militari, quando è il loro momento, agiscono in base a logiche criminali e omicide, attenuate solo dalla necessità di doverne rendere conto al potere politico. Quando, come in questo caso, l'identità fra opinione pubblica e apparato politico militare diventa inestricabile, dobbiamo davvero aspettarci di tutto.

Eppure, come sempre, la guerra non farà altro che portare ben più gravi elementi di tensione. Se si pensa che la guerra all'Iraq, lungi dall'aver eliminato il rais di Baghdad, ha contribuito a radicalizzare l'odio antiamericano e antioccidentale dei popoli del mondo povero, è evidente che gli interessi economici e strategici americani legati al controllo di quell'area erano talmente forti da mettere in conto e far accettare simili conseguenze. Chi ancora crede a un intervento a difesa del Kuwait e dei diritti umani del popolo iracheno... Se è fin troppo facile affermare che l'attacco alle torri di New York è cominciato nei giorni dei bombardamenti delle periferie di Baghdad e Belgrado, è altrettanto facile prevedere come la probabile invasione e spartizione dell'Afganistan, la destabilizzazione dell'Asia centrale, il rinnovato attacco alle basi fondamentaliste del medio oriente, saranno le matrici di future, spaventose risposte. Risposte dettate dalla disperazione e da nuovi motivi di odio. La miseria materiale di popoli martoriati e ridotti alla fame convincerà sempre più i paria dell'umanità che l'unico riscatto morale è quello prospettato dalla parola del mullah e dell'ulema. E le possibilità di liberazione, le loro come le nostre, saranno sempre più ridotte al lumicino.

In questo mondo di merda bambine afgane di 5 o 6 anni lavorano dall'alba al tramonto, nelle discariche delle megalopoli pakistane, alla ricerca di mattoni di scarto. Mattoni di scarto che altri miserabili, appena un po' più in alto nella scala gerarchica, ricicleranno nella costruzione di fatiscenti catapecchie. La loro paga è di 200 lire al giorno, 10 centesimi di euro, 9 centesimi di dollaro. Otto giorni di lavoro per poterci offrire, con un sorriso, un caffè al bar sotto casa. Milioni di altri bambini come loro, esuli o cittadini "legittimi" di paesi devastati dalla globalizzazione dello sfruttamento, penano con altrettanto dolore e rassegnazione per portare a casa, la sera, quel poco che impedisca loro di morire di fame. Pochi giorni orsono il presidente Bush, giustamente preoccupato dei soldi dei suoi contribuenti, ha testualmente espresso il rammarico di trovarsi costretto a sganciare un missile da due milioni di dollari, due milioni e centomila euro, due miliardi e duecento milioni di lire, sulla tenda di un pastore afgano dal valore, si e no, di una diecina di dollari. Con il risultato, magari, di ammazzare soltanto un ignaro cammello. Condividiamo e facciamo pienamente nostro il rammarico del presidente americano e da inguaribili antimilitaristi ci permettiamo di ricordargli che non è affatto inevitabile utilizzare così malamente i soldi preziosi dei bravi contribuenti del paese più ricco del mondo.

Ma siamo sicuri che il nostro consiglio non sarà ascoltato!

Massimo Ortalli



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