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Da "Umanità Nova" n.33 del 30 settembre 2001

Il centro dell'impero
I "segreti" dei servizi americani

La morte sembra davvero sospendere, a volte, qualsiasi discorso pronunciabile sulle cause che l'hanno provocata. I fatti dello scorso 11 settembre a New York, quando in mondovisione hanno preso corpo immagini che sembravano sottratte all'ultima produzione cinematografica di Steven Spielberg, inducono molti commentatori, e praticamente tutti i giornalisti di Stato, a concentrare ossessivamente, spietatamente l'attenzione sulle cifre di quella morte in diretta. Sulle persone scomparse, sui testimoni, sui sopravvissuti. Sui messaggi angosciosi che trasudano terrore da una segreteria telefonica, unico testamento della consapevolezza del proprio destino mentre ti viene incontro appena al di là del vetro di una lontana finestra del centesimo piano. Davanti alla morte ogni commento appare superfluo, ridicolo, impossibile. È così che l'ineffabile Quarto Potere ci ha venduto, e il termine non vi sembri sproporzionato alla situazione dato che la Borsa di New York provvedeva operosamente, a cadaveri ancora caldi, a salvare titoli ed affari vendendo e comprando in vista di future, incontrollabili oscillazioni del mercato, l'eccidio alle Twin Towers; cuore pulsante della macchina americana che determina l'andamento generale del pianeta in un certo senso.

Eppure alcuni interrogativi pressanti si sono affacciati dagli squarci prodotti da lamiere contorte e cumuli di macerie. Ci è voluta una settimana, più o meno, perché la questione apparisse, timidamente, anche nell'edizione serale del telegiornale.

Sono passati diciotto minuti tra uno schianto di boeing e l'altro sulle Torri. Diciotto. Cosa non ha funzionato nel sistema di difesa considerato più impenetrabile del pianeta? Può un aereo di linea cadere sul Pentagono a seguito di un dirottamento o puntare sulla Casa Bianca? Perché il secondo boeing lanciato su uno dei grattacieli che dominavano la Grande Mela non è stato intercettato?

Domande semplici; normali, banali osservazioni di altrettanto normali esseri umani. In una recente conversazione a quattro svoltasi in quel di Bologna, qualcuno ha detto che l'inviolabilità della tecnologia militare statunitense è semplicemente un mito di cui anche la sinistra è vittima. Paradossalmente azioni semplici, elementari, ma rapide ed efficaci - ricordate la storia dei coltellini che passano attraverso qualsiasi controllo al check-in e che vengono utilizzati per far violenza a passeggeri ed equipaggio? - e una conoscenza accurata di una plancia comando di un aereo da trasporto civile assicurano all'azione suicida un successo sicuro. Può essere, ma, ammesso che sia così, cerchiamo di capire come.

Ho chiesto a Sergio Finardi, giornalista che vive e lavora da molti anni a Denver, alcune informazioni e qualche suggerimento qualificato via posta elettronica. Se avete letto anche i suoi articoli pubblicati su "Il Manifesto" dei giorni immediatamente a ridosso dell'attentato, il quadro vi apparirà certamente più chiaro.

Il problema a monte: i servizi segreti. Per quale motivo nessuna agenzia di intelligence è riuscita ad intercettare informazioni, o semplici bisbigli, intorno ad un'operazione militare, perché di questo si è trattato, di una simile rilevanza? Risposta: l'apparato di intelligence americano è troppo occupato negli ultimi anni a controllare gli scenari dominati dalla politica estera e dunque le "covert operations", come si dice in gergo, occupano la stragrande maggioranza dell'impegno profuso dagli 007 d'oltre oceano. Il centro dell'Impero è troppo impegnato a guardare fuori da se stesso per apprezzare il livello di scompaginamento interno delle reti di sorveglianza e valutare lo stato di inadeguatezza delle stesse.

Un episodio, in particolare, viene messo in risalto dallo stesso Finardi. Una fonte dei servizi segreti francesi annuncia il 6 settembre che la settimana precedente Turki Al Faycal, capo dello spionaggio arabo-saudita è stato improvvisamente dimesso e sostituito dal fratello dell'attuale reggente, tale Nawaf Ben Abdel-Aziz, dopo ventiquattro anni, un periodo di tempo considerevole, di fedele servizio alla causa. Faycal è stato un uomo di importanza strategica per l'Arabia Saudita; tra i suoi vecchi agenti si annovera persino Osama Bin Laden ed i suoi contatti con il sistema internazionale degli apparati di intelligence, MI6 britannico, Cia, i turchi del Mit e persino i pakistani, la dicono lunga sull'importanza del suo ruolo e della sua figura.

Sembra che Faycal non sia riuscito a portare a termine il difficile compito di estradare Bin Laden dall'Afganistan dei talebani e che questo abbia indotto l'establishment arabo a "licenziarlo". Comunque sia andata l'unico fatto che risalta in tutta evidenza è che un paese "amico" dell'importanza strategica dell'Arabia Saudita viene privato, una settimana prima dell'attacco kamikaze, di uno degli uomini da cui dipende la sicurezza di un'area geografica assolutamente strategica nello scacchiere internazionale. Cosa c'è dietro la defenestrazione di Faycal? Ovviamente non lo sapremo mai, anche se è lecito considerare l'ipotesi che la sua assenza abbia giocato a favore del mantenimento di una stretta, strettissima copertura sulla segretissima strategia di attacco al cuore del capitalismo occidentale.

Ma è davvero realistico pensare che l'empasse dell'intelligence del vecchio Zio Sam sia giunta sino a questo punto? Qualche dubbio rimane.

Il problema a valle: gli aerei. "La potenziale catastrofica natura di attacchi al territorio statunitense necessita di essere preparati a un uso esteso delle risorse del ministero della Difesa... Nonostante un crescente consenso intorno alla serietà della minaccia di attacchi al nostro territorio con armi di distruzione di massa, il governo degli Stati Uniti non ha adottato la sicurezza del territorio nazionale come prima missione nazionale di sicurezza. Le sue strutture e strategie sono frammentate e inadeguate... Gli Stati Uniti oggi sono assai debolmente organizzati per disegnare e implementare qualsiasi strategia generale per proteggere il Paese. Le risorse e l'organizzazione oggi esistenti per la protezione del territorio sono sparse tra più di dodici ministeri ed agenzie e tra tutti i cinquanta Stati." I brani, già riportati da Finardi su "Il Manifesto" del 12 settembre, sono tratti da un rapporto da un documento della Commissione sulla sicurezza nazionale redatto nel febbraio 2001, dal titolo "Road map for national security: Imperative for change": centocinquantasei pagine fitte di analisi, commenti e suggerimenti. Leggiamo ancora: "L'enorme volume di merci e passeggeri che arrivano negli Stati Uniti ogni anno già supera le capacità dei servizi doganali. Più di 8,8 miliardi di dollari di merci, oltre 1,3 milioni di persone, più di 340 mila veicoli e di 58 mila spedizioni vengono processati giornalmente ai punti di entrata. Di tale volume, le Dogane possono ispezionarne solo l'1 o 2 per cento."

Insomma non c'è modo di controllare tutto e nemmeno tutti. Anzi. Se pensate che per avere un'idea della vostra prenotazione in aereo vi potete collegare direttamente in Internet, fermare il posto e osservare comodamente da computer lo stato della situazione, perché compare in linea addirittura la mappa dell'aereo con tanto di sistemazione di ogni singola poltroncina. Viaggiare sulle linee aeree americane non è semplicissimo; il che equivale a dire che non sempre è possibile avere la certezza di essere su quell'aereo, a quell'ora e in quel determinato giorno. Con un po' di pazienza, e dopo ripetuti tentativi, è però plausibile che si creino le condizioni adatte per agire. Ed è quello che è successo.

Preparare un attacco al cuore dell'Impero, dunque, significa praticare la difficile arte della caccia dei predatori delle savane: lunghe attese, stare sottovento, osservare attentamente i movimenti della preda. Un piano terribilmente semplice nel contesto di una società iper-tecnologica; talmente semplice da aver messo in scacco addirittura il modello di difesa americano.

Abbiamo sentito il parere degli esperti ed è la dichiarazione di un fallimento quasi completo, il presentimento di un pericolo che è diventato realtà. Ho sfogliato, nel frattempo, un po' di letteratura sull'intelligence statunitense e ripassato velocemente alcune tra le operazioni meglio riuscite della ben nota Central Intelligence Agency, ancora prima OSS (Office of strategic services) ai tempi della sconfitta del Reich millenario e della cosiddetta liberazione delle terre d'Europa. Cinquant'anni più tardi scopro che mi dovrei ricredere completamente sull'apparato strategico-militare degli Stati Uniti. Se da un lato è vero quello che mi ha detto Finardi, e cioè che la vera forza degli States sta nella capacità offensiva esterna, in termini di azioni di intelligence e non soltanto militari in senso tradizionale, mi chiedo in realtà a chi giova questo fatto di sangue nei futuri assetti internazionali.

Credo certamente ad un'economia che era già in seria crisi, nel momento stesso i cui vengono rilanciate alle stelle le commesse d'armi. Ne guadagna apparentemente la sola industria bellica, pochi padroni, e sempre quelli, del vapore; ma forse anche il bilancio dello Stato nelle cui casse affluiscono i miliardi di dollari stanziati dal Congresso.

Ne guadagna la coesione nazionale, scossa da una recessione che stava significando licenziamenti di massa, che si rafforza in un tripudio di bandiere a stelle e strisce o con l'inno nazionale scandito da una poliziotta direttamente a Wall Street.

Ne guadagnano gli eventuali detrattori dell'amministrazione Bush, lo stesso sistema occulto dei grandi industriali del terrore bellico e l'establishment dei militari guerrafondai, una categoria tutt'altro che secondaria nel sistema di potere americano. Una scossa profonda e lacerante ha attraversato da parte a parte la società degli ex coloni inglesi; una vibrazione sorda e continua che invoca altre morti e terribili vendette di cui anche la politica e la cultura, se così ancora si può definire, della vecchia Europa si è fatta sostenitrice.

La memoria sta diventando un lusso, di questi tempi. Così è facile rimuovere ricordi poco frequentati dalla grande comunicazione di massa: bambini iracheni che nascono senza testa, un embargo che decima una popolazione inerme, tonnellate di uranio impoverito per un eccidio sistematico, scientifico, senza rimedi. La CNN si è presa persino la briga di collezionare vecchie immagini di gente in festa che risalivano ad anni precedenti, e purtroppo a precedenti guerre, spacciandole per gioia di popolo che ballava sui morti di New York. Anche questo è il presente e nessuno sembra accorgersene.

Mario Coglitore



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