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Da "Umanità Nova" n.33 del 30 settembre 2001

Orizzonti di guerra
Finita la "fine della storia"

Tutto andava per il meglio. La Serbia, in ginocchio, aveva venduto Milosevic al Tribunale penale internazionale dell'Aja per un pugno di dollari (di cui una parte serviranno a pagare i debiti accumulati nel dopo Tito). La NATO si estendeva ad Est di fronte ad una Russia impotente. Si poteva, in assoluta impunità, bombardare Saddam Hussein appena lo si voleva. La Macedonia, invasa dall'UCK, era stata costretta ad accettare la commedia di un disarmo di questa stessa UCK da parte di coloro che l'avevano armata. I territori palestinesi erano ingabbiati e i loro dirigenti assassinati con le bombe intelligenti. Negli ultimi anni gli investitori in Borsa avevano prosperato come raramente era successo in passato. La sinistra politica non esisteva più e tutti i partiti si erano allineati al neoliberalismo e all'interventismo militare "umanitario". Insomma, come dicevano certi editorialisti alla moda, si viveva in "pace". Poi lo choc, la sorpresa, l'orrore: la più grande potenza di tutti i tempi, il solo impero veramente universale, colpito al cuore, al centro della sua ricchezza e della sua potenza. Una sofisticata rete elettronica di spionaggio e misure di sicurezza uniche al mondo non hanno saputo prevenire la catastrofe.

Che sia estremamente chiaro. Noi non condividiamo l'atteggiamento della signora Albright che, quando gli fu domandato se la morte di mezzo milione di bambini iracheni "valeva la pena" rispose che si trattava di "una scelta difficile ma che si, ne valeva la pena". Il massacro di civili innocenti non ci è mai apparso accettabile. Ma ciò non impedisce di porsi, in occasione di questi avvenimenti, alcune questioni.

Un pacifista americano, A.J. Muste, faceva osservare che il problema, in tutte le guerre, era posto dal vincitore: in effetti egli aveva imparato che la violenza pagava. L'intera storia del dopo guerra dimostra la pertinenza di questa osservazione. Negli USA i vari governi si sono lanciati in campagne di interventismo militare e di destabilizzazione politica che solo degli imbecilli possono giustificare con la volontà di arginare il comunismo. Cosa avevano a che fare con il comunismo, per esempio, governi moderatamente nazionalisti come quello di Goulart in Brasile, di Mossadegh in Iran o di Arbenz in Guatemala? Ma per limitarci all'attualità cerchiamo di capire come la politica americana può essere percepita da occhi non occidentali.

* Il protocollo di Kyoto: le obiezioni americane non sono fondamentalmente scientifiche ma si possono riassumere con una frase: "ciò nuoce alla nostra economia". Come è percepito questo ragionamento da gente che lavora dodici ore al giorno per salari da fame?

* La Conferenza di Durban: l'Occidente rifiuta ogni idea di riparazione per la schiavitù e il colonialismo. Ma come non vedere che lo Stato di Israele funziona come una riparazione per le persecuzioni antisemite, salvo che lì il prezzo dei crimini commessi dagli europei è pagato dagli arabi? E come non comprendere che questo trasferimento di responsabilità viene percepito dalle vittime del colonialismo come una manifestazione di razzismo?

* La Macedonia: ecco un paese che l'Occidente ha spinto all'indipendenza per indebolire la Serbia e il cui governo ha sempre eseguito fedelmente gli ordini occidentali. Esso è sottoposto ad attacchi di terroristi armati dalla NATO e provenienti da territori da essa controllati. Come tutto questo è percepito nel mondo ortodosso e slavo, soprattutto dopo l'espulsione, sotto gli occhi della NATO, della popolazione serba del Kosovo e lo sradicamento di buona parte del suo patrimonio culturale?

* L'Afganistan: si dimentica un po' in fretta che Bin Laden è stato formato e armato dagli americani che hanno apertamente riconosciuto di aver usato l'Afganistan per destabilizzare l'URSS ancor prima del suo intervento. Quante persone muoiono in quello che l'ex consigliere del presidente americano Carter, Z. Breszinski, chiama "il grande scacchiere"? E quanti terroristi in Asia, in America centrale, nei Balcani o in Medio Oriente sono stati o saranno "scaricati" dopo aver servito il "mondo libero"?

* L'Iraq: sono ormai dieci anni che la popolazione di questo paese è strangolata da un embargo che ha fatto centinaia di migliaia di morti - che sono anche, non dimentichiamolo pure se la televisione non ne parla, vittime civili. Tutto questo perché il governo iracheno ha cercato di recuperare pozzi di petrolio che gli erano stati di fatto confiscati dai britannici. Compariamo questo trattamento con quello riservato a Israele che occupa in modo perfettamente illegale i territori conquistati nel 1967. Pensiamo realmente che l'idea generalmente accettata in Occidente che tutto questo sia colpa di Hussein impressioni qualcuno nel mondo arabo-musulmano?

* La Cina: ci si indigna quando un aereo americano è abbattuto lungo le coste cinesi e il suo equipaggio imprigionato per qualche giorno. Si tuona sulla necessità di dimostrare fermezza: Ma che cosa ci faceva quell'aereo sulle coste cinesi? Quanti aerei cinesi o indiani si trovano così vicini alle coste degli Stati Uniti?

* Ed à veramente così urgente dilapidare le rare risorse del pianeta per costruire uno scudo antimissile che non proteggerà gli Stati Uniti contro attacchi terroristici e, a lungo termine, neanche contro attacchi nucleari?

Per meglio denunciare questi miscredenti ci hanno mostrato le immagini dei Palestinesi che celebravano il successo di attacchi contro quello che, dal loro punto di vista, è il vero "impero del male". Lungi dal pensare che si tratti di episodi isolati si può congetturare che in America Latina, in Indonesia, in Iran, nella Russia rovinata e umiliata, nella Cina sottoposta a tentativi di destabilizzazione, così come nel mondo musulmano la tragedia delle Torri farà versare tutt'al più delle lacrime di coccodrillo. Ci si può indignare di fronte ad una tale indifferenza di fronte alla sofferenza di vittime innocenti ma non bisognerebbe dimenticare l'esaltazione di certi commentatori occidentali durante i bombardamenti di Baghdad e di Belgrado.

Naturalmente non mancheranno grida di indignazione e messaggi di condoglianze. Si applaudirà alle "ferme risposte" quando si produrranno e si troveranno notevoli quantità di intellettuali per produrre sapienti analisi che legano le azioni terroristiche con tutto ciò che "non va bene" in questo mondo: Saddam Hussein, Gheddafi, i pacifisti e anti-imperialisti occidentali, il movimento di liberazione palestinese e, perché no, la Cina, la Russia la Corea. Si costruiranno più reti di spionaggio. Si controlleranno meglio i cittadini. Si spiegherà che questa barbarie ci è estranea. In effetti noi preferiamo bombardare dall'alto e uccidere con l'embargo. Ma tutto questo non risolverà alcun problema di fondo.

Questi attentati avranno almeno due conseguenze politiche negative: da una parte la popolazione americana, già fortemente nazionalista, si va raccogliendo "attorno alla bandiera", appoggiando la politica del suo governo, per quanto barbara essa sia. Essa cercherà, oggi più che mai, di "difendere il suo modo di vita", senza domandarsi il costo per il resto del pianeta. Dall'altra parte i milioni di persone vinte, umiliate e schiacciate dagli Stati Uniti nei vari angoli del mondo saranno tentati di vedere nel terrorismo la sola arma in grado di colpire l'Impero. È per questo che una lotta politica - e non terrorista - contro la dominazione culturale, economica e soprattutto militare di una piccola minoranza del genere umano sull'immensa maggioranza è più necessaria che mai.

Jean Bricmont

liberamente tratto da "le monde libertaire" del 20-26 settembre 2001. Traduzione di Yves



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