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Da "Umanità Nova" n.36 del 21 ottobre 2001

Morti anonimi

Un giornalista radiofonico in una cronaca di guerra delle prime ore ha usato, riferendosi ai bombardamenti sull'Afganistan, l'espressione "effetti collaterali". Sentendola ho provato un senso di gelo. Il gelo del tavolo anatomico, il gelo degli obitori, il gelo della morte senza volto. Il gelo di una tragedia annunciata con il linguaggio burocratico dei briefing militari. Nelle settimane successive questa locuzione è entrata a far parte della quotidianità delle cronache in cui con inconsapevole indecenza la notizia del villaggio raso al suolo è posta accanto a quella della rimonta del Torino nel derby della Mole. In Afganistan si muore. Si muore di bombe, di fame, di malattie. Intanto in Asia e in Africa divampano le rivolte degli integralisti islamici con il loro corollario di vittime. In America ed Europa serpeggia la paura, la paura della guerra batteriologica, di quell'atomica dei poveri il cui spettro diviene tangibile in questi giorni. È una paura pericolosa che fa da contraltare alla rabbia che furiosamente spazza le strade in Nigeria, Pakistan, Sudafrica, Indonesia. La rabbia antimoderna di chi della modernità non ha visto che gli "effetti collaterali": colonialismo, sfruttamento, razzismo. La rabbia di chi oggi non riesce a trovare identità se non in un medioevo della ragione che si erge a fortezza contro le innumeri apocalissi della razionalità dell'Occidente. Una razionalità che ha promesso libertà, benessere a tutti ma ha riservato questi beni preziosi a pochi, smarrendosi poi a sua volta nuovamente nelle follie della razza, della nazione, della patria, della religione e di quell'etica speciale che va sotto il nome di profitto.

La possibilità, da più parti paventata, di un allargamento inarrestabile del conflitto diviene un rischio sempre più concreto. Il governo indiano, timoroso che l'alleanza tra USA e Pakistan possa mettere la sovranità sul Kashmir tra le ricompense del difficile sostegno che la dittatura di Musharraf sta fornendo agli Stati Uniti, effettua un bombardamento in Pakistan nel giorno della visita di Colin Powell ad Islamabad.

Il Cavaliere, dopo settimane di anticamera, riesce finalmente a farsi ricevere da Bush ed incamera la possibilità di aumentare la presenza militare italiana nei Balcani.

La civiltà occidentale avanza in Europa ed in Asia. Modernizzandosi. Le baionette di ieri cedono il posto alle bombe intelligenti.

Numerosi fuochi che covavano sotto la cenere riprendono così a divampare mentre qui da noi l'opposizione alla guerra resta debole, incapace di radicalità, di un autentico impegno antimilitarista. La marcia tra Perugia e Assisi, pur la più imponente tra quelle svoltesi in Europa, ha visto marciare insieme pacifisti e guerrafondai dell'Ulivo, che nonostante qualche fischio sono riusciti a catturare l'attenzione dei media.

E la guerra continua a divampare anche lungo le coste della nostra Bell'Italia. Una carretta con un carico umano di 416 curdi ridotti allo stremo dalle condizioni spaventose del viaggio è approdata a Crotone. Tra loro anche Malli Gullu, una giovane donna incinta, morta lentamente durante il viaggio. I 4 scafisti sono stati arrestati mentre i mandanti, i veri responsabili di quest'omicidio a sangue freddo, siedono tra i banchi del parlamento. Un parlamento bipartisan che con la stessa disinvoltura vota l'appoggio alla guerra in Afganistan e firma la condanna a morte per Malli Gullu. E per i tanti che in questa feroce guerra non dichiarata muoiono sui gommoni, nelle gallerie ferroviarie, nei doppifondi dei camion. Morti anonimi, senza volto, naufraghi senza possibilità di approdo, sgradevoli "effetti collaterali" della globalizzazione, della battaglia dei ricchi contro i poveri.

Maria Matteo



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